A Roma iniziano
gli stati generali della PA
Savarino: una rivoluzione
con digitale e nuove assunzioni

Martedì 18 Giugno 2019
Pompeo Savarino
A Roma la seconda edizione degli Stati Generali della Pubblica Amministrazione, alla presenza di Giulia Bongiorno e Giancarlo Giorgetti. Pompeo Savarino, presidente dell'Associazione Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni, illustra le linee guida e gli obiettivi di questa due giorni.

Presidente Savarino, domani lei convoca a Roma i dirigenti pubblici italiani per discutere del futuro della PA. Cosa si profila all’orizzonte della nostra macchina amministrativa?
 
Considerato il forte invecchiamento della popolazione italiana, se non interveniamo ora nella macchina amministrativa ridisegnandola e modernizzandola rischiamo di non essere in grado di offrire servizi adeguati. Da qui ai prossimi dieci anni la situazione varierà e noi dovremo essere pronti a offrire a una platea sempre più  ampia di destinatari servizi nuovi e in maniera telematica.
 
Si preannuncia una grande stagione di assunzioni nella pubblica amministrazione. Di quali numeri stiamo parlando e in quali tempi partiranno i concorsi?
 
Siamo di fronte ad una rivoluzione epocale. Solo quest’anno andranno in pensione 260mila dipendenti pubblici, saranno 500 mila nei prossimi cinque anni, un milione nei prossimi 10 anni. Le amministrazioni centrali possono già far partire il turnover e lo sblocco definitivo avverrà a novembre. Già entro la fine del 2019 potranno essere banditi i concorsi, considerando sempre le tempistiche delle procedure concorsuali e auspicando che non vegano presentati ricorsi e impugnazioni da parte dei partecipanti. Apprezziamo le semplificazioni contenute nella legge “concretezza” in materia di mobilità. Necessario comunque oltre il reclutamento pensare ad un buon inserimento. Serve per questo abrogare i vincoli di spesa sulla formazione dei dipendenti.
 
Digitalizzazione, utilizzo dei fondi strutturali, semplificazione. Sono questi i tre punti cardine che dovranno informare l’azione della PA di domani?
 
Con l' Associazione Dirigenti della Pubbliche Amministrazioni (AGDP) e l’Associazione Allievi SNA, guidata da Gilda Siniscalchi, abbiamo convocato per mercoledì 19 e giovedì 20 a Roma Gli Stati generali della Pa proprio per verificare lo stato delle nostre pubbliche amministrazioni. E abbiamo deciso di confrontarci su due temi che riteniamo fondamentali per il futuro della macchina amministrativa e che risultano strettamente collegati: la digitalizzazione e il reclutamento. Mi auguro che da questa due giorni emergano numerose sollecitazioni per il ministro Buongiorno e per gli esponenti politici che parteciperanno al dibattito al fine di definire quale Pubblica Amministrazione avremo da qui a 20 anni e quale pubblica amministrazione servirà al Paese. Nostro l’ambizioso compito di guidare e assecondare questo processo di rinnovamento.
 
I concorsi andranno a ricercare figure strategiche in chiave futura?
 
Sarà fondamentale organizzarsi per non prevedere assunzioni lineari: esce un geometra ed entra un geometra. Alla PA del domani occorrono altre figure: ingegneri informatici, ingegneri gestionali e altri professionisti che il tessuto connettivo economico e sociale richiede. Riteniamo inoltre il processo di digitalizzazione un fattore essenziale per lo sviluppo e la crescita della PA. Nel corso degli ultimi anni si sono avvicendate figure di altissimo livello incaricate di avviare tale processo che però non hanno ottenuto i risultati sperati. Perché questo insuccesso? Agli ingegneri informatici avrebbero dovuto affiancare anche soggetti che conoscono i procedimenti e l’iter amministrativo e sappiano come e dove la digitalizzazione vada a ricadere. Il primo passo però consisterà nel rivedere e reingegnerizzare tutti questi procedimenti amministrativi tanto numerosi quanto farraginosi e renderli più lineari possibili. I dati sul digitale dimostrano che Germania e Francia sono più avanzate di noi, ma solo perché hanno procedimenti amministrativi semplificati e uniformi, per cui per il cittadino è molto più facile rivolgersi alla pubblica amministrazione, al contrario di quanto accade in Italia in cui molti atti sono appesantiti dalle eccessive procedure previste dalla legge, creando così una smisurata burocratizzazione.
 
Un corso di laurea finalizzato all’ingresso nella PA è stato richiesto dal ministro Bongiorno e dal ministro Bussetti. Avrebbe un senso ripensare il percorso d’accesso nel settore pubblico?
 
Premettendo che nella Pubblica Amministrazione si accede tramite concorso, credo sia il momento di rivedere l’intera procedura concorsuale eccessivamente statica così come è oggi, aggiornandola e semplificandola: meno nozionismo, più attenzione al pratico e all'esperienziale. Piuttosto che istituire un corso di laurea finalizzato all’ingresso nella PA, credo sia più opportuno e utile parlare di specializzazione biennale per tutti coloro che sono interessati ad accedere alla Pubblica Amministrazione.
 
Oggi nella Pubblica Amministrazione si fa davvero carriera in base al merito?
 
I dirigenti diventano tali per concorso. Le figure di vertice, come ad esempio i direttori generali, sono invece scelte di alta amministrazione, vengono nominati direttamente dal ministro. Certo sarebbe importante che i candidati con una pluralità di esperienze, che simboleggiano anche la volontà di sapersi mettere costantemente in discussione, vengano presi maggiormente in considerazione e premiati. Ribadisco che oltre ad essere un obbligo giuridico, il concorso rappresenta un valore etico-sociale, un principio di democrazia. Serve a far ripartire l’ascensore sociale bloccato ormai durante questi lunghi anni di crisi. Potrebbe essere l’occasione e l’opportunità per tanti cittadini di entrare a far parte della famiglia della pubblica amministrazione.
 
I concorsi territoriali - banditi solo per una determinata regione con l’obbligo di restare su un determinato territorio - potrebbero essere una risposta contro le migrazioni dei dipendenti?
 
Sulla questione occorre ricordare che è già in vigore una norma che prevede nel caso di prima assunzione l’impossibilità di chiedere il trasferimento prima di cinque anni. Insomma, una limitazione già esiste, proporne ulteriori violerebbe il principio di libertà, soprattutto alla luce dell’accelerazione del fenomeno della circolazione del capitale umano di cui beneficia la nostra economia. Il dipendente che vive esperienze all’estero rappresenta un patrimonio e un’opportunità di arricchimento per la PA: si pensi ad un funzionario pubblico che va a lavorare per due anni nella Comunità europea, quando torna rappresenta un valore aggiunto e non un ostacolo.
 
Quali richieste avanzerete al governo nel corso dei vostri stati generali?
 
Innanzitutto chiediamo una rivisitazione del reclutamento non finalizzato alle assunzioni lineari; poi l'individuazione di figure professionali funzionali alla PA che verrà evitando che funga da ammortizzatore sociale. Facciamo in modo che questa occasione diventi un’opportunità per rendersi all’altezza delle sfide del futuro. Chiediamo inoltre maggiori poteri ai dirigenti e un budget per decidere di premiare il merito e non una semplice retribuzione di risultato; e ancora, una maggior certezza delle norme: l’Italia è ormai un Paese iper normato che invece di avviare le procedure di organizzazione cerca la soluzione con nuovi emendamenti legislativi, creando così impasse normativo che sta diventando pericoloso a tal punto di paralizzare - a forza di adempimenti - la PA. Mi auguro quindi che si fermi questa fase di normazione e si cerchi di fare una buona gestione negli interesse dei cittadini. Ma questo dipende anche da una buona dirigenza formata costantemente.
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