Carraro (Confindustria): «Prima emergenza l'energia. La manovra? Un'occasione sprecata»

Mercoledì 29 Dicembre 2021 di Maurizio Crema
Enrico Carraro, presidente di Confindustria del Veneto

«La pandemia che mi fa più paura è quella dell'energia, dell'aumento delle materie prime e delle bollette. Dal Covid penso che potremo uscire con uno sforzo in più, con l'obbligo di vaccinazione: non possiamo tenere chiuse decine di migliaia di persone già protette, che sono anche lavoratori, perché ci sono degli integralisti». Enrico Carraro, presidente di Confindustria del Veneto e del gruppo multinazionale di famiglia padovano, non si ferma alla ripresa ruggente del Nordest nel 2021 che ha quasi colmato il vuoto aperto dalla crisi Covid.

Da buon imprenditore guarda già alle sfide dietro l'angolo, che fanno ancora paura: «Credo che l'emergenza sui costi dell'energia non è ancora ben chiara a tutti. In alcuni settori industriali, penso per esempio a quelli energivori come le fonderie, converrebbe non aprire dopo le feste».

Presidente Carraro, è allarme anche nel Nordest?
«Per ora non ho segnali precisi dal Nordest, ma temo che potrebbero arrivare presto. Rispetto alle strategie di qualche mese fa, durante lo stop di Natale tutti quanti gli imprenditori hanno deciso di fermarsi, c'è chi ha anche allungato le ferie. In questi giorni ci rendiamo conto cosa vuol dire non aver fatto una seria politica energetica del nostro Paese e che le rinnovabili non bastano. Francia e Germania hanno la possibilità di utilizzare il nucleare e il carbone, forniscono energia a prezzi più bassi dei nostri. In Europa poi siamo i più esposti anche alle crisi geopolitiche perché siamo completamente dipendenti dall'estero nelle forniture non solo di petrolio o gas, ma anche di chip, di plastica, di acciaio, di ferro».
Quando finirà questa emergenza?
«La situazione si normalizzerà non certo a breve, non entro il primo semestre del 2022».
Il governo cosa può fare?
«Deve mettere mano al portafoglio e aiutare famiglie e imprese cercando di calmierare i prezzi».
Nel frattempo anche in Veneto si moltiplicano le crisi industriali. L'ultima a scoppiare è stata quella della Speedline. Il gruppo svizzero Ronal ha annunciato la chiusura dello stabilimento veneziano da 605 addetti, poi sospesa. Che si può fare per far cambiare idea alla multinazionale?
«Tutta la classe dirigente regionale si dovrebbe impegnare per capire cosa sta succedendo alla Speedline, come a tutto il settore automotive veneto. Spero ancora che non si vada alla chiusura: la Speedline ha un buon prodotto e un buon mercato. Quello che deve fare la politica è rendere il nostro territorio più attraente e competitivo. Ma vedere una mobilitazione di queste genere di tutto il territorio è stato importantissimo, lo dice un imprenditore come me che ha fabbriche in Cina e India. Ma quella della Speedline è solo la punta dell'iceberg di una crisi più complessiva».
Manca una politica industriale sia a livello veneto che nazionale?
«Il Veneto può fare poco in questo campo e lo sta facendo. C'è più sensibilità di questo governo nei confronti delle imprese, ci sono però ancora penalizzazioni che ci portiamo dietro da vent'anni».
Soddisfatto dalla manovra in via d'approvazione?
«No, è l'ennesima occasione persa: andavano agevolate di più imprese e lavoratori. Pensi che avrò in tasca più io che un mio operaio. E sull'innovazione ci saremmo aspettati di più e invece hanno di fatto azzoppato il Patent Box, il premio fiscale per chi investe in brevetti e software digitali».
Deluso da Draghi?
«Rimango un suo fan, e la coperta è comunque sempre corta. Ma c'è molta politica in questa manovra, molta mediazione con i partiti. Il rinnovo del Superbonus edilizio per esempio dà un grande aiuto a determinati settori, ma non va a determinare le strategie di un Paese. Sono molto d'accordo col leader di Luxottica Leonardo Del Vecchio: oggi l'Italia è best performer nell'economia e nella pandemia, ma ci vorrebbe qualche cosa di più. Dobbiamo guardare oltre, sapendo che piccolo non è più bello da un bel po'. Se non hai grandissime imprese non vinci la concorrenza mondiale, non puoi determinare per esempio la transizione dell'auto nell'elettrico. Rischiamo di essere un Paese dedicato alla subfornitura, quindi sempre a rimorchio».
Il prosecco non basta a far grande il Nordest?
«Non basta nemmeno il turismo a sostenere il Veneto. Noi abbiamo bisogno di un'industria moderna».
Il Pnrr ci aiuterà in questo salto tecnologico e sostenibile?
«Sul Pnrr vedo grande confusione e altrettante complicazioni. Le nostre università e i centri di ricerca stanno lavorando molto. Ci sono grandi progetti. Ma non si capisce ancora come questi soldi verranno spesi, soprattutto a livello locale, e cosa arriverà al territorio di tangibile. Per fortuna l'Europa ci ha chiesto di fare le riforme. E il Paese sta cambiando. Sono assolutamente ottimista: ce la faremo».
Con Draghi presidente del Consiglio o della Repubblica?
«Penso che lui abbia già deciso per il bene del Paese. Io lo vedrei meglio al governo. Non abbiamo bisogno di cambiare esecutivo, non è il momento per farlo. Abbiamo bisogno di stabilità politica. Soprattutto oggi, in questa fase e con un nome forte e riconosciuto all'estero come Draghi. Ma è la politica a dover decidere».
E Luca Zaia dove lo vedrebbe?
«Sulla pandemia il presidente del Veneto ha lavorato molto bene con le armi che aveva, come anche Fedriga in Friuli Venezia Giulia. Si è un po' perso il discorso dell'autonomia, ma abbiamo dato prova di una buona e seria amministrazione locale. Alla prova dei fatti l'autonomia ce la meritiamo tutta. Poi Zaia saprà anche lui cosa deve fare da grande».
E la Confindustria come sarà da grande?
«Stiamo andando avanti col progetto di fusione col Friuli Venezia Giulia. Non sarà Enrico Carraro a dover decidere, ma gli associati dei vari territori. Entro il primo semestre 2022 presenteremo il progetto e lo discuteremo insieme. Così deve essere per le territoriali, dove mi sembra che stiano lavorando molto bene Destro per Assindustria e Marinese per Venezia-Rovigo. Io sono molto favorevole alle fusioni delle territoriali».
D'accordo sull'obbligo vaccinale?
«L'avrei messo subito, un anno fa. Siamo in zona gialla e forse arancione perché qualcuno non si è voluto vaccinare. In subordine sono per l'obbligo ad alcune categorie di lavoratori: trasporti, logistica, turnisti, ciclo continuo. Non possiamo pensare di fermare il Paese per pochi intransigenti che non si vogliono vaccinare. E nella scuola l'obbligo ha funzionato».

Nei prossimi giorni verrà sottoposto al voto conclusivo del Consiglio regionale veneto il Progetto di Legge 64 relativo alle misure di contenimento del consumo di suolo. Confindustria Veneto, insieme alle Associazioni Territoriali, esprime preoccupazione rispetto all'attuale versione in discussione del provvedimento, e in merito alla quale ha proposto alcuni emendamenti trasmessi al Consiglio Regionale. «Sia chiaro afferma Enrico Carraro, Presidente di Confindustria Veneto - la nostra perplessità non riguarda il principio alla base del Progetto di Legge, di cui condividiamo appieno le finalità di tutela e di sicurezza rispetto ai rischi idrogeologici. Quello che evidenziamo è che, nel perseguire questo importante obiettivo generale, non si è tenuto conto di alcuni riflessi prettamente pratici che riguardano gli insediamenti produttivi già presenti in quei territori».
I vincoli inseriti nel PDL 64, secondo Carraro impattano in maniera significativa sulle aziende già presenti nelle aree poste sotto tutela, rischiando di paralizzarne la normale attività. Inoltre, considerando in pratica intoccabili tali zone, sarebbe impensabile fare qualunque intervento di riqualificazione, messa in sicurezza o addirittura di ordinaria manutenzione.
Tra le aree che ricadono nel perimetro del Progetto, ci sono ad esempio le Z.I. (Zone Industriali) di Vittorio Veneto (Treviso) e di Montecchio Maggiore (Vicenza), territori con una storica vocazione produttiva in cui si sono sviluppati negli anni importanti distretti. «Le aziende sono le prime ad essere interessate alla tutela del territorio dove operano - continua Carraro - ma, al contempo, hanno anche bisogno di poter rendere più sicuro e funzionale il proprio stabile. Per queste ragioni Confindustria Veneto ha elaborato una proposta emendativa, che è già presente e operativa ad esempio in Emilia-Romagna, finalizzata a trovare un equilibrio tra queste due esigenze convergenti. Questo al fine di agevolare la competitività di aziende già insediate in un certo territorio, evitandone una potenziale rilocalizzazione altrove».
In sintesi, si chiede che le procedure di ampliamento e/o di ristrutturazione di fabbricati adibiti all'esercizio di impresa, così come della nuova costruzione di fabbricati necessari per lo sviluppo e/o la trasformazione di attività già insediate, purché nell'area di pertinenza delle stesse, in lotti contigui o circostanti, ovvero in aree collocate in prossimità delle medesime attività produttive rimangano riservate allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) in deroga allo strumento urbanistico comunale. «I SUAP infatti - osserva Carraro - perseguono la dichiarata finalità, riconosciuta anche da pronunce della Corte costituzionale, di semplificazione dei procedimenti amministrativi riguardanti le attività produttive, per assecondarne le necessità insediative strumentali alla loro competitività, mantenendo la capacità del sistema di governo locale del territorio, rappresentato dai Comuni e dalla relativa pianificazione, di dare risposte rapide ed efficaci alle necessità di adeguamento e di sviluppo delle imprese insediate nel Veneto».
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Ultimo aggiornamento: 19:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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