Cartelle, il salvagente per le rate saltate: licenziamenti bloccati fino a dicembre

Martedì 27 Ottobre 2020 di Andrea Bassi
Cartelle, il salvagente per le rate saltate: licenziamenti bloccati fino a dicembre

I nastri sembrano riavvolti.

Man mano che passano i giorni sembra quasi di rivere il remake di un film già visto a marzo. I contagi che salgono, le terapie intensive che si riempiono, il governo costretto a dolorose misure di chiusura delle attività economiche e al finanziamento di «ristori» per i settori coinvolti. A marzo si era partiti con un decreto che doveva stanziare 3 miliardi, poi diventarono 25, per poi salire a 75 e, infine, a 100 miliardi. Tutti finanziati in deficit. Ma stavolta, se il film sembra avere la stessa trama, il finale difficilmente potrà essere lo stesso. Per quest'anno il governo ha spazi di manovra strettissimi e, almeno per ora, non c'è l'intenzione di finanziare altre misure in disavanzo. I cinque miliardi del decreto che sta per essere approvato saranno ricavati da quelli che i tecnici definiscono gli avanzi dei precedenti provvedimenti.

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I congedi al 50% dello stipendio per i genitori costretti a casa con i figli durante il lockdown non sono stati interamente spesi. Il bonus vacanze, sul quale pure erano stati appostati 2,4 miliardi di euro, è stato un flop. Persino il Reddito di emergenza non è riuscito ad esaurire tutte le risorse che il governo aveva messo a disposizione. Nel decreto ci sarà la proroga della Cassa integrazione fino a dicembre, che si porta dietro il blocco dei licenziamenti. I sindacati chiedono già di arrivare fino alla prossima primavera. Ma la domanda in realtà, è: questi cinque miliardi basteranno a raffreddare il clima incandescente che si respira nel Paese? Il decreto che ha stabilito il lockdown soft durerà fino al 24 novembre, ma già circola l'idea nel governo di alleggerire le misure prima se i contagi inizieranno a scendere. Altrimenti c'è la concreta possibilità che dovranno essere adottate altre misure economiche più incisive e, allora, il problema di dove prendere i soldi si porrebbe pesantemente.


Anche perché all'interno del governo le spinte continuano ad essere contrapposte. Basta prendere il caso delle cartelle esattoriali. Parte del Pd con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, e con Leu, voleva far ripartire le notifiche degli agenti della riscossione. Italia Viva e il Movimento Cinque Stelle hanno dovuto combattere una battaglia durissima per prorogare il blocco delle cartelle e dei pignoramenti fino alla fine dell'anno. In una situazione delicatissima, con i limiti di orario ai ristoranti, le chiusure delle palestre e delle sale giochi, i 50 miliardi di cartelle esattoriali congelate nei cassetti dell'Agenzia, avrebbero rischiato di scattare come un detonatore. Tanto che già si inizia a ragionare, nella prossima legge di Bilancio, non solo di nuove moratorie, ma anche della possibilità di riammettere alla rateizzazione coloro che sono decaduti dal beneficio senza l'obbligo di dover pagare in una sola soluzione tutti gli arretrati. Nella maggioranza c'è chi spinge per una rottamazione. Ma, ancora una volta, c'è il no di Pd e Leu. L'imperativo del governo, per adesso, sembra quello di arrivare al 31 dicembre. Perché dal primo gennaio le risorse ci saranno. Ci sono i 25 miliardi dello scostamento di bilancio autorizzato dal Parlamento. E ci dovrebbero essere i primi 15 miliardi degli aiuti europei. Somme che erano state apposte per mettere in moto il Paese, rilanciare gli investimenti, dare slancio alla ripresa che si stava riaffacciando. Il timore, invece, è che ora parte delle risorse debba essere ancora una volta dirottato sull'emergenza.


LE IMPLICAZIONI
Con le implicazioni che questo comporta. La prima è il rinvio della ripresa. Ieri il Commissario europeo Paolo Gentiloni ha ammesso che la «ripresa sta perdendo velocità». Il primo trimestre del 2021 sarà meno incoraggiante del previsto. Per l'Italia è un problema. Qualche giorno fa l'Ufficio Parlamentare di Bilancio ha spiegato che già sui conti di quest'anno c'è molta incertezza. La seconda ondata potrebbe costare un paio di punti di Pil. Significa che invece di un meno 9 l'Italia rischia di fare un meno 11 di crescita. Con tutto quello che comporta. Nei primi otto mesi dell'anno non solo il governo ha dovuto stanziare 100 miliardi per l'emergenza, ma ha anche registrato un calo delle entrate tributarie e contributive di 32,2 miliardi. La sola chiusura del settore del gioco legale fa perdere 600 milioni al mese. Il debito viaggia verso il 158% del Pil. A tenere a galla tutto, in attesa che l'Europa trovi un accordo sui soldi del Recovery, è la Banca centrale europea.

Ultimo aggiornamento: 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA