A Vienna una lampadina si accende con l’energia prodotta dai rifiuti che provengono dall’Italia.
IL RECORD
Le Regioni che nel 2020 hanno esportato il maggior quantitativo di rifiuti all’estero sono la Campania, con 252mila tonnellate, il Lazio, a quota 54mila tonnellate, e il Veneto (52mila tonnellate). Seguono Friuli Venezia Giulia, con 46mila tonnellate esportate all’estero nel 2020, Lombardia (38mila) e Abruzzo (35mila). Oggi in Italia sono in funzione 37 termovalorizzatori. Tra energia elettrica e termica producono nel complesso circa 6,7 milioni di MWh ogni anno, una quantità pari al 2,2% del fabbisogno nazionale. Ancora troppo poco. Come mai? Nella gestione dei rifiuti si dà la precedenza a riduzione, riuso e riciclo. Tuttavia, alla luce degli impatti ambientali, il recupero di energia rimane una soluzione migliore rispetto allo smaltimento in discarica. E nel resto dell’Europa se ne sono accorti già da un pezzo. I dati Ispra dicono che il valore pro capite relativo ai rifiuti urbani avviati a recupero energetico nei Paesi Ue è stato pari in media nel 2019 a 131 chilogrammi per abitante per anno. Si va dai 401 chilogrammi per abitante della Danimarca ai 6 chilogrammi per abitante di Cipro.
L’Italia, con 96 chilogrammi per abitante per anno, si piazza decisamente al di sotto della media europea. In Germania e Francia, per intenderci, l’asticella sfiora i 200 chilogrammi per abitante per anno. Belgio ed Estonia superano la soglia dei 150 chilogrammi per abitante per anno. La buona notizia è che per centrare i target europei sull’economia circolare verranno realizzati in Italia nuovi inceneritori, soprattutto nel Mezzogiorno. Secondo le previsioni della Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, i nuovi impianti di incenerimento in arrivo potrebbero arrivare a produrre ulteriori 2,5 milioni di Mwh/anno, equivalenti a circa 2,34 miliardi di metri cubi, ovvero il 3% del gas consumato nel Paese nel 2021. La piena valorizzazione del potenziale del biometano dai rifiuti a matrice organica vale un altro miliardo di metri cubi secondo quanto stimato dal Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima.
Aumentando l’energia prodotta dai rifiuti, stando ai calcoli di Utilitalia è possibile tagliare dunque del 5% le importazioni di gas dall’estero e garantire un risparmio di spesa importante. «Con la copertura del deficit impiantistico al 2035, stimato da Utilitalia per 3,2 milioni di tonnellate per il trattamento dell’organico e 2,7 milioni di tonnellate per il recupero energetico, il contributo aggiuntivo del biometano dal trattamento della frazione organica da rifiuti e dell’energia elettrica rinnovabile degli inceneritori potrebbero soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230.000 e 460.000 famiglie», afferma la federazione.
LE OPPORTUNITÀ
L’Ispra ha rilevato che nel 2020 il 44,2% del totale dei rifiuti prodotti, corrispondente a 3,7 milioni di tonnellate, è stato smaltito in discarica. Agli impianti di incenerimento con recupero di energia sono stati avviati invece circa 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti, il 26,7% del totale prodotto, costituiti principalmente da frazione secca (1,1 milioni di tonnellate), da combustibile solido secondario (quasi 865 mila tonnellate) e da frazione organica non compostata (circa 136 mila tonnellate). Nel primo anno di pandemia i quantitativi di rifiuti avviati a incenerimento con recupero di energia sono calati del 2,9% rispetto al 2019.