Pane, latte e verdure, ecco il caro spesa: 1.500 euro a famiglia

La corsa delle bollette e il volo dei prezzi delle materie prime cominciano a farsi sentire pesantemente anche nel carrello

Giovedì 21 Ottobre 2021 di Francesco Bisozzi e Carlo Ottaviano
Pane, latte e verdure, ecco il caro spesa: 1.500 euro a famiglia

Il conto è salato. L’impennata dei prezzi al consumo, innescata dal caro energia e dall’aumento del costo delle materie prime in generale, secondo il Codacons rischia di costare in autunno alle famiglie italiane 1.500 euro di maggiori spese.

Lancia l’allarme anche il Centro studi di Confcommercio, che a ottobre prevede un aumento del 3 per cento su base annua dell’indice nazionale dei prezzi al consumo.

Impennata dei prezzi

«L’aggiornamento dell’Istat verrà pubblicato alla fine del mese, a settembre era stato registrato un incremento del 2% che questo mese temiamo possa essere più severo», spiega il responsabile del Centro studi Mariano Bella. Solo per l’acquisto di generi alimentari e bevande analcoliche, calcola Confcommercio, a ottobre le famiglie potrebbero spendere l’1,5% in più rispetto a un anno fa, ossia circa 475 euro in media. Ma per toccare con mano lo spread del carrello della spesa basta aguzzare la vista al supermercato. Prendete la zucca, simbolo di Halloween: oggi viene in media due euro al chilo, circa il 25% in più rispetto a un anno fa stando alle rilevazioni di Italmercati. 


IL FENOMENO


Sale il costo del pane, in alcuni casi fino al 10%. Un chilo di carne macinata si aggira tra i 9 e i 10 euro, il 5 per cento in più del 2020. Rincari simili pure per il latte: quello senza marchio viene venduto in media a 1,40 euro. Per un chilo di patate si spendono in media 1,20 euro al chilo (+30%). «Il maggiore costo delle materie prime, dopo aver spinto verso l’alto il costo dell’energia, può fare altrettanto con i prezzi di beni e servizi che in teoria dovrebbero essere al riparo da queste oscillazioni», prosegue Mariano Bella. Insomma, il responsabile del Centro studi di Confcommercio parla di un possibile effetto travaso.

Risultato? A meno di un’inversione di rotta a Natale la stangata si preannuncia colossale. Sempre per il Codacons l’impennata dei prezzi innescata dall’aumento del costo della luce, del gas, del carburante e delle materie prime in generale si tradurrà, a Natale, in una maggiore spesa per l’acquisto di generi alimentari pari a 100 milioni di euro. Dietro l’angolo il caro panettone. Ecco come aumenterà la spesa degli italiani secondo il Codacons: previsti aumenti del 10% su pasta, pane, pandori, panettoni e dolci lievitati, del 2,5% su pesce, carni e salumi, del’1,55% su spumante e vino, e del 2,7% su ortaggi, frutta fresca e secca. Spiega Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati: «Gli aumenti sono prevalentemente legati a fattori esterni e questo dimostra la convenienza dell’ortofrutta italiana, stabile o addirittura in diminuzione rispetto allo scorso anno». Nel frattempo sono gli agricoltori a pagare maggiormente gli aumenti dei costi di produzione. A seguire le industrie di trasformazione. 

FRUTTA E VERDURA
Per i prodotti 
in serra
i maggiori rialzi

Problemi energetici, logistici e metereologici all’origine dell’impennata dei prezzi dei prodotti freschi. Se il record delle banane (+ 71% rilevato da Italmercati) è stato causato da ripetuti blocchi al porto di Genova, per le pere (+26%) il problema nasce dalla micidiale cimice asiatica che ha colpito le coltivazioni nel Centro Nord. In vista pesanti aumenti per i pomodori (attualmente stabili), così come per altre coltivazioni in serra a causa dei maggiori costi di energia. La siccità ha penalizzato perfino il più economico dei cibi, le patate che raramente avevano superato l’euro al chilo. Da segnalare l’incredibile controtendenza di arance ( -310% in un anno) e limoni (-78%). 

PANE 
Tra Roma
e Milano
da 2,5 a 5 euro

A Roma il prezzo medio del pane potrebbe presto sforare la soglia dei 2,5 euro al chilo, mentre a Milano rischia di arrivare fino a 5 euro. Il Codacons teme aumenti medi del 10 per cento. Pesa, come ribadito da Assopanificatori Confesercenti, l’aumento dei prezzi delle farine. Per quanto riguarda quelle di frumento tenero, se si mette a confronto il prezzo della prima settimana di ottobre di quest’anno con quello di ottobre 2020, l’incremento registrato è del 24%, mentre per le semole di frumento duro, vendute oggi a 731 euro a tonnellata, è superiore all’80%. Claudio Conti, presidente di Assipan Confcommercio: «Il consumo medio pro capite in Italia è pari a 60 grammi al giorno, in pochi dunque si accorgeranno dell’impatto dei rincari».

SPUMANTI
Il brindisi
di Natale vale
il 20% in più

Rischia di essere più caro del 20% il tradizionale brindisi di Natale. I costi della vendemmia 2021 sono schizzati in su perché a causa del clima c’è stata minore produzione di uva, ma anche migliore qualità (e quindi valore maggiore). Ma a determinare il costo finale di una bottiglia sono pure altre voci come il vetro, il tappo, l’imballaggio. «Costi che equivalgono – secondo l’Unione Italiana Vini – a una bolletta da 800 milioni di euro milioni di euro che i produttori stanno già pagando alla crisi di materie prime, trasporti ed energia». I prezzi delle bottiglie di vetro sono aumentate in un anno del 20%, la carta delle etichette del 60%, il legno delle cassette del 53%. 

LATTE
Lievitano
i costi
nelle stalle

«Il prezzo del latte nelle stalle, spesso non copre neanche i costi di produzione». Ettore Zuccaro, di Confagricoltura Piemonte, indica aumenti del costo del mais del 50% e addirittura del 60% dei semioleosi. «Principalmente – spiega - per l’accaparramento di materia prima da parte della Cina. Poi, oltre ai maggiori costi dell’energia e dei fertilizzanti, è crollata del 30% la produzione di fieno a causa della siccità». A cascata potrebbero risentirne i formaggi. «Per ora – afferma Domenico Raimondo del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana – è stato il senso di responsabilità dei trasformatori a evitare l’aumento, nonostante i costi di produzione lo richiederebbero». 

CARNE
Timori 
per l’impatto
sulla qualità

Il “modesto” 5% di incremento del costo della carne al dettaglio nell’ultimo anno nasconde uno squilibrio che potrebbe esplodere penalizzando i consumatori sul versante della qualità. A contrastarsi sono da una parte gli allevatori, dall’altra le catene di distribuzione. Oggi una carcassa bovina costa esattamente quanto 30 anni fa (4,5 euro al chilo contro 9 mila lire del 1990), nonostante l’inflazione e gli aumenti record di alcune materie prime. «Non è accettabile», afferma Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. «Così si rischia di mettere a dura prova la sopravvivenza stessa dell’intero settore della carne, peraltro aumentando la nostra dipendenza dall’estero». 

CAFFÈ
La tazzina
rischia di salire
fino a 1,5 euro

Una tazzina di caffè al bar potrebbe arrivare a costare fino a 1.50 euro. La galoppata dei prezzi non risparmia nemmeno una delle “pause” preferite dagli italiani. Oggi piccoli e medi torrefattori si trovano costretti a rivedere al rialzo il valore delle miscele che vendono a bar e ristoranti del 7-10 per cento. Secondo Fipe Confcommercio, la federazione che rappresenta i pubblici esercizi, da inizio anno il prezzo delle miscele è cresciuto addirittura del 20 per cento. Insomma, gli effetti dell’aumento delle materie prime sui prezzi per i consumatori si vedono già a colazione. Tra le prime regioni per produzione di macinato di qualità spicca il Piemonte (90 torrefazioni attive). 

Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA