Benzina, su un pieno da 100 euro che percentuale va allo Stato? E ai gestori? Il raffronto tra Italia e Ue

L'Italia è uno degli Stati in cui le accise pesano di più

Venerdì 13 Gennaio 2023 di Andrea Bulleri
Quasi il 60% del prezzo finale finisce in tasse. Il resto va diviso tra costo della materia prima, intermediari e gestori

Un pieno da cento euro nel serbatoio dell'auto? Quasi 60 finiscono nelle casse dello Stato.

I restanti 40, invece, prendono tre strade diverse: in parte coprono il costo industriale del carburante, in parte ripagano intermediari, trasportatori e grossisti, e in (minima) parte diventano il guadagno dei gestori della pompa. Sembra un paradosso, ma è al realtà con cui - da sempre, in pratica - fanno i conti ogni giorno milioni di automobilisti. La maggior parte di ciò che spendiamo per mettere benzina non va nel serbatoio ma finisce in accise e tasse come l'Iva, che sul carburante pesa per il 22%. 

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Per capire quanto pesano le varie componenti nel prezzo della verde, basta osservare i dati pubblicati settimanalmente dal ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Gli ultimi risalgono al 9 gennaio, e prendono in analisi i prezzi praticati al distributore nella prima settimana del mese in corso. Secondo il ministero,il prezzo medio della benzina in quel periodo ammontava a 1,812 euro al litro. Importo sul quale pesano ben 1,054 euro tra accise e imposte. Nel dettaglio: 0,326 servono a coprire l'Iva del 22%, mentre 0,728 sono il risultato di una lunga serie di accise introdotte dallo Stato da più di ottant'anni a questa parte.

Cosa resta ai distributori

Nel portafogli del distributore, in sostanza, restano poco più di 75 centesimi al litro. Con cui bisogna ripagare il prezzo industriale della verde, che pesa per circa un terzo del prezzo finale, oltre ai costi di stoccaggio, trasporto, distribuzione e il guadagno dei vari intermediari. In pratica, al gestore della stazione di servizio - alla fine di tutti i passaggi - rimane in mano, per ogni litro di benzina, circa il 10-12% del prezzo alla pompa. Intorno ai 18 centesimi al litro. Su cui l'esercente dovrà ovviamente pagare ulteriori tasse, visto che si parla non di un guadagno ma di fatturato "lordo". 

Leggermente diversa la situazione per quanto riguarda il gasolio: a fronte di un prezzo medio più alto di 1,868 euro al litro, la componente fiscale dell'Iva pesa per 0,336 euro, mentre quella delle accise "solo" per 0,617. Il netto, in questo caso, ammonta a 0,913. I guadagni però non sono molto maggiori, per i gestori, perché più alti inq uesto caso sono i costi di produzione e distribuzione, dopo che molte raffinerie dedicate negli ultimi anni hanno convertito la produzione oppure hanno chiuso. 

Il peso delle accise

Non va così in tutti gli altri Paesi europei. Perché l'Italia è uno degli Stati in cui le accise pesano di più. Alcuni balzelli, tra l'altro, risalgono a più di 80 anni fa. Come il contributo introdotto dopo l'invasione italiana dell'Etiopia, nel 1936, ancora presente tra le componenti che gravano sul costo del carburante. E poi l'accisa per la crisi di Suez del 1957, quella dell'alluvione di Firenze del '66 e del terremoto in Irpinia nel 1980. Tra le tasse più gravose, tuttavia, spiccano quelle per il finanziamento della missione Onu in Libano nel biennio '82-'83 (più di 10 centesimi al litro), il contributo per la crisi in Bosnia del '96 (11 centesimi al litro). E poi, più di recente, l'accisa per rispondere alla crisi migratoria della Libia del 2011 (4 centesimi al litro) e quella (da 8 centesimi) introdotta nelllo stesso anno con il decreto "Salva Italia". Di fatto, si tratta ormai di un'accisa unica, che come tale viene trattata dai governi (il che spiega appunto anche perché nella "lista" rimangano eventi lontani come la crisi di Suez). 

Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 00:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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