Blocco dei licenziamenti, con lo stop esteso ad agosto più difficili le ristrutturazioni

Domenica 23 Maggio 2021 di Michele Di Branco
Blocco dei licenziamenti, con lo stop esteso ad agosto più difficili le ristrutturazioni

Il blocco dei licenziamenti, un unicum a livello mondiale, di fatto prosegue.

Nel pacchetto lavoro da 5 miliardi messo a punto dal governo con il decreto Sostegni-bis figura una norma, voluta all’ultimo dal ministro Andrea Orlando, che riduce ancora per qualche mese gli spazi di manovra a disposizione delle imprese che puntano a ridurre le piante organiche aziendali. Nel dettaglio, le aziende che faranno richiesta di cassa integrazione ordinaria non pagheranno il contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021, ma non potranno licenziare durante il periodo in cui ne usufruiranno. Una novità che si aggiunge alla proroga, fino al 28 agosto, del blocco dei licenziamenti per le aziende che chiedono la cig Covid dall’entrata in vigore del decreto entro la fine di giugno. In totale le settimane a disposizione restano 13 fino al 30 giugno. 

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Un blocco selettivo dei licenziamenti utile, secondo Orlando, in quanto non tutti i settori vivono le stesse difficoltà: «Dobbiamo tornare progressivamente a meccanismi ordinari e questa norma mirata lo fa, cercando di difendere quanto più possibile il lavoro». Sula sua opinione però si è scatenata l’ira di Confindustria, sollevando questioni di metodo e affidabilità del titolare del dicastero del Lavoro, si oppone con determinazione osservando, tra l’altro, che le previsioni sulla massa dei potenziali licenziamenti - fino a 1 milione si è detto - sono artificiosamente gonfiate dai sindacati.


LE STIME
Del resto, secondo uno studio di Bankitalia i rapporti di lavoro che si sarebbero interrotti in questi mesi, indipendentemente dalla pandemia, e che la misura di blocco dei licenziamenti ha preservato sono circa 240 mila nel 2020 tra le imprese del comparto privato non agricolo e ulteriori 120 mila nel 2021. Quanto agli effetti del provvedimento voluto da Orlando, fonti di Viale dell’Astronomia fanno notare che se la norma dovesse essere interpretata in senso estensivo, la cassa integrazione concessa per uno soltanto degli stabilimenti produttivi di un’azienda pluri-localizzata determinerebbe la proroga del divieto di licenziamento per l’intera azienda, e quindi per tutti gli altri stabilimenti. Non solo.

A giudizio di Confindustria, nell’ultimo anno il punto di equilibrio tra cassa integrazione Covid e blocco dei licenziamenti si è fondato su un patto per cui lo Stato limitava la “recedibilità” dal rapporto di lavoro, costituzionalmente garantita, facendosi carico (con il riconoscimento della cassa integrazione emergenziale) dei costi del personale. Un patto che, avvertono gli industriali, ora verrebbe meno, scaricando parte dei costi della crisi pandemica solo sulle imprese. Infatti, rispetto alla cassa integrazione Covid prevista e concessa dal decreto Sostegni uno, con un effetto che era quello della proroga del divieto di licenziamento al 30 giugno, si sostituisce quell’effetto con un nuovo e diverso effetto che è la proroga del blocco dei licenziamenti per altri due mesi. In altre parole, la norma del governo, tradendo quanto confermato dal Parlamento in sede di conversione del Sostegni uno, attribuisce all’utilizzo di quella cassa integrazione un nuovo prolungamento del divieto di licenziamento. Un impianto, peraltro, ai limiti dell’incostituzionalità.


Fuori dalle eccezioni individuate dal decreto Sostegni-bis, il 30 giugno sarà l’ultimo giorno in cui sarà in vigore il divieto, per le aziende di qualsiasi dimensione, di ricorrere a licenziamenti collettivi, individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo. Dunque gli allontanamenti saranno possibili in tutti i casi in cui l’interruzione del rapporto avviene per volontà del datore di lavoro, a causa di ragioni legata all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento. Gli esempi sono molti: tra questi, soppressione della mansione o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, anche a seguito di una ridistribuzione delle funzioni; riduzione degli stanziamenti pubblici e crisi economica conseguente ad un calo di fatturato. 
 

Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 21:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA