Russia, ritorsione sul gas: chiusi i rubinetti di Yamal. Metano e greggio in altalena

La Ue pronta a smarcarsi dalla Russia. Lunedì l’incontro Draghi-Von der Leyen

Giovedì 3 Marzo 2022 di Roberta Amoruso e Francesco Bisozzi
Russia, ritorsione sul gas: chiusi i rubinetti di Yamal. Metano e greggio in altalena

Si chiude il primo dei tre rubinetti di gas dalla Russia. E così è successo di nuovo: i mercati hanno letto in anticipo lo stop in arrivo. Ieri, proprio all’indomani del nuovo record dei prezzi del gas a un passo dai 200 euro per megawattora, puntualmente è arrivato lo stop completo dei flussi di metano che arrivano dalla Germania attraverso il Yamal-Europa, il gasdotto che attraversa Bielorussia e Polonia e va verso la Germania per portare il 15% delle forniture di gas destinate ad Europa e Turchia.

Era il passo che l’Europa si aspettava dopo la raffica di sanzioni. Non erano chiari soltanto i tempi. E così ieri anche lo Borse hanno accusato il colpo dall’Europa a New York. Non è chiaro però dove potrà spingersi il braccio di ferro di Putin anche sul gas, una fonte di sopravvivenza per le casse di Mosca. Con gli introiti dal metano (ieri dopo una nuova impennata vicina a 200 euro per megawattora, il gas è sceso del 10% a quota 148), Putin ha potuto mettere da parte oltre 630 miliardi di dollari di riserve in oro e valute estere, ora per lo più congelate. Una scorta impressionante per un Paese con un Pil di soli 1,5 trilioni di dollari, ora sull’orlo del default e con un debito bollatura come «spazzatura» dalle agenzie di rating. 

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IL PASSO
Le prove generali di quanto andato in scena ieri c’erano state alla fine dell’anno scorso: il 21 dicembre il picco a 185 euro per megawattora e il giorno dopo lo stop o quasi degli approvvigionamenti. Allora Putin giurò che non c’era stato alcuna volontà di ridurre le forniture all’Europa. Ma i dati reali dicevano altro. Dietro quelle che a dicembre erano state bollate come «manipolazioni di Gazprom» anche a Bruxelles, c’era un disegno più ampio, alla luce dell’escalation in Ucraina. Ora, però questo stop ha il sapore della guerra totale. In tutto arrivavano finora in Europa 175 miliardi di metri cubi all’anno, il 40% dei consumi europei. In Italia ne arrivavano quasi 30 miliardi all’anno. Sono mesi, per la verità, che le forniture invernali si sono ridotte: secondo alcune stime la quota si è ridotta a circa 48 miliardi di metri cubi, con un taglio del 30% rispetto all’anno scorso. Ora rimangono le forniture da gasdotto doppio North Stream 1, che collega la Russia alla Germania passando dall’Ucraina. 

L’Europa però era preparata a dover fare a meno del gas russo. L’invito a correre ai ripari era arrivato anche da Bruxelles. E già da metà febbraio che anche l’Italia va a caccia delle vie alternative del metano e fa alzare il livello degli stoccaggi. 

L’ultima fotografia fotografa l’Italia in testa per stoccaggi di gas nell’Unione Europea. Con un totale di 74,1724 terawattora il nostro Paese immagazzina il 23,4% dell’attuale capacità Ue, pari a 316,927 terawattora. Seguono la Germania con quota 68, contro i 30 dell’Olanda e i 28 della Francia. Le scorte Ue in questo momento sono al 28,64% del totale, quelle italiane sono al 37,51%, quelle tedesche al 28,16% e le francesi al 21,64%. 

Ma nel piano di emergenza del governo c’è anche la massimizzazione degli afflussi da Algeria e Tunisia e dall’Azerbaijan, l’incremento del gas liquefatto in arrivo dagli Usa, l’utilizzo delle centrali a carbone e olio combustibile e il via al taglio dei consumi da chiedere soprattutto all’industria. Una strategia di breve periodo che fa parte di un quadro più ampio di lungo periodo teso anche a spingere le fonti rinnovabili e rigassificatori del Paese, anche per ridurre al minimo la dipendenza dalla Russia. Anche di questo parlerà il premier Draghi nell’incontro di lunedì prossimo con a Bruxelles la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Sul tavolo un nuovo “Energy Compact”. «Oltre alle sanzioni già prese faremo ulteriori passi, se la situazione si deteriora», ha detto ieri la presidente: «Ci stiamo preparando in caso di ritorsioni della Russia». La Ue «sta aumentando le sue forniture di gnl per assicurarci di averne abbastanza in questa stagione e stiamo raddoppiando le energie rinnovabili». 

Intanto la guerra, il rally del petrolio (nonostante il calo a 109 dollari al barile Jp Morgan lo vede arrivare fino a 185) e l’impennata dei prezzi della benzina (a 2,024 euro) rischiano di mettere in ginocchio l’autotrasporto. Senza un cessate il fuoco, la spesa annua del settore per il gasolio potrebbe aumentare di 21 miliardi nel 2022, dice Confcommercio, preoccupata anche dai riflessi sulle bollette: quest’anno alberghi, ristoranti e negozi rischiano di dover pagare 30 miliardi per luce e gas, il 160% in più rispetto al 2021. «Nel caso di interruzioni delle esportazioni russe, o per danni bellici o per le sanzioni economiche, con prevedibili quotazioni del gasolio prossime a 2,5 euro per litro, l’incremento di spesa annua per l’autotrasporto raggiungerebbe 21 miliardi.
 

Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 09:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA