Credit Suisse crolla (-24%) e trascina tutte le Borse. Scende in campo Berna: pronta a fornire la liquidità necessaria

L’azionista saudita rifiuta il sostegno. Si teme che l’istituto abbia conti truccati

Giovedì 16 Marzo 2023 di Roberta Amoruso
Credit Suisse crolla (-24%) e trascina tutte le Borse. Scende in campo Berna: pronta a fornire la liquidità necessaria

Ora la paura arriva dall’Europa. La preoccupazione per la sorte del Credit Suisse, già stretta tra perdite di bilancio, l’esposizione alla Silicon Valley Bank e il deflusso di depositi, ieri hanno spinto letteralmente in picchiata il titolo in Borsa dopo che il presidente della Banca Nazionale Saudita, Ammar Al Khudairy, principale azionista dell’istituto, ha fatto ieri mattina un passo indietro escludendo la disponibilità a iniettare nuove risorse nella banca. 

Così, in attesa delle rassicurazioni da parte della Banca centrale svizzera, non pervenute prima della chiusura delle Borse, il mercato ha tratto le sue conclusioni: il titolo Credit Suisse ha chiuso con un crollo del 24,2% a 1,7 franchi svizzeri, dopo aver sfiorato il -30%, trascinando l’intero settore europeo.

Così sono finiti in profondo rosso tutti i listini. 

IL SEGNALE ATTESO
In serata è arrivato il segnale tanto atteso per scongiurare uno scenario di fallimento per la seconda banca svizzera, tra quelle che vantano la maggior concentrazione di depositi in Europa. La Banca centrale svizzera «offrirà liquidità a Credit Suisse se necessario», hanno annunciato le autorità di Berna, onde «garantirne la stabilità finanziaria». Ancora: «La Finma (l’autorità federale di vigilanza, ndr) conferma che Credit Suisse soddisfa i più alti requisiti di capitale e liquidità». 
Del resto, «le autorità svizzere e Credit Suisse stanno valutando le opzioni per stabilizzare la banca», aveva battuto poco prima l’agenzia Bloomberg citando un potenziale sostegno alla liquidità ma anche una possibile unione con il colosso Ubs: ipotesi che per ora si è rivelata non vera.

ACQUE CATTIVE
Che la banca svizzera navigasse in cattive acque, in realtà, era noto da tempo. Nel 2021 erano falliti i fondi speculativi Usa Archegos e Greensill con un costo per l’istituto di oltre 6 miliardi di franchi (6,1 miliardi di euro). Da allora Credit Suisse ha cercato di fare quadrato con l’avvicendamento tra Thomas Gottstein e Ulrich Korner alla guida del gruppo e mettendo a punto una strategia di rilancio e di tagli. Ma il 2021 si è chiuso in rosso per 1,5 miliardi di franchi mentre l’anno prima aveva registrato un utile di 2,7 miliardi di franchi. Il 2022 è stato ancora più difficile, con una perdita annunciata di oltre 7 miliardi di franchi. Un dato previsto da S&P, che lo scorso 9 febbraio ha tagliato il rating a Bbb-, indicativo di una situazione in fase di deterioramento. 

L’allarme rosso è però scattato due giorni fa, dopo i rilievi della Sec, l’autorità dei mercati Usa, che ha messo in dubbio l’attendibilità delle comunicazioni precedenti. Alla Morgan Stanley Conference il ceo Ulrich Koerner ha spiegato che l’esposizione in SVB di Credit Suisse «non è rilevante» e che i deflussi di depositi si sono «moderati significativamente» anche se non si sono fermati del tutto. Ma il banchiere ha ammesso «sostanziali debolezze» sui controlli interni della banca. Il definitivo affossamento del titolo però è arrivato ieri dopo il passo indietro della Banca Nazionale Saudita. «Non sosterremo la banca aumentandone il capitale», ha dichiarato il presidente Ammar al-Khudairy. «Attualmente possediamo il 9,8% della banca. Se superiamo il 10%, entrano in vigore una serie di nuove regole» e «non siamo propensi ad entrare in un nuovo regime normativo», ha quindi spiegato. Si tratta di una quota che la banca saudita detiene dallo scorso anno quando ha sottoscritto un aumento di capitale scendendo in campo per salvare l’istituto. In base alla legge svizzera, la soglia potrebbe essere superata solo dopo il via della Finma.

IL PRESSING INTERNAZIONALE
A poco sono valse le rassicurazioni, giunte sempre ieri, del presidente della stessa Credit Suisse, Axel Lehmann, che ha escluso la necessità di aiuti governativi, forte com’è l’istituto di «solidi ratios finanziari». Ma in Borsa l’emorragia di vendite non si è fermata. Basti dire che i credit default swap (prodotti che consentono di assicurarsi contro il fallimento ma spesso usati a scopi puramente speculativi) sul Credit Suisse si sono avvicinati alla soglia critica dei mille punti, che indica un serio pericolo per la continuità aziendale del gruppo. Anche i bond in dollari emessi dalla banca svizzera con scadenza 2026, in caduta libera, erano scambiati al 68% del valore nominale, complice anche il silenzio delle autorità finanziarie svizzere e del governo durato ore, nonostante le sollecitazioni a un intervento rassicuratore arrivate dallo stesso istituto, secondo quanto riportato dal Financial Times, che ha citato fonti anonime. In particolare il Credit Suisse avrebbe chiesto «un gesto di sostegno» alla Banca centrale svizzera e alla Finma. Lo stesso governo svizzero avrebbe ricevuto sollecitazioni da altri Stati europei per intervenire in sostegno dell’istituto, proprio mentre il ceo Korner cercava di limitare i danni dichiarando: «Siamo una banca solida, di dimensioni mondiali e pienamente sotto la regolamentazione svizzera». Ma a ben poco è servito. 

Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 14:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA