Coronavirus, la paura affossa le Borse: Piazza Affari giù del 5% Pil, già persi 700 milioni

Martedì 25 Febbraio 2020 di Rosario Dimito e Jacopo Orsini
Coronavirus, la paura affossa le Borse: Piazza Affari giù del 5% Pil, già persi 700 milioni
ROMA Il Coronavirus contagia anche i mercati e scatena il panico a Piazza Affari. La crescita dei casi registrati in Italia spaventa gli investitori, che ieri hanno venduto quasi tutto, e costringe gli analisti a rivedere le previsioni sulla crescita tricolore. Secondo una stima della Cassa depositi e prestiti (Cdp), al momento la crisi potrebbe costare oltre 700 milioni di Pil. Il coronavirus affonda le Borse mondiali, che bruciano complessivamente più di 1.000 miliardi di dollari.

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La paura che l'impatto delle misure per contenere l'epidemia possa essere pesante sull'economia italiana, e in particolare su due delle regioni più ricche, Lombardia e Veneto, affossa l'indice guida della borsa milanese. L'Ftse Mib chiude la seduta con un crollo del 5,4%, il ribasso più marcato dal -12% del 26 giugno del 2016, il giorno dopo il voto sulla Brexit, e cancella 30 miliardi di capitalizzazione. Scivolano anche gli altri listini europei, ma i ribassi sono più contenuti: Francoforte e Parigi cedono il 4%, Londra il 3,3%. In tutta Europa si calcola che siano andati in fumo oltre 350 miliardi. Risale anche il differenziale di rendimento tra Btp e Bund tedesco, termometro della fiducia dei mercati sul Paese: lo spread tocca quota 145 punti base, dai 134 di venerdì scorso.
Sul listino milanese crollano le azioni della Juventus (-11,8%) e i titoli del lusso (Ferragamo perde l'8,9%), ma vanno giù anche le banche, e i due colossi Eni ed Enel. Molti i titoli sospesi per eccesso di ribasso. Sulle altre piazze male i titoli delle compagnie aeree: easyJet arretra del -16,7%, Ryanair del 13,8% e Air France dell'8,7%.

I viaggi e il turismo sono infatti fra i settori destinati a risentire di più dell'emergenza a causa della paura che bloccherà gli spostamenti e delle misure prese per limitare il contagio. Affondano comunque tutti i listini del mondo: a Wall Street l'indice Dow Jones cede il 3,5%, mentre in Corea del Sud, uno dei paesi più colpiti dal virus, il mercato di Seul perde il 3,9%. Gli investitori si rifugiano invece su beni considerati sicuri come l'oro (balzato a 1678 dollari l'oncia, ai massimi da oltre 7 anni) e i titoli di Stato americani. Lo scatto delle quotazioni dei bond Usa ieri ha fatto scendere i rendimenti verso i minimi storici. La prospettiva di una gelata dell'economia globale sgonfia invece ancora le quotazioni del petrolio (-5%).

«Ci aspettiamo un impatto negativo fino a 2 punti percentuali per il Pil cinese e anche l'Italia avrà un danno economico derivante dall'emergenza emersa in questi giorni», afferma Matteo Ramenghi, capo degli investimenti di Ubs Wm Italy. «L'entità potrà dipendere dalla rapidità con la quale il focolaio di epidemia verrà messo sotto controllo». Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha stimato che l'impatto del coronavirus sul Pil dell'Italia potrebbe essere superiore allo 0,2%. La diffusione del contagio intanto spinge gli analisti a rivedere al ribasso anche le stime sugli Stati Uniti: Goldman Sachs prevede ora una crescita dell'1,2% contro il +2% di gennaio. In questo quadro di pessimismo c'è tuttavia chi non perde la fiducia: «Acquistiamo aziende da possedere per 20 o 30 anni. E crediamo che le prospettive a 20 e 30 anni non sono state cambiate dal coronavirus», assicura Warren Buffett, guru americano 89enne dei mercati azionari.

LE PREVISIONI
Intanto, secondo una recente stima di Cdp di cui Andrea Montanino è il chief economist officer, il virus potrebbe costare all'economia italiana oltre 700 milioni. Il danno si inserisce in un contesto di bassa crescita nazionale, confermata dalle stime di crescita del pil, diffuse dall'Istat, che hanno indicato una chiusura del IV trimestre 2019, in contrazione dello 0,3%. Nella ricerca si legge che la Sars causò la perdita di un punto percentuale di pil della Cina nel solo 2003, ma che l'impatto sull'economia globale fu più limitato (0,1% del pil) a causa del ruolo non ancora dominante della Cina nel commercio internazionale.

Oggi l'impatto del coronavirus sull'economia italiana potrebbe aumentare se la crisi dovesse estendersi nel tempo. In questa ipotesi si innescherebbero fenomeni come l'interruzione definitiva dell'attività di alcune nostre imprese, la cancellazione di piani di investimento o la riduzione prolungata della domanda cinese di prodotti italiani.

Tra gli effetti diretti potrebbe esserci la contrazione delle esportazioni. L'esposizione italiana verso la Cina è contenuta, rappresentando solo il 2,8% delle nostre esportazioni di beni, pari a 13 miliardi. Poco meno di un terzo delle vendite è rappresentato dalla meccanica strumentale, seguita da moda e chimica-farmaceutica. Questi tre settori, sommati, valgono oltre la metà di tutte le nostre esportazioni verso la Cina. A fine 2003 dopo la riduzione della domanda cinese di prodotti italiani dovuta alla Sars, il nostro export verso la Cina, aveva registrato una contrazione del 4,2%, Se oggi si registrasse una riduzione delle stesse proporzioni, l'impatto sulla nostra economia sarebbe contenuto (550 milioni) pari a circa lo 0,12% del nostro export complessivo di beni.

 
Ultimo aggiornamento: 22:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA