Grandi opere, spinta per ripartire: in arrivo 9 miliardi per infrastrutture

Domenica 6 Ottobre 2019 di Luca Cifoni
Grandi opere, spinta per ripartire: in arrivo 9 miliardi per infrastrutture
Non solo taglio del costo del lavoro. Il rilancio degli investimenti pubblici è l’altro obiettivo politico della legge di Bilancio che sarà firmata da Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri: un obiettivo da perseguire con i limitati margini finanziari disponibili, ma con una forte caratterizzazione ecologica da spendere anche a livello europeo, nell’ambito del più complessivo green new deal. L’accelerazione del governo sarà in due mosse: alla fine della prossima settimana un consiglio dei ministri dedicato al tema infrastrutture, che passerà in esame l’elenco dei cantieri più o meno fermi per un valore di circa 70 miliardi. Poi qualche giorno dopo, con la manovra da approvare entro il 20 ottobre, dovrebbero essere formalizzati stanziamenti aggiuntivi per circa 9 miliardi nel triennio. 

Il quadro attuale è in chiaroscuro. Da una parte ci sono le consuete strozzature che ritardano o bloccano in particolare le grandi opere, pur in presenza di finanziamenti sulla carta disponibili. Dall’altra l’anno in corso ha fatto registrare segnali moderatamente positivi in particolare sul fronte degli enti locali, grazie allo sblocco degli avanzi di amministrazione e dal piano contro il rischio idrogeologico: l’incremento percentuale degli investimenti fissi lordi - fotografato nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) - è del 7,7 per cento rispetto al 2018, quasi tre miliardi in più. Per il 2020 a bocce ferme è previsto un progresso più modesto, mentre le uscite a legislazione vigente tornerebbero ad accelerare in modo più deciso l’anno successivo.



Il tema delle grandi infrastrutture sarà al centro del consiglio dei ministri programmato orientativamente per venerdì prossimo, salvo slittamenti. La lista dei progetti da far ripartire o accelerare vale circa 70 miliardi e ricalca grosso modo gli elenchi presentati negli ultimi tempi anche dai costruttori. Come ha rilevato Paola De Micheli, i nodi non sono solo tecnici ma anche politici, visto che su alcune opere pesano le perplessità del Movimento Cinque Stelle. In cima alla lista delle opere da sbloccare - ha spiegato De Micheli ieri parlando a Sky Tg 24 - ci sono il passante di Bologna e poi la Gronda di Genova. Ma poi anche tanti altri collegamenti ferroviari e stradali da Nord a Sud.

Sul piano tecnico, gli aspetti da mettere a punto sono diversi. Innanzitutto si tratta di coordinare le varie “strutture di missione” esistenti. Con le ultime create si è arrivati a quota sette: toccherà a Palazzo Chigi esercitare un forte ruolo di coordinamento per evitare pericolose sovrapposizioni. Poi c’è il tema dei commissari: ce ne sarebbero da nominare 77 ma mancano ancora vari passaggi: sulla carta c’è il rischio di arrivare ai primi mesi del 2020 e per questo il governo punta ad accelerare i tempi per provare a chiudere entro l’anno. Infine le regole degli appalti, oggetto di vari aggiustamenti dopo il tormentato Codice del 2016: il governo si riserva di intervenire ma non è ancora chiaro quale sarà il canale, visto che tra l’altro non è previsto uno specifico disegno di legge collegato sul tema.

Lo sforzo per muovere davvero la non trascurabile dote di risorse esistenti è forse la priorità, come hanno ripetuto tutti i ministri dell’Economia che si sono succeduti negli ultimi anni. Ma il governo intende comunque aggiungere risorse aggiuntive, che sono già scontate (anche se non dettagliate) nel quadro programmatico della Nadef. L’impegno addizionale nel triennio dovrebbe ammontare a circa 9 miliardi. Una cifra complessiva inferiore a quella messa in campo lo scorso anno quando a Via Venti Settembre c’era Giovanni Tria, ma coerente con un impianto generale della manovra condizionato dalla necessità di sterilizzare 23 miliardi di aumenti dell’Iva e poi dalla scelta tutta politica di dare un primo segnale sul fronte della riduzione delle tasse sul lavoro. L’obiettivo è comunque far crescere il peso degli investimenti fissi lordi nel bilancio pubblico: dal 2,1 per cento del Pil del 2018 ad un valore che inizi a dirigersi verso la soglia del 3 per cento.
 
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