La parola "patto" la pronunciano entrambi. Prima il leader degli industriali, Carlo Bonomi, convinto che i 208 miliardi di fondi europei che l'Italia avrà a disposizione siano l'ultima occasione del Paese. Perché se non dovesse funzionare per scelte errate, ha aggiunto senza mezzi termini rivolto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, «non andrà a casa solo lei, ma ci andremo tutti». Poco dopo la parola "patto" l'ha pronunciata anche il premier, certamente convinto che senza l'apporto degli industriali sarà difficile agganciare la ripresa e portare il Paese fuori dalla crisi.
I temi sul tavolo
Ma trovare un minimo comun denominatore tra le idee di Confindustria e quelle del governo è una operazione molto più che complessa.
Bonomi, insomma, vorrebbe anche per l'Italia un piano alla francese che, però, non è all'orizzonte. Anche Conte, come detto, ha pronunciato la parola "patto". Ma lo ha fatto rilanciando il ruolo del pubblico, la mano dello Stato che dovrebbe affiancare i privati negli investimenti. Un interventismo che da Autostrade ad Alitalia, dalla rete unica all'Ilva, è visto con diffidenza dagli industriali. Bonomi, comunque, ha deciso di vedere il bicchiere mezzo pieno. Quella di Conte, ha detto, «è stata un'apertura molto forte». Ora bisognerà vedere a cosa porterà. Se il governo prenderà in qualche considerazione quella sorta di "manuale della ripresa", un libro di 385 pagine intitolato "Il coraggio del futuro, Italia 2030-2050", consegnato ai rappresentanti del governo. E se lo farà anche a costo di perdere qualche simpatia da parte dei sindacati, che ieri, attaccati da Bonomi sul rispetto degli accordi sui contratti, si sono subito messi sulla difensiva.
L'appello a Conte
«Servono scelte per l'Italia del futuro. Scelte anche controvento. Serve il coraggio del futuro», continua Bonomi. E poi, parlando a Conte: «Presidente, lei ha detto: 'se sbaglio sull'utilizzo del Recovery Fund, mandatemi a casa'. No, signor presidente. Se si fallisce, nei pochi mesi che ormai ci separano dalla definizione delle misure da presentare in Europa, non va a casa solo lei. Andiamo a casa tutti. Il danno per il Paese sarebbe immenso». E avverte: «Non ce lo possiamo permettere. È tempo di una azione comune, oppure non sarà un'azione efficace».
E ancora: «Ripeto oggi, signor presidente del Consiglio, quanto ho detto due mesi fa agli Stati generali: il compito che vi spetta è immane, nessuno può e deve sottovalutarne le difficoltà. Bonomi si rivolge direttamente al premier Giuseppe Conte, all'assemblea degli industriali: sottolinea che il Paese è «reduce da 25 anni di bassa crescita e bassissima produttività», e sottolinea che ora serve «un quadro netto di poche decisive priorità«, »strumenti e fini per indirizzare la politica economica e industriale dell'Italia». E avverte: «Serve una rotta precisa per dare significato complessivo alle misure, e per tracciare la rotta serve un approdo sicuro».
Il Mes
«Nell'entusiamo per i 208 milioni che ci vengono dall'Europa, e che si aggiungono al Sure e alle nuove linee di credito Bei, tende a svanire l'attenzione sul danno certo per il Paese se il Governo rinuncia a Mes sanitario privo di condizionalità», prosegue Bonomi. «Non vorremmo trovarci un domani a constatare che l'onere della parte di Recovery Fund percepita in trasferimenti sia finanziato con nuove tasse solo a carico delle imprese, specie di quelle che producono e danno occupazione in Europa: plastic tax, carbon tax, web tax o quel che si voglia»