Confindustria Nordest, due anni per la fusione tra Veneto e Friuli Venezia Giulia

Giovedì 24 Giugno 2021 di Maurizio Crema
Giuseppe Bono e Enrico Carraro

VENEZIA - Il cantiere è aperto: due anni per arrivare a costruire la Confindustria del Nordest. I presidenti delle organizzazioni regionali di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Enrico Carraro e Giuseppe Bono, ieri hanno firmato la lettera d'intenti per la fusione tra le due realtà.

Costituito a questo scopo un tavolo permanente di coordinamento. Ora la parola passa alla base associativa per «recepire istanze e proposte» valorizzando le specificità dei territori. «Vogliamo rappresentare al meglio un'area da Verona e Trieste dove le esigenze delle imprese sono omogenee e i problemi da risolvere gli stessi. C'è la necessità di progetti infrastrutturali integrati, di dare più spinta all'innovazione e allo sviluppo», spiega Carraro, che puntualizza: «Alla fine non saremo noi a decidere bensì le nostre territoriali, che oggi hanno già dato l'appoggio all'operazione». Dunque anche il dissenso di Udine appare rientrato. «Udine aveva già approvato quest'operazione che ha una sua strada, il percorso di aggregazione tra le associazioni territoriali in Friuli Venezia Giulia sta progredendo», rivela Bono.

PORTE APERTE

Porte aperte ad altre realtà regionali. «Confindustria Nordest - sottolinea Carraro - sarà aperta a Emilia Romagna e Trentino e Alto Adige, che sanno già del nostro progetto. Veneto e Friuli Venezia Giulia sono il nucleo di un'aggregazione che vuole essere più vasta. Lavoriamo a un protocollo inclusivo». Di certo non si tratta di una fuga in avanti. «Roma è informata e ha dato il suo consenso all'aggregazione, la nostra non è come la superlega del calcio», la battuta di Bono che sgombra il campo da eventuali scomuniche dal nazionale per violazione dello statuto Pesenti. Qualche idea sul futuro governo di Confindustra Nordest c'è già. «La governance sarà unica, come il presidente, ci sarà poi un delegato per ogni territorio», spiega Carraro: «Una volta tanto il Nordest è innovativo, siamo i primi in Confindustria a ipotizzare di superare i confini amministrativi con una formula che potrà diventare modello per tutto il sistema - aggiunge l'imprenditore che guida il Veneto -. Ma alla base di tutto restano le territoriali e il loro legame con gli associati che rimangono i nostri azionisti di riferimento». Confindustria Nordest serve ad altro: «Dovrà essere un interlocutore per la politica e dare un contributo allo sviluppo del territorio in un momento decisivo come l'attuale, con un governo che sta facendo bene che ha davanti un'occasione storica, il treno del recovery passa solo una volta nella vita». Confindustria Nordest sarà una lobby per far pesare le sue 15mila imprese sui tavoli delle istituzioni e della politica. Il cervello di questa nuova Confindustria allargata sarà Fondazione Nord Est. E una delle partite cruciali sarà quella delle infrastrutture. «In Italia non abbiamo grandi porti, Trieste e Genova sono solo di passaggio - l'esempio di Bono - per farli crescere si dovrebbero sviluppare le funzioni logistiche. Venezia in qualche modo questo lo fa, ma ha il problema della sua laguna: io rilancerei il progetto dell'Idrovia padana e a quel punto sarebbe più semplice fare il grande porto a Padova».

PORTI E PADOVA

Una provocazione che arriva nel giorno in cui le Regioni di Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte si spartiscono 150 milioni per finanziare lo sviluppo della navigazione interna. «Di Idrovia padana se ne parla da 50 anni e non si è fatto molto - dice Carraro -. Oggi abbiamo i soldi, le intelligenze, la volontà politica per affrontare anche questi progetti». Un altro campo d'azione della futura Confindustria del Nordest è quello dell'export. «Insieme potremo aiutare meglio le piccole imprese - osserva Bono - ma il Nordest ha anche turismo, agricoltura, qui c'è tutto. Quello che serve è metterlo a sistema e valorizzarlo». Ce la farà Confindustria ad abbandonare le logiche di campanile? «Il mondo sta cambiando e avanzano nuovi paradigmi di sviluppo. Sfide che chiamano ad un'azione comune anche il sistema della rappresentanza - avverte in una nota Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro -. Ogni processo che va nella direzione di sperimentare nuove forme sovra-territoriali di rappresentanza, di messa a fattor comune di eccellenze e indirizzi comuni sulle politiche industriali, del lavoro, welfare, infrastrutture, è un'impulso positivo che va verificato fino in fondo. E che richiederà un grande lavoro di approfondimento, coinvolgimento e condivisione della base associativa». Un'apertura di credito, senza sconti. Sarà per questo che per ora non si parla di fusioni tra le società di servizio. All'orizzonte però c'è un altro passaggio cruciale: la fine del blocco dei licenziamenti. «Il nostro problema oggi è trovare le persone giuste da assumere non licenziare - sostiene Cararro -. Molti lavoratori rimangono incastrati dalla cig e non passano in altre realtà più performanti». «Il governo dovrebbe individuare le aziende che ce la possono fare a superare la crisi e organizzare dei processi formativi per i lavoratori di quelle che invece non hanno futuro per aiutarli a trovare nuovo impiego. Servirebbero dei centri specializzati per questo». Idea lanciata giù da Bono mesi fa, ma il primo luglio è domani. E i capitani d'industria del Nordest non vogliono altre proroghe del blocco.

Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 10:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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