Aumento tassi Bce, Cattaneo (Italo): «È una tempesta perfetta, preoccupa soprattutto la nuova stretta al credito»

Il vicepresidente esecutivo di Italo: «L’aumento dei tassi Bce si somma allo stop agli acquisti di titoli di Stato e al taglio dei prestiti a imprese e famiglie: alto il rischio di recessione»

Domenica 8 Gennaio 2023 di Rosario Dimito

«Una ulteriore stretta da parte della Bce sui tassi ci porterà quasi certamente alla recessione. Per famiglie e imprese sarebbe un colpo fatale, considerando il peso delle bollette e un costo della vita cresciuto a dismisura». Flavio Cattaneo, imprenditore-manager con esperienza trentennale collaudata alla guida tra l’altro di Rai, Terna, Telecom, Italo e Itabus messa su strada da un anno con performance già lusinghiere, è particolarmente critico con la linea dura della Bce che, persistendo nella politica restrittiva rivela quanto la presidente Christine Lagarde è ormai condizionata dai “falchi” del Nord che pretendono un rigore che potrebbe rivelarsi il migliore alleato di una potenziale recessione.

Ma in questa intervista al Messaggero Cattaneo punta il dito anche sul dirigismo della banca centrale dell’Unione nei confronti del sistema bancario con regole esasperate al limite dell’invasivo. Né si sottrae a domande sullo spoils system, la pratica politica importata dagli Usa diventata legge anche da noi per cui i vertici dell’amministrazione pubblica cambiano in funzione del nuovo governo e che in questi giorni è al centro di un dibattito politico specie su alcune possibili scelte a livello ministeriale.

Dottor Cattaneo, in Italia, ma anche in Europa ormai, si stanno moltiplicando le critiche nei confronti delle scelte di politica monetaria della Banca centrale europea. Qual è la sua opinione in proposito?
«Le scelte di politica monetaria spettano alla banca centrale ed erano iniziative attese. Certo per un imprenditore vedere che i tassi salgono così velocemente non fa certo piacere, ma il problema non è tanto quello ma gli altri provvedimenti presi contemporaneamente».

Pensa alla progressiva riduzione degli acquisti di titoli di Stato?
«Certo. Il combinato disposto di queste due decisioni rafforza lo sconcerto. Una comunicazione drastica e repentina di cambiamento di direzione nell’utilizzo del Quantitave easing, associata alla decisione di aumentare ancora i tassi, crea una certa apprensione anche perché si inserisce nel quadro di una situazione economica già debole che in questo modo rischia di indebolirsi ulteriormente».

C’è però grande preoccupazione per gli effetti di un’inflazione che scende troppo lentamente. Per questo ci si interroga se l’aumento dei tassi sia la cura giusta.
«Mi fa piacere citare il Nobel dell’economia Joseph Stiglitz in quanto sposo in pieno il suo pensiero. La nostra non è inflazione da domanda ma da offerta. È dovuta alla pandemia, al caro-energia, alla guerra in Ucraina. Man mano che questi nodi si scioglieranno l’inflazione scenderà. Questa stretta sui tassi rende solo più difficili gli investimenti delle imprese che invece tanto servono».

Il sistema bancario italiano sta iniziando a sollevare dubbi sulle nuove regole per la concessione del credito ritenute troppo invasive. Non sta esagerando la Bce? 
«Come dicevo, qui si aggiunge un terzo elemento di preoccupazione. Se la prima decisione era attesa, la seconda un po’ meno e insieme hanno prodotto delle notevoli conseguenze, questa terza, che vede richiedere maggiori requisiti di capitale per gli affidamenti, è sicuramente la più grave e provocherà una forte e ulteriore stretta creditizia recessiva».

Chi ne subirà i contraccolpi più forti? 
«Sicuramente le imprese, in particolare quelle italiane, che faticheranno a trovare finanziamenti, pagandoli peraltro molto di più. Ma anche i cittadini dovranno affrontare mutui sempre più cari e addirittura potrebbero faticare a trovare banche disposte ad offrirne. Quindi la stretta creditizia autoavvererà le previsioni di recessione che si vuole scongiurare. E questo rischio è, a mio parere, sottovalutato».

Quali sono le ripercussioni immediate su una banca e quindi su un’impresa?
«L’esigenza di ipotizzare scenari sempre più avversi introduce per il sistema bancario ulteriori requisiti patrimoniali onde poter erogare il credito. Cosi che oggi per ogni euro erogato ne serve 1.40 di requisiti patrimoniali. Questo maggiore assorbimento patrimoniale comporta per le banche una maggiore esigenza di remunerazione e lascia a piedi pezzi di industria fondamentali mettendo fuori mercato intere filiere storiche del Paese».

Secondo lei, si tratta di un problema sentito solo in Italia?
«Direi proprio di no. Da più parti nel mondo si sollevano dubbi. Cito uno su tutti, forse il più recente: proprio Stiglitz ha definito ”sbagliato e controproducente” l’atteggiamento delle banche centrali. La Bce, pur nel rispetto della sua autonomia, è indirettamente di nomina politica ed ha un forte dovere di trasparenza nello spiegare le ragioni delle sue scelte, valutarne la loro sostenibilità ed eventuali correzioni se necessarie». 

Quindi lei ritiene giusti i warning lanciati all’indirizzo della signora Lagarde anche da parte di esponenti del governo Meloni? 
«È legittimo criticare, a mio parere, e non l’ha fatto solo il governo. L’hanno fatto le banche e le imprese e i cittadini lo faranno non appena gli effetti negativi arriveranno anche a loro. Sarebbe auspicabile che tutti, maggioranza e opposizione, chiedessero alla Bce molta attenzione, chiarezza e trasparenza nel prendere le sue decisioni. La somma delle sue ultime tre determinazioni, con l’aggiunta di una pessima comunicazione al mercato, non fa bene all’economia di nessun Paese».

Su tutto questo si innesta l’ultima polemica interna: la gestione dello spoils system, che le opposizioni qualificano come “lottizzazione selvaggia” delle poltrone di potere.
«Ogni governo ha diritto di scegliere i dirigenti dell’amministrazione pubblica così come prevede la legge. Credo che in questo caso ci sia anche un’aspettativa di cambiamento da parte della maggioranza degli elettori che ha votato questo governo. Grande attenzione però va fatta alle competenze e al grado di esperienza dei successori che devono essere almeno non inferiori a quelle dei predecessori. Se non fosse così, non servirebbero nemmeno a chi li ha nominati e non aiuterebbero il Paese ad andare avanti». 

Complessivamente come giudica la manovra del governo? 
«Nelle condizioni date non si poteva fare altrimenti, nessuno avrebbe potuto varare una legge di Bilancio diversa. Ci sono tante note positive, tenuto presente che tre quarti delle misure sono rivolte a mitigare il caro-bollette per imprese e cittadini». 

Che cos’altro può fare il governo per aiutare le imprese?
«Una soluzione è sicuramente quella di liberalizzare i settori dell’economia dove la liberalizzazione comporta l’ingresso di nuove imprese, ma si devono anche sostenere le grandi imprese che vogliono realizzare importanti investimenti sia nel settore industriale che in quello finanziario».

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 17:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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