Fondi pensione, adesioni su del 10%. Ma la gestione 2022 resta deludente

La guerra in Ucraina e la crisi energetica pesano sui risultati della previdenza complementare

Giovedì 16 Febbraio 2023 di Marco Barbieri
Fondi pensione, adesioni su del 10%. Ma la gestione 2022 resta deludente

La guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno provocato una riduzione dei rendimenti dei fondi pensione. Ma si tratta di un evento eccezionale e anomalo, secondo il presidente di Assofondipensione, Giovanni Maggi, «che non può considerarsi indicativo, anche perché il sistema a capitalizzazione va valutato in un orizzonte di lungo periodo e grazie alla diversificazione del rischio riesce a fare meglio fronte agli scenari e agli shock di diversa natura che possono realizzarsi nel tempo».
Una rassicurazione venuta ieri dall’assemblea annuale dell’Associazione che rappresenta 32 Fondi pensione negoziali per un totale di 3,8 milioni di lavoratori iscritti.

Nel 2022 le adesioni ai fondi pensione negoziali sono cresciute del 10,1 per cento. Ma si tratta di numeri ancora largamente insufficienti per considerare la previdenza complementare un sistema di vera copertura integrativa della pensione di primo pilastro. 

Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, ha ribadito Maggi, la pensione pubblica potrebbe essere insufficiente a mantenere un tenore di vita adeguato. Per chi inizia a lavorare in questi anni, per i giovani quindi, la previdenza complementare diventa irrinunciabile per integrare un assegno pensionistico pubblico insufficiente. Eppure, sono proprio i giovani sotto i 34 anni a mostrare una minore adesione ai fondi. Giovani, donne e regioni del Mezzogiorno indicano le tre aree dove bisogna recuperare iscritti. I tassi di partecipazione più elevati si registrano nelle aree più ricche del Paese: in media tra il 35% e il 40% delle forze lavoro In queste aree i versamenti contributivi sono in molti casi anche doppi rispetto a gran parte delle regioni del Mezzogiorno.

GLI INTERVENTI

«Potrebbe essere utile - ha sostenuto Maggi - dare avvio a un semestre di silenzio-assenso, che consentirebbe di favorire le adesioni ai fondi pensione, sia tra i nuovi assunti che tra gli occupati, nel rispetto del principio della volontarietà della scelta». Tra gli interventi necessari a breve a termine è prioritaria, secondo il presidente di Assofondipensione, «una massiccia campagna informativa dedicata, anche per accrescere la consapevolezza sull’importanza di aderire alla previdenza complementare al fine di non lasciare che il Tfr cosiddetto inoptato delle aziende con organico superiore ai 50 dipendenti confluisca nel Fondo Tesoreria Inps (parliamo di circa 5 miliardi l’anno) ma possa tornare al secondo pilastro piuttosto che essere utilizzato per spese correnti».
Il problema delle adesioni non è l’unico per il sistema della previdenza complementare. L’agenda proposta in occasione dell’assemblea del ventennale di Assofondipensione si compone di molte richieste per lo più sul fronte fiscale: dalla riduzione della tassazione dei rendimenti agli incentivi fiscali per gli investimenti del patrimonio dei fondi nell’economia produttiva nazionale: solo 4 miliardi dei 200 capitalizzati dai fondi è oggi investito in economia reale.

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LE MISURE

Tra le misure utili per una maggiore appetibilità dei fondi pensione Maggi ha indicato «una revisione della disciplina fiscale del secondo pilastro, attraverso la riduzione del prelievo fiscale sostitutivo sui rendimenti degli investimenti nei fondi pensione» attualmente del 20%. In tema di benefici fiscali è intervenuto ieri anche il presidente di Covip, Mario Padula, nel corso di un’audizione alla commissione Affari Sociali del Senato. Per incentivare l’adesione alla previdenza complementare e «avvicinare i giovani e chi ha redditi più volatili» «si potrebbe pensare a benefici fiscali spalmati su più anni, che non incidano sul singolo anno» ma di cui usufruire in un periodo più largo.
Marco Barbieri

Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 08:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA