Gas, Ue verso il debito comune: Berlino toglie il veto sul fondo per i sostegni anti-crisi

L’idea di uno strumento simile al «Sure» da 100 miliardi utilizzato per la pandemia

Martedì 11 Ottobre 2022 di Gabriele Rosana
Gas, Ue verso il debito comune: Berlino toglie il veto sul fondo per i sostegni anti-crisi

La Germania apre al debito comune Ue per far fronte al caro-bollette con una mossa che potrebbe rompere lo stallo e trainare tutta l’Europa come in piena pandemìa.

Purché, è uno dei paletti messi da Berlino, gli aiuti abbiano la forma di prestiti e non di sussidi a fondo perduto. La levata di scudi di venerdì scorso a Praga, quando al summit informale dei leader dei Ventisette in tanti hanno accusato il cancelliere tedesco Olaf Scholz di mandare in frantumi l’unità Ue e la concorrenza nel mercato unico con il suo maxi-piano nazionale dal valore di 200 miliardi di euro, avrebbe motivato il governo al passo indietro. E a dirsi adesso disponibile - secondo fonti vicine a Scholz citate da Bloomberg - a considerare uno schema su scala Ue ricalcato su “Sure”, la cosiddetta cassa integrazione Ue dal valore di 100 miliardi di euro che sin dalle fasi iniziali dell’emergenza sanitaria (e prima ancora dell’avvento del Recovery Plan) fu finanziata con l’emissione di bond Ue, raccogliendo sui mercati risorse ripartite poi fra gli Stati membri, con cui sono state tutelate 31,5 milioni di persone e 2,5 milioni di imprese. Nei palazzi delle istituzioni Ue l’evoluzione della posizione di Berlino - che appena una settimana fa escludeva l’impiego «degli strumenti utilizzati in pandemia in un contesto che oggi è contraddistinto da shock dell’offerta e inflazione record» - è monitorata da vicino. La messa a punto di prestiti agevolati garantiti dagli Stati Ue corrisponderebbe infatti all’iniziativa per dare margini di azione contro il caro-energia anche a quegli Stati che hanno meno spazio di manovra fiscale rispetto a Berlino; circostanza invocata apertamente dai commissari europei Paolo Gentiloni e Thierry Breton. Un asse italo-francese che non è passato inosservato e che Mario Draghi e Emmanuel Macron avevano già costruito a marzo, invocando per la prima volta una sorta di Recovery dell’energia. 

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LA TEMPISTICA

La tempistica del cambio di rotta tedesco, fanno notare a Bruxelles, non è casuale. Anzi, era in qualche modo attesa. Domenica si sono tenute le elezioni regionali in Bassa Sassonia e due dei tre partiti della coalizione semaforo (socialdemocratici e verdi, ma non i liberali) hanno superato la prova delle urne. Voltata la pagina, la Germania sembra poter tornare a fare qualche concessione in Europa, e a trascinare con sé anche gli altri frugali più scettici, anzitutto olandesi e danesi. Ma prima di un vero via libera, Scholz prende tempo e aspetta il primo confronto con la premier italiana in pectore Giorgia Meloni dopo l’insediamento a palazzo Chigi. Basta però intanto l’indiscrezione sul tabù che va a pezzi per alleviare la pressione sui titoli di Stato italiani e far chiudere in forte calo, a 228,4 punti, lo spread tra Btp e Bund decennali. 

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Che il vento stia cambiando sembrano segnalarlo anche la parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che intervenendo alla conferenza annuale sul budget Ue, ieri ha detto chiaramente che il bilancio dell’Unione va ripensato, perché due anni fa «non è stato concepito per affrontare sfide multiple». Un chiaro assist a chi chiede (sempre) più fondi europei per far fronte all’era della poli-crisi. Sugli interventi per limitare il prezzo del gas, invece, tecnici e diplomazia sono al lavoro per trovare una quadra: oggi e domani i ministri dell’Energia si riuniscono a Praga, anche se, ha spiegato una qualificata fonte Ue, un provvedimento potrebbe non vedere la luce prima di novembre. 

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