Una riforma che tuteli i cittadini dal rischio del gioco compulsivo. E un rapporto più equilibrato tra le risorse che ne ricava lo Stato e i ricchi compensi che finiscono nelle tasche dei concessionari. Nel giorno in cui l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli (Adm) presenta il “Libro Blu” sull’attività dello scorso anno (bene il gettito erariale e l’attività di contrasto alla contraffazione), Roberto Fico ripropone l’esigenza di un cambio di rotta nel settore dei Giochi pubblici e delle scommesse. «Credo che Parlamento e governo – ha spiegato il presidente della Camera – debbano valutare con urgenza una riforma organica che sappia meglio contemperare la tutela di tutti gli interessi, a partire da quello della salute dei cittadini che è e deve essere la priorità». A giudizio del numero uno di Montecitorio «si tratta di un settore di grande delicatezza, in cui si fatica da decenni a trovare un equilibrio tra gli interessi dell’Erario, che ricava un gettito significativo, e la tutela dei cittadini, soprattutto minori, dai rischi della ludopatia».
I privilegi
Una visione organica che non potrà non considerare la sproporzione tra le concessioni. Ce ne sono alcune i cui margini di guadagno per i privati che le gestiscono sono particolarmente generosi, a fronte degli scarsi rischi e dei pochi investimenti legati al settore. Come il Gratta&Vinci, che assicura un aggio all’Igt del gruppo De Agostini del 3,9% l’anno su una raccolta media di oltre 9 miliardi. Una concessione tra l’altro rinnovata per legge, senza ridare la possibilità al mercato (che pure si era detto interessato a entrare nella gestione del gioco), la possibilità di confrontarsi. Sisal, una delle società che aveva fortemente protestato per il rinnovo senza gara della concessione (rinnovo la cui legittimità è stata comunque confermata nei giorni scorsi dalla Corte di giustizia) ha invece visto mettere all’asta la gara del Supernalotto, il gioco da lei gestito. Una gara per aggiudicarsi la quale e fronteggiare proprio l’offensiva di Igt, ha dovuto offrire un aggio solo dello 0,5 per cento.
Per il settore, intanto, quello passato non è stato l’anno migliore. Nel 2020 tutti i comparti dei Giochi hanno registrato una forte diminuzione rispetto al 2019, causata soprattutto dalla situazione di emergenza sanitaria da Covid: -20% per la raccolta, -17,2% per le vincite, -33,2% per la spesa e -36,2% per l’Erario.
Si tratta, tuttavia, della sola zona d’ombra nelle diverse attività dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, il cui impegno ha assicurato 62,4 miliardi di euro di gettito alle casse dello Stato. Nel dettaglio, dai dazi e dall’Iva sono stati ricavati quasi 12 miliardi, dai tabacchi 14 miliardi, dai giochi (prelievo erariale, utile erariale e imposta unica) 7,2 miliardi. Il contributo più cospicuo arriva da energia e alcolici, a titolo di accisa e altre imposte minori, pari a 29,10 miliardi di euro. L’attività di controllo ha permesso il sequestro di 85 milioni di prodotti con un incremento del 619% rispetto al 2019. «Un costante controllo delle frontiere terrestri, portuali e aeroportuali – ha rivendicato Marcello Minenna, direttore generale dell’Agenzia e protagonista di una forte modernizzazione delle sue varie articolazioni – hanno consentito di garantire adeguati approvvigionamenti al Paese e soprattutto la salvaguardia da prodotti contraffatti e pericolosi per la salute». E ancora: «Sapevo di iniziare una sfida importante ma non potevo immaginare il ruolo nevralgico che l’Agenzia avrebbe rivestito per la tutela della salute, la sicurezza dei cittadini e il contrasto ai gravi reati in materia di traffico di merci e di valuta derivati dell’emergenza pandemica». Minenna ha però invocato il sostegno del Parlamento. «Ci stiamo misurando con la Brexit, la guerra dei dazi, la via della Seta, la logistica e quello che era vero nel 2000 oggi è completamente falsificato: serve un’evoluzione organizzativa verso un modello di autorità che sia al passo coi tempi» ha osservato ribadendo la necessità di semplificare e ridurre le 3.500 norme che disciplinano il settore.