Imposte, domani il D-day delle imposte. Ma i commercialisti minacciano lo sciopero

Domenica 19 Luglio 2020 di Francesco Bisozzi
Imposte, domani il D-day delle imposte. Ma i commercialisti minacciano lo sciopero

Niente rinvii per le tasse di fine luglio che interessano 4,5 milioni di contribuenti, soprattutto partite Iva? E disobbedienza fiscale sia. Pronto lo sciopero dei commercialisti in caso di mancata proroga delle imposte sui redditi 2020: dopo il no allo slittamento del Mef, il Consiglio dei dottori commercialisti ed esperti contabili e le varie sigle sindacali della categoria hanno annunciato eclatanti azioni di protesta contro il governo. «Di fronte alle ripetute e più che motivate richieste di proroga dei versamenti del 20 luglio avanzate dai commercialisti, il governo ha opposto un no che sembra al momento irrevocabile, oltre che incomprensibile.

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A questo punto diventa per noi inevitabile valutare concrete azioni di protesta, tra le quali non escludiamo lo sciopero», hanno affermano in una nota congiunta il Cndcec e tutte le sigle sindacali dei commercialisti (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdec, Unico). Che aggiungono: «Tanti meno saranno i contribuenti che autonomamente sceglieranno di non versare il 20 luglio o il 20 agosto, con maggiorazione dello 0,4 per cento, tanto più sarà inevitabile per il governo fare marcia indietro e riaprire i termini di versamento senza sanzioni fino al 30 settembre, come già avrebbe dovuto fare». È stata via XX settembre a sbarrare la strada a un'ipotesi di un ulteriore rinvio a settembre dei versamenti degli acconti e dei saldi delle imposte sui redditi in autoliquidazione, un flusso di cassa che secondo le previsioni vale oltre 8 miliardi di euro, già fatti slittare da fine giugno al 20 luglio, ovvero domani. Un semaforo rosso che non scontenta solo gli operatori professionali ma anche una parte del Parlamento.

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La Lega è subito partita all'attacco. Così il deputato di via Bellerio Massimo Bitonci, ex sottosegretario al Mef: «Diamo pieno appoggio alla decisione dei commercialisti che hanno annunciato azioni di protesta per la decisione del governo di non rinviare le scadenze fiscali previste per il 20 luglio». In tackle pure Forza Italia. «Di fronte a un governo miope e insensibile alle difficoltà oggettive di chi deve fare tutti i giorni i conti con la crisi causata dal Covid l'unica alternativa è la disobbedienza fiscale», ha dichiarato Sestino Giacomoni, mentre Mariastella Gelmini chiede una proroga fino al 2021. Anche il capogruppo di Italia Viva al Senato Davide Faraone è partito all'attacco: «Il Mef in occasione dell'approvazione del decreto Rilancio ha bocciato la proposta di Italia Viva di un rinvio del pagamento delle tasse al 30 novembre 2020. Secondo noi far adempiere questo appuntamento dopo due mesi di lockdown, durante i quali il mondo economico si è quasi completamente fermato e le energie di tutti si sono dovute concentrare nel mantenere in vita le proprie attività economiche, è una vera follia».

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LA RISPOSTA
Il sottosegretario all'Economia Alessio Villarosa in precedenza aveva ricordato che il differimento delle imposte è motivato dall'esigenza di agevolare il contribuente e che in tal senso «il governo ha già operato rinviando le scadenze ordinarie del 30 giugno e del 30 luglio con maggiorazione dello 0,4 per cento rispettivamente al 20 luglio e al 20 agosto». Il Mef tuttavia ritiene che non si possa fare di più. Ma i commercialisti non si arrendono. «In questi ultimi giorni abbiamo più volte reiterato il nostro appello per una proroga dei versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi. Gli adempimenti straordinari legati alla emergenza coronavirus e le limitazioni lavorative per dipendenti e collaboratori degli studi professionali derivanti dalle misure anti-contagio hanno sottratto il tempo necessario per la predisposizione delle dichiarazioni e per determinare gli importi dei versamenti del 20 luglio» hanno scritto. «I nostri studi sono in una situazione di grande difficoltà», scrivono i commercialisti. Di più.
«Assistiamo la gran parte delle imprese italiane e forse più di chiunque altro abbiamo il polso della situazione reale in cui versano. Non consentire con il rinvio dei versamenti una boccata d'ossigeno a realtà in gravissima crisi di liquidità può tramutarsi in una scelta dissennata, che rischia di tagliare le gambe a chi sta faticosamente tentando di rimettersi in piedi».
 

Ultimo aggiornamento: 10:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA