Energia, Cingolani: «Il blocco del gas russo ora non creerebbe problemi, nessun rischio per le forniture»

Sotto indagine i contratti pluriennali: speculazione dietro due terzi del prezzo

Mercoledì 23 Marzo 2022 di Roberta Amoruso
Energia, Cingolani: «Il blocco del gas russo ora non creerebbe problemi, nessun rischio per le forniture»
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Almeno per ora siamo al sicuro. Anche «una completa interruzione dei flussi dalla Russia in questo momento, da oggi, non dovrebbe comportare problemi di fornitura interna per l’Italia», annuncia il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani alla Camera.

A patto che non ci si ano eventi catastrofici sulle rotte di importazione» e nemmeno picchi inattesi di freddo. Ma servono subito degli «acceleratori di investimenti», spiega Cingolani, per sostituire ben prima dei tre anni necessari tutti i 30 miliardi di metri cubi che acquistiamo da Mosca. In questa direzione va il mandato affidato a Snam di acquistare una Fsru, una nave da rigassificazione, e di noleggiarne un’altra. Ma è il costo folle del gas e i suoi effetti devastanti su famiglie, imprese a essere ancora una volta il cuore dell’ultima informativa alla Camera del ministro. «L’Italia ha proposto all’Europa di introdurre un tetto temporaneo ai prezzi del gas e di sganciare i valori delle energie da fonti rinnovabili da quelli del metano». Novità importanti almeno sul primo fronte sono attese a fine mese nell’ambito del REpowerEu. «Ma l’Italia non può muoversi da sola: rischiamo di perdere l’attrattività degli esportatori». Lo farà nell’ambito di un quadro Ue: «Le riforme strutturali sono già pronte». Ma sia l’individuazione di tetto ai prezzi, sia l’intercettazione degli extraprofitti del settore energetico dal quale il governo punta di ricavare 4 miliardi di euro, non possono prescindere da un’indagine approfondita sui costi reali del gas, quelli non influenzati dalla speculazione. 

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I DATI SULE IMPORTAZIONI
E allora la missione è affidata ai nuovi poteri dell’Arera che permetteranno una ricognizione già entro il 6 aprile, come previsto dal decreto taglia-prezzi, di tutti i contratti alla base delle importazioni di gas in Italia. Nel frattempo, però alcuni dati forniti proprio ieri dal ministro sembrano dare una prima inedita fotografia della differenza straordinaria che esiste tra i prezzi reali di importazione del gas e i quelli di mercato espressi dal Ttf di Amsterdam, l’hub europeo al quale sono indicizzati i prezzi di luce e gas in bolletta (e quindi il Prezzo Unico Nazionale). Ebbene, secondo i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, soltanto un anno fa i prezzi di importazione del gas e quelli espressi dalla piattaforma Ttf erano perfettamente allineati (a 20 centesimi per metro cubo). A luglio scorso, quando è iniziata la folle corsa del metano, i prezzi di mercato erano già il doppio (40 centesimi). A dicembre 2021, invece, a fronte dei 50 centesimi di costo reale di importazione, il mercato, e quindi anche i prezzi a riferimento delle bollette, fotografava quotazioni pari a ben 1,2 euro. Infine a febbraio, quasi due terzi del prezzi in bollette venivano dalla speculazione o da operazioni di hedging (copertura), sottolinea il ministro citando le considerazioni della stessa Agenzia su un prezzo di importazione di 60 centesimi da confrontare con gli 1,6 euro del mercato dei future di Amsterdam. Qualcosa di simile si è visto sul mercato dei carburanti: l’immediato adeguamento dei prezzi alla pompa alla salita del petrolio stride con il ritardo nell’adeguamento al contrario, quando il greggio scende. 

“CAP” ED EXTRAPROFITTI
Lo stesso presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, sempre ieri alla Camera ha spiegato che il «basso livello di liquidità che ancora oggi caratterizza il mercato a termine nazionale all’ingrosso del gas ha indotto l’Autorità a non modificare, sinora» l’indicizzazione al mercato di Amsterdam introdotta nel 2013 aveva descritto un meccanismo di indicizzazione. Ma, date le incertezze del momento, è opportuno avere «maggiori elementi» per valutare i prezzi ha ammesso il presidente. Di qui il necessario faro sui contratti a lungo termine. «Sulla base delle informazioni disponibili», ha puntualizzato Besseghini, «è verosimile ipotizzare che una parte rilevante di questi contratti siano stati oggetto di rinegoziazione o rinnovo negli ultimi anni, con la sostituzione dell’indicizzazione al prezzo del petrolio con quella dei prezzi spot europei. Tuttavia, una parte dei medesimi contratti potrebbe ancora prevedere meccanismi di indicizzazione diversi». 

La ricognizione auspicata anche da Confindustria. Perché fissare un prezzo equo di mercato sulla base di contratti a lungo termini non influenzati da venti di guerra o dai timori di stop alle forniture, può essere una via di mercato che non stritola l’economia. Gli stessi contratti incriminati consentirebbero poi di fare luce reale sugli extraprofitti del settore. La base imponibile sulla quale in governo ha applicato la tassa del 10% prevista dal decreto taglia-prezzi, ammonta a 39,8 miliardi. Un utile extra ricostruito sulla base di dati forniti dalla fatturazione elettronica tra operazioni Iva a credito e debito degli operatori tra ottobre 2021 e marzo 2022. Un meccanismo che sta mostrando già tutte le sue complessità. Tanto che tra Palazzo Chigi e il Mef sono già a lavoro per introdurre alcuni correttivi. Per superare i limiti di un meccanismo, di fatto, presuntivo, ma soprattutto per allontanare l’ombra di stop dalla Corte Costituzionale.
 

Ultimo aggiornamento: 12:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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