Gas russo, la Ue apre al "conto K": ma si potrà pagare solo in euro o dollari

Ecco le linee guida per consentire alle aziende di non violare le regole

Domenica 15 Maggio 2022 di Gabriele Rosana
Gas russo, l'Ue studia un piano per pagarlo senza violare le sanzioni : ecco la exit strategy

BRUXELLES - L’Europa apre al “conto K”, ma il pagamento in euro o dollari da parte delle aziende Ue dovrà ritenersi necessariamente compiuto al momento del versamento del corrispettivo e prima della conversione della valuta.

Sarebbe questa la soluzione di compromesso trovata a Bruxelles e comunicata a governi e le compagnie, mentre si avvicinano le nuove scadenze per il saldo degli acquisti di gas. Il duplice obiettivo è salvare metano e sanzioni, consentendo agli Stati di continuare a pagare le forniture russe senza tuttavia violare le restrizioni. 

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IL MECCANISMO
A Bruxelles i tecnici della Commissione sono al lavoro per finalizzare le nuove e più stringenti linee guida chieste dagli Stati membri e dalle aziende per fare chiarezza sul rompicapo che tiene ostaggio da un mese e mezzo le società del Vecchio continente, dopo cioè la pubblicazione del decreto con cui il Cremlino obbliga gli importatori di gas dei Paesi «ostili» (tra cui tutti gli Stati Ue che hanno sanzionato Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina) a saldare gli acquisti in rubli secondo un articolato schema che fa perno su due conti presso Gazprombank, la banca del monopolista di Stato dell’energia: uno denominato in euro, l’altro in rubli. L’esecutivo Ue aveva pubblicato un primo orientamento il 21 aprile: un documento con domande-risposte per delineare, quanto più possibile, la posizione dell’Europa rispetto al diktat russo. Il testo ha tuttavia lasciato perplesse molte capitali, per cui gli orientamenti sarebbero stati troppo vaghi e a tratti ambigui. Tanto da chiedere alla Commissione un supplemento di riflessione per fornire maggiore chiarezza alle imprese.

Venerdì scorso la direzione generale Energia dell’esecutivo ha convocato i rappresentanti dei Ventisette e delle società importatrici coinvolte per illustrare l’aggiornamento delle precedenti linee guida. Come già nella versione di un mese fa, però, Bruxelles non entra nel vivo della questione che riguarda l’apertura del secondo conto presso Gazprombank, quello denominato in rubli, fermandosi qualche passo prima. E indicando alle imprese che, per non violare le sanzioni, devono accompagnare il loro versamento con una dichiarazione che precisi che gli obblighi contrattuali verso Mosca si esauriscono con il saldo in euro. Una decisione di cautela che non piace però a tutti, con i Paesi fautori di una linea dura nei confronti di Mosca, dalla Polonia ai Baltici, convinti che servano regole più dure per evitare scappatoie. Il decreto del Cremlino, che invece indica come momento in cui considerare compiuta la transazione l’effettiva conversione in rubli effettuata da Gazprombank, non prevede una finestra temporale entro cui compiere il cambio: un’attesa che, nell’interpretazione dei funzionari Ue, finirebbe per costituire un prestito di fatto alla Banca centrale russa, tra le realtà finite nel mirino delle sanzioni occidentali. 

LA MEDIAZIONE
La settimana scorsa era stata Gazprom a fare quello che era sembrato un passo di avvicinamento verso l’Europa: in una comunicazione ai clienti, aveva assicurato che i pagamenti possono essere fatti in euro e che la Banca centrale del Paese non avrebbe un ruolo diretto nel nuovo meccanismo ideato da Mosca per sostenere il rublo di fronte all’impatto delle misure restrittive. In base alle anticipazioni, però, anche con l’aggiornamento delle linee guida Bruxelles continuerebbe ad approfittare della zona grigia creata dal decreto di Putin, senza mettere nero su bianco che aderire allo schema del conto K è proibito. «Nessuno ha mai detto se i pagamenti in rubli violano le sanzioni», aveva del resto sottolineato qualche giorno fa da Washington il presidente del Consiglio Mario Draghi, ricordando che «la maggior parte degli importatori ha già aperto i conti in rubli» presso Gazprombank.
Una mossa per tutelare la continuità delle forniture, in un momento chiave per riempire gli stock in vista dell’inverno. Polonia e Bulgaria, i due Paesi non hanno voluto aderire al nuovo sistema russo dei pagamenti, si sono viste invece chiudere i rubinetti da un giorno all’altro. 

Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 00:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA