Bonomi contro Orlando: «Giù le tasse sul lavoro, il ministro tace ancora»

Il presidente di Confindustria: il bonus da 200 euro non risolve. «Ora un intervento strutturale usando i soldi dell’extragettito»

Domenica 5 Giugno 2022 di Jacopo Orsini
Bonomi contro Orlando: «Giù le tasse sul lavoro, il ministro tace ancora»

dal nostro inviato
TRENTO - Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, doveva essere ieri a Trento per partecipare all’ultima giornata del Festival dell’Economia organizzato dal Gruppo Sole 24 Ore.

Alla fine non è venuto ma il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, chiudendo la manifestazione non ha mancato di polemizzare di nuovo con lui. Come già avvenuto negli ultimi tempi. «Abbiamo lanciato il patto per l’Italia, per realizzarlo bisogna sedersi a un tavolo. Le nostre proposte sono chiare», sono le parole del capo degli industriali. «Noi proponiamo di tagliare le tasse sul lavoro mentre le proposte del ministro Orlando non le ho ancora sentite. Quando riceverò una proposta seria e articolata, e se è migliorativa rispetto alla mia, sono pronto a firmarla», aggiunge.

Salario minimo

A Trento in questi giorni si è discusso di lavoro, redditi e salario minimo. «È innegabile che i redditi sotto i 35 mila euro stiano soffrendo con l’inflazione che corre», osserva Bonomi, sostenendo però che la crescita dei prezzi in Italia sia più bassa rispetto ad altri paesi perché finora la filiera delle imprese ha assorbito i rincari. «Allora dobbiamo intervenire in modo serio - prosegue -. E non è con i 200 euro una tantum che si risolve il problema, perché alla prima bolletta sono già finiti». Quindi, continua il presidente degli industriali, è ora di ridurre il costo del lavoro con un intervento «strutturale, le risorse ci sono». «L’unica maniera per mettere soldi nelle tasche degli italiani e mantenere le aziende competitive è tagliare il costo del lavoro. La mia proposta era di prendere 16 miliardi e distribuirne un terzo alle imprese e due terzi ai lavoratori che si troverebbero così una mensilità in più in tasca» per sempre e non una tantum come con un bonus. Ma come finanziarlo il taglio? Prima il presidente degli industriali ricorda che lo scorso anno «sono stati buttati via» 8,5 miliardi per un taglio dell’Irpef che «non ha sentito nessuno». Poi osserva: ci sono 38 miliardi di extragettito che possono essere destinati almeno in parte a tagliare il cuneo e restituiti a chi li ha versati. Poi cita i mille miliardi di spesa pubblica pagati dallo Stato ogni anno. «L’1,6% di questa spesa si può riconfigurare», sostiene il presidente degli industriali.

Sul salario minimo - dossier su cui nel governo c’è una evidente spaccatura - Bonomi dice che non riguarda Confindustria. «Il salario minimo non è un tema di Confindustria. Se parliamo di un livello minimo di 9 euro l’ora non ci tocca. I nostri contratti sono tutti sopra i 9 ore l’ora». Insomma «non siamo né a favore né contro. Il tema è come verrà costruito». Luigi Abete, uno dei predecessori di Bonomi alla guida degli industriali, ritiene preferibile puntare sulla contrattazione e considera giusta la via di definire il salario minimo «tramite il negoziato tra le imprese e i sindacati, garantendo che le organizzazioni siano effettivamente quelle maggiormente rappresentative». Bonomi riconosce poi che esistono «sacche di lavoro con stipendi troppo bassi» ma punta il dito sulle false cooperative e sui contratti pirata. «Al Cnel ci sono 35 contratti dei metalmeccanici», spiega, e quello di Confindustria ha il livello retributivo più alto. Quindi insiste: il salario minimo l’Europa lo vuole per i paesi con un basso livello di contrattazione collettiva. Ma non è il caso dell’Italia, assicura. 

Le riforme

Poi un nuovo affondo contro Orlando. «Se il ministro vuole davvero combattere il lavoro nero e chi lo sfrutta, domani andiamo a Rosarno, lì c’è una sacca di illegalità, su questo ha tutto l’appoggio di Confindustria». «Sappiamo chi sono i proprietari dei terreni, li si vuole colpire? C’è la volontà politica di intervenire?», si chiede il presidente di Confindustria.
Bonomi si sofferma poi sulle mosse del governo Draghi. «Aveva iniziato un’azione riformatrice importante, ora è rallentata. Il ddl Concorrenza è un esempio. È fermo da luglio dell’anno scorso in Parlamento. È evidente che uscirà molto annacquato». Quindi rileva che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è importante «per i miliardi che porta, che comunque sono un debito e dovremo ripagarlo e l’unica strada per ripagarlo è crescere. Le riforme vanno fatte, non ci sono più scuse, ora le risorse ci sono». «L’opera delle riforme è bloccata dai partiti, che sono entrati in campagna elettorale - incalza ancora Bonomi - Questo per noi non va bene, perché bisogna far ripartire il Paese». 

Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 07:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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