Energia, la Ue elimina il nucleare dalle tecnologie green. La Francia sulle barricate

Nella bozza che discuterà la Commissione sparisce l’atomo

Domenica 12 Marzo 2023 di Gabriele Rosana
Energia, la Ue elimina il nucleare dalle tecnologie green. La Francia sulle barricate

Fuori il nucleare dalla lista delle tecnologie pulite. L’Europa si spacca (ancora una volta) sul posto dell’atomo nella transizione ecologica e, in questo caso, elimina la menzione del nucleare tra le cosiddette “clean tech”, uno dei blocchi su cui si sta costruendo la politica industriale a emissioni zero targata Ue in risposta ai maxi-sussidi “green” decisi dagli Stati Uniti.

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Il provvedimento in questione è la “Nzia”, cioè il Net Zero Industry Act (l’acronimo, stavolta, non è stato sfornato da geni del marketing) che la Commissione europea si appresta a finalizzare e svelare tra due giorni, con l’obiettivo di produrre nell’Unione almeno il 40% delle tecnologie pulite entro il 2030. Per questo vengono previste corsie preferenziali, come ad esempio tempi di attesa non superiori a un anno per completare la procedura di autorizzazione dei progetti più imponenti e nove mesi per quelli più piccoli. Tuttavia, nell’ultima bozza circolata a Bruxelles, visionata dal Messaggero, rispetto alle precedenti versioni del testo viene stralciato il riferimento alla fissione nucleare che prima appariva accanto a solare, eolico (onshore e offshore), batterie, pompe di calore e energia geotermica, idrogeno rinnovabile, biometano e cattura e stoccaggio del carbonio. 
La Francia, che in Europa è il più convinto fautore del sostegno all’atomo (è il Paese al mondo con la più alta percentuale di elettricità di origine nucleare), sta in queste ore esercitando forti pressioni sulla Commissione per ripristinare la menzione saltata e avere così già nel testo proposto dall’esecutivo Ue il riconoscimento della fissione nucleare tra le “clean tech”. 


Come già quando, tra 2021 e 2022, si trattò di inserire l’atomo nella tassonomia delle fonti sostenibili ai fini dell’informazione degli investitori finanziari, tuttavia, a opporsi sarebbe soprattutto la Germania, che nonostante la crisi energetica ha ad esempio confermato l’intenzione di chiudere le sue centrali. 


LE TAPPE
La bozza di regolamento potrebbe ancora cambiare prima di martedì, ma se dovesse rimanere l’esclusione dell’atomo, allora l’unico modo per farlo rientrare dalla finestra nel novero delle tecnologie pulite sarebbe facendo leva sull’idrogeno rinnovabile: quello prodotto da nucleare, infatti, ha strappato appena un mese fa la patente Ue di energia rinnovabile.

La crociata per l’industria verde del continente incrocia anche la battaglia sul futuro dell’automotive, dopo il blitz dell’ultimissima ora che, di fronte al no paventato da Italia e Polonia e all’astensione ipotizzata da Germania e Bulgaria - un fronte sufficiente a bloccare l’adozione di un dossier dato di fatto per acquisito -, ha messo in pausa “sine die” la rivoluzione per il settore automobilistico prevista dallo stop al motore a diesel e benzina a partire dal 2035, alla luce della volontà di Berlino di ottenere concrete aperture da Bruxelles sull’impiego dei combustibili sintetici accanto all’elettrico. 


L’Italia, con il ministro per le Imprese e il made in Italy Adolfo Urso, lo aveva già scandito nei giorni più accesi del braccio di ferro che ha poi portato allo stallo: serve «agire con maggiore pragmatismo» e riconsiderare tutte le politiche «che intervengono su un settore già fortemente sotto stress». A cominciare dal nuovo regolamento Euro 7, il provvedimento proposto dalla Commissione lo scorso novembre che prevede una nuova stretta, a partire già dal 2025, sulle emissioni inquinanti di macchine e furgoni diverse dalla CO2, come il monossido di carbonio, e su quelle prodotte dal consumo di pneumatici e freni. Adesso un’ampia coalizione di 12 Stati Ue su 27 si vuole coordinare sui due fronti e vuole provare a fermare i nuovi standard per le vetture. A prendere l’iniziativa è stata la Repubblica Ceca: il ministro dei Trasporti di Praga Martin Kupka ha annunciato su Twitter di aver convocato per domani a Strasburgo, dove comincia in parallelo la plenaria del Parlamento europeo, una riunione dei colleghi in rappresentanza dei governi che finora si sono dimostrati più scettici sull’Euro 7. Ci saranno Italia, Germania e Polonia, ma Kupka ha invitato pure Francia, Spagna, Portogallo, Finlandia, Ungheria, Romania, Slovenia e Slovacchia. Tra i principali punti su cui i 12, una coalizione sufficientemente ampia da stoppare la normativa, si confronteranno rientrerebbe in particolare la proposta di ritardare di tre anni, fino al 2028, l’entrata in vigore degli standard Euro 7. 


Quando in molti, nel centrodestra Ue, sperano che una maggioranza conservatrice emersa dalle urne delle elezioni europee del maggio 2024 possa gettare le basi per un’ampia rimessa in discussione della svolta verde Ue. 
 

Ultimo aggiornamento: 07:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA