La guerra fra Russia e Ucraina non colpisce soltanto i militari e i civili nelle aree del conflitto, ma i suoi effetti vanno molto più lontano, e a farne le spese sono soprattutto i Paesi più poveri. In particolare quelli che dipendono esclusivamente dall’importazione di grano da Mosca e da Kiev e che, a causa del blocco delle esportazioni di cereali e prodotti per l’agricoltura, saranno costretti alla fame e di conseguenza soffriranno di instabilità politica e sociale.
La guerra blocca il grano, allarme carestia dall’Onu: oltre 44 milioni di persone a rischio fame
Grano ucraino bloccato, prime rivolte in Africa
La chiusura dei porti, in particolare di Odessa, oltre a portare la stessa Ucraina verso la carestia, ha già cominciato a colpire al cuore diversi continenti.
LE CONSEGUENZE
Ieri un pesante atto di accusa nei confronti della Russia è arrivato dai leader del G7 che, nella dichiarazione finale, hanno lanciato l’allarme: «La guerra del presidente Putin contro l’Ucraina sta mettendo la sicurezza alimentare globale sotto forte stress. Insieme alle Nazioni Unite, chiediamo alla Russia di porre fine al suo blocco e a tutte le altre attività che impediscono la produzione e l’esportazione di cibo dell’Ucraina, in linea con i suoi impegni internazionali. Se non lo farà, questo sarà visto come un attacco alle forniture alimentari globali». E il premier italiano Mario Draghi ha ribadito: «Il G7 deve continuare a impegnarsi per aiutare quei paesi poveri che rischiano una crisi alimentare. Il nostro impegno e la nostra unità sono essenziali». Il 3 maggio a Strasburgo Draghi aveva sottolineato quanto il conflitto stia causando instabilità nel funzionamento delle catene di approvvigionamento globali e volatilità nel prezzo delle materie prime e dell’energia. «Le forniture alimentari ucraine sono crollate a causa delle devastazioni della guerra e dei blocchi alle esportazioni imposti dalla Russia nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov - ha dichiarato -. A marzo, i prezzi dei cereali e delle principali derrate alimentari hanno toccato i massimi storici».
I SEGNALI
Di recente anche il vice presidente della Fao, Maurizio Martina, ha evidenziato i rischi del conflitto. «La nostra grande preoccupazione – ha spiegato - è l’innesco che potrebbe esserci di tensioni sociali a partire dalla crescente insicurezza alimentare che in particolare in questi paesi può crescere. Purtroppo abbiamo già alcuni segnali di queste tensioni, in Kenya, in Libano e in molti paesi dell’Africa subsahariana, che sono già in una situazione fragile anche per l’impatto dei cambiamenti climatici in quelle aree. Questa guerra rende ulteriormente problematico il quadro». Quelle tonnellate di grano bloccate in Ucraina, dunque, rischiano di portare almeno 44 milioni di persone verso fame sicura, secondo la valutazione fatta dal World food programme. Se i porti non dovessero riaprire i contadini ucraini non avranno un luogo dove conservare il prossimo raccolto di luglio-agosto, chiarisce ancora l’Agenzia Onu, con il risultato che «montagne di grano andranno perse» mentre il mondo implora soccorso. L’ultima fotografia sulla corsa dei prezzi dei prodotti alimentari mondiali parla di un +30% ad aprile sullo stesso periodo del 2021. Rispetto a un anno fa, a tirare la volata secondo l’indice Fao sono i cereali con listini aumentati del 34%, seguiti dai prodotti lattiero caseari (+24%), zucchero (+22%), carne (+17%) e grassi vegetali (+46%). Il mercato mondiale del frumento tenero è fortemente influenzato da Russia e Ucraina che esprimono rispettivamente, il 21% e il 10% delle esportazioni mondiali. L’Ucraina, inoltre, pesa per il 15% nelle esportazioni globali di mais, usato soprattutto nei mangimi animali.