Coronavirus, tempi lunghi e burocrazia per ottenere i prestiti: tutti i dubbi delle imprese

Mercoledì 8 Aprile 2020 di Umberto Mancini
Coronavirus, tempi lunghi e burocrazia per ottenere i prestiti: tutti i dubbi delle imprese

Il bazooka del premier Conte vale 400 miliardi, che si sommano ai 350 miliardi messi in campo con il decreto Cura Italia, ma per ora è un bazooka che convince solo a metà. Il decreto liquidità per sostenere il sistema produttivo da un lato punta a mettere il turbo ai prestiti alle imprese ma dall'altro non offre garanzie sui tempi di erogazione del credito. Risultato: per le richieste sopra 25 mila euro la strada si profila in salita. Per i prestiti di importo superiore a questa cifra è prevista infatti una valutazione dei conti delle aziende da parte delle banche che, per quanto doverosa, fatalmente rallenterà la corsa alla liquidità garantita parzialmente dallo Stato. Mentre i commercialisti sollevano dubbi anche sui termini per la restituzione dei prestiti. Intanto l'Abi insieme alla Sace, che con un ombrello da 200 miliardi si occuperà di fornire garanzie sui prestiti alle imprese medio grandi, hanno avviato un gruppo di lavoro per rendere al più presto operative le nuove disposizioni.

Decreto imprese: copertura piena solo fino a 25 mila euro, per gli altri finanziamenti soglia al 90%
 



È però un fatto che le imprese che avranno necessità di accedere a importi superiori a 25 mila euro dovranno affrontare in banca gli ordinari esami di sostenibilità economico-finanziaria. E visti i tempi che normalmente richiedono questi esami, è oggettivo il rischio che il prestito arrivi quando per l'azienda è ormai troppo tardi. Per questo è necessario che le procedure interne agli istituti, relativamente alle richieste legate al decreto Liquidità, vengano in qualche modo accelerate attraverso corsie privilegiate.
Le piccole e medie imprese fanno inoltre osservare che «nel decreto approvato dal governo c'è troppa burocrazia, i prestiti dovrebbero essere in parte a fondo perduto, perché collegati al mantenimento occupazionale, con la restituzione a 10-15 anni anziché sei». Un'esigenza, quest'ultima, che trova fondamento anche nella circostanza che i prestiti andranno a coprire i mancati ricavi provocati dal blocco delle attività produttive: una restituzione in così breve tempo rischia di essere non sostenibile per molte piccole e medie aziende. Su questo punto è assai probabile che il decreto venga emendato in sede di conversione in legge.

IL MECCANISMO
Quanto al meccanismo di assegnazione, come detto per i prestiti fino a 25 mila euro non è prevista alcuna istruttoria: basta una dichiarazione alla banca per ottenerlo. Per quelli compresi tra 25 e 800 mila euro, garantiti dallo Stato e controgarantiti dai Confidi regionali, sarà necessaria una valutazione di merito del credito. Per quelli che superano la soglia degli 800 mila euro la garanzia statale scende al 90% e ancora più in basso mano a mano che l'entità del prestito cresce. Va segnalato che, onde evitare che al prestito accedano società decotte prima del blocco provocato dal virus, vi potranno ricorrere solo le realtà che al 31 dicembre dello scorso anno non avevano procedure di concordato in corso o che comunque si reggevano sulle proprie gambe.
Alla luce dei paletti messi dal governo, è assai probabile che il torrente di liquidità atteso dalle imprese non sgorgherà tanto rapidamente dai rubinetti bancari. Ne sono convinti anche i tributaristi, per i quali «allarmano le tempistiche con cui le imprese riusciranno a entrare in possesso dei prestiti»: per quanto rinviate a fine giugno le imposte di aprile e maggio, queste vanno infatti saldate entro novanta giorni da oggi. «I 400 miliardi messi in campo sono sicuramente una cifra molto importante, uno sforzo sul fronte della liquidità che non può che essere apprezzato. Ora bisognerà però vedere se e quando le risorse arriveranno davvero alle aziende. Purtroppo da questo punto di vista l'esperienza fatta con l'erogazione dei fondi stanziati con il decreto Cura Italia non è stata positiva». E ancora: «Anche i termini per la restituzione non ci convincono: due anni per il preammortamento e sei anni per la restituzione ci appaiono insufficienti», avverte il presidente del Consiglio dei commercialisti Massimo Miani.
Intanto governo e opposizioni si spaccano sul Cura Italia, il decreto di marzo, con il governo che alla fine ha deciso di porre la fiducia.
Per Giorgia Meloni è stata «smascherata la farsa». Fratelli d'Italia aveva presentato un pacchetto di emendamenti che andavano dalla sospensione del decreto Dignità, fino a un bonus da 1.000 euro alle famiglie con disabili a carico, passando per la restituzione delle rette scolastiche per nidi e scuole dell'infanzia.

Ultimo aggiornamento: 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA