Almeno per ora siamo al sicuro. Anche «una completa interruzione dei flussi dalla Russia in questo momento, da oggi, non dovrebbe comportare problemi di fornitura interna per l’Italia», annuncia il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani alla Camera.
I DATI SULE IMPORTAZIONI
E allora la missione è affidata ai nuovi poteri dell’Arera che permetteranno una ricognizione già entro il 6 aprile, come previsto dal decreto taglia-prezzi, di tutti i contratti alla base delle importazioni di gas in Italia. Nel frattempo, però alcuni dati forniti proprio ieri dal ministro sembrano dare una prima inedita fotografia della differenza straordinaria che esiste tra i prezzi reali di importazione del gas e i quelli di mercato espressi dal Ttf di Amsterdam, l’hub europeo al quale sono indicizzati i prezzi di luce e gas in bolletta (e quindi il Prezzo Unico Nazionale). Ebbene, secondo i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, soltanto un anno fa i prezzi di importazione del gas e quelli espressi dalla piattaforma Ttf erano perfettamente allineati (a 20 centesimi per metro cubo). A luglio scorso, quando è iniziata la folle corsa del metano, i prezzi di mercato erano già il doppio (40 centesimi). A dicembre 2021, invece, a fronte dei 50 centesimi di costo reale di importazione, il mercato, e quindi anche i prezzi a riferimento delle bollette, fotografava quotazioni pari a ben 1,2 euro. Infine a febbraio, quasi due terzi del prezzi in bollette venivano dalla speculazione o da operazioni di hedging (copertura), sottolinea il ministro citando le considerazioni della stessa Agenzia su un prezzo di importazione di 60 centesimi da confrontare con gli 1,6 euro del mercato dei future di Amsterdam. Qualcosa di simile si è visto sul mercato dei carburanti: l’immediato adeguamento dei prezzi alla pompa alla salita del petrolio stride con il ritardo nell’adeguamento al contrario, quando il greggio scende.
“CAP” ED EXTRAPROFITTI
Lo stesso presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, sempre ieri alla Camera ha spiegato che il «basso livello di liquidità che ancora oggi caratterizza il mercato a termine nazionale all’ingrosso del gas ha indotto l’Autorità a non modificare, sinora» l’indicizzazione al mercato di Amsterdam introdotta nel 2013 aveva descritto un meccanismo di indicizzazione. Ma, date le incertezze del momento, è opportuno avere «maggiori elementi» per valutare i prezzi ha ammesso il presidente. Di qui il necessario faro sui contratti a lungo termine. «Sulla base delle informazioni disponibili», ha puntualizzato Besseghini, «è verosimile ipotizzare che una parte rilevante di questi contratti siano stati oggetto di rinegoziazione o rinnovo negli ultimi anni, con la sostituzione dell’indicizzazione al prezzo del petrolio con quella dei prezzi spot europei. Tuttavia, una parte dei medesimi contratti potrebbe ancora prevedere meccanismi di indicizzazione diversi».
La ricognizione auspicata anche da Confindustria. Perché fissare un prezzo equo di mercato sulla base di contratti a lungo termini non influenzati da venti di guerra o dai timori di stop alle forniture, può essere una via di mercato che non stritola l’economia. Gli stessi contratti incriminati consentirebbero poi di fare luce reale sugli extraprofitti del settore. La base imponibile sulla quale in governo ha applicato la tassa del 10% prevista dal decreto taglia-prezzi, ammonta a 39,8 miliardi. Un utile extra ricostruito sulla base di dati forniti dalla fatturazione elettronica tra operazioni Iva a credito e debito degli operatori tra ottobre 2021 e marzo 2022. Un meccanismo che sta mostrando già tutte le sue complessità. Tanto che tra Palazzo Chigi e il Mef sono già a lavoro per introdurre alcuni correttivi. Per superare i limiti di un meccanismo, di fatto, presuntivo, ma soprattutto per allontanare l’ombra di stop dalla Corte Costituzionale.