Manovra appesa al deficit per famiglie e imprese: ancora niente coperture

Mercoledì 11 Settembre 2019 di Andrea Bassi
Manovra appesa al deficit per famiglie e imprese: ancora niente coperture

Archiviato il governo Conte Uno con la sua promessa della flat tax, la tassa piatta al 15% avanzata dalla Lega di Matteo Salvini, il Conte Due nasce sotto la stella della prudenza. «Le risorse scarseggiano», ha spiegato ieri in Senato il Presidente del consiglio durante il voto di fiducia. Tutti i fondi a disposizione saranno destinati a bloccare l'aumento dal prossimo primo gennaio delle aliquote Iva. Un intervento che vale 23 miliardi di euro e senza il quale l'imposta sul valore aggiunto salirebbe dal 22% al 25,2% e dal 10% al 13%. Lo sforzo, insomma, sarà consistente. E a meno di sorprese, almeno per questa prima manovra rosso-gialla, per finanziare tagli fiscali o misure di crescita resteranno pochi fondi. Il governo intende comunque dare un segnale. Ci sarà un primo taglio del cuneo fiscale «a totale vantaggio dei lavoratori», ha spiegato Conte. «Ma», ha aggiunto, «ci auguriamo di poter avere maggiori risorse anche a favore delle imprese».

Quota 100 e reddito di cittadinanza, Di Maio: «Non si toccano, alla legge Fornero non si torna»
 



Come avverrà il taglio del cuneo? Si agirà attraverso una detrazione sull'Irpef che grava sul costo del lavoro in modo da aumentare il netto in busta paga a parità di lordo. Il Partito Democratico ha già elaborato una sua proposta. Per i redditi da 10 mila a 35 mila euro viene prevista una detrazione sul lavoro di 1.500 euro. Significa un aumento netto in busta paga di 125 euro al mese. Ma attenzione, questi 125 euro riassorbirebbero anche gli 80 euro del bonus Renzi. Significa che fino a 26 mila euro l'aumento netto mensile sarebbe di 45 euro mentre da 27 mila euro si otterrebbero 125 euro in più. Sotto i 10 mila euro ci sarebbe, invece, un bonus erogato in forma monetaria del 15% del reddito (a 10 mila euro fa esattamente 1.500 euro). Mentre per i redditi da 35 mila a 55 mila euro la detrazione sul lavoro sarebbe decrescente. Il problema di questo progetto sono i costi. Al netto dei 10 miliardi del bonus Renzi, rimarrebbero da finanziare altri 15 miliardi di euro a regime per implementarlo. Troppi soldi, gli stessi che in pratica sarebbe costato l'avvio della flat tax leghista. Dunque si stanno studiando dei correttivi, come per esempio limitare l'avvio della riforma solo per i redditi fino a 35 mila euro e, magari, per il momento introducendo una detrazione minore (invece dei 125 euro mensili, magari 90 o 100 euro).

L'OBIETTIVO
L'intenzione del governo sarebbe quella di riuscire a stanziare almeno 5 miliardi di euro per il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, anche perché cifre inferiori rischierebbero di avere effetti poco tangibili sulle buste paga. Cosa resta per le imprese? Per il momento l'intenzione sarebbe quella di ripristinare e rafforzare gli incentivi agli investimenti di Industria 4.0, ossia le agevolazioni per chi compra nuovi macchinari per l'ammodernamento degli impianti. Sul tavolo ci sarebbe anche la reintroduzione dell'Ace, l'aiuto per la crescita economica. Si tratta di una detassazione degli utili lasciati in azienda che il governo Conte Uno aveva cancellato con l'ultima manovra del popolo. Per reintrodurre la misura, però, servirebbero circa 2 miliardi di euro.
Il vero nodo della manovra, dunque, continuano ad essere le risorse. L'insieme delle misure (sterilizzazione Iva, spese indifferibili e misure per la crescita) avrebbe un costo di circa 35 miliardi di euro. Il governo si attende un segnale di apertura dall'Europa sul deficit, anche se ieri il Tesoro ha fatto sapere che il livello del deficit da chiedere a Bruxelles non è stato ancora definito, rassicurando che la manovra sarà orientata alla crescita nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. Comunque sia, l'Italia punterebbe ad ottenere tutto lo spazio possibile con le attuali regole del fiscal compact, ossia poco più di 12 miliardi di euro portando il deficit a ridosso del 2,3%. Altri 4 miliardi arriverebbero dai risparmi di Quota 100 che, come ha spiegato il neo ministro del lavoro Nunzia Catalfo, non sarà modificata. Altri 6 miliardi circa potrebbero arrivare (ma qui il condizionale è d'obbligo) dal miglioramento dello spread. Anche perché ieri l'ipotesi di richiesta di flessibilità da parte di Roma ha spinto il differenziale nuovamente sopra i 150 punti. Da trovare, insomma, resterebbero un'altra quindicina di miliardi. Non sarà una passeggiata. Anche perché le ipotesi di lavoro lasciate dall'ex ministro Giovanni Tria, come il taglio draconiano delle agevolazioni fiscali, per reperire le risorse vengono ritenute dalla nuova maggioranza «impraticabili».
 

Ultimo aggiornamento: 08:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA