Autonomia, sale il gap: più infrastrutture al Nord. Al Senato le audizioni beffa

Non spesi i fondi per coprire i divari. Al Sud solo il 3% delle linee ad alta velocità

Sabato 20 Maggio 2023 di Andrea Bassi
Più infrastrutture al Nord, con l’autonomia sale il gap. Al Senato audizioni beffa

La questione è stata una sorta di meteora. Se ne è dibattuto per anni, si è pensata una soluzione del tutto parziale per carenza di soldi, si sono fatti un paio di passaggi per trasferire le idee dalla carta alla realtà e, infine, non se ne è fatto nulla. Il risultato continua ad essere un divario che di giorno in giorno diventa sempre più difficilmente colmabile tra le infrastrutture del Nord Italia e quello delle regioni meridionali. Una ricognizione di questo “gap” è stata fatta nell’allegato al Def del 2022, il documento di economia e finanza, sulle infrastrutture.

In quel documento si spiega per esempio che la rete ferroviaria per il Mezzogiorno è ancora una sorta di miraggio. I binari sono concentrati soprattutto nel Nord Est, tra Lombardia e Piemonte. Al Sud ci sono i valori più alti sia di rete non elettrificata (circa il 43% rispetto al 23-24% delle regioni del Nord e del Centro) che di rete a binario semplice (quasi il 70% rispetto al 52% delle regioni del Nord e il 45% di quelle del Centro). 

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L’offerta di posti per chilometro (gomma e ferro) nelle città capoluogo del Sud, ricorda un dossier della Svimez, è meno di un terzo rispetto alla media delle Città del Nord e meno della metà di quelle del Centro. Le linee Alta velocità sono attualmente presenti per appena il 3% nel Mezzogiorno. E se dai trasporti si passa alle infrastrutture idriche le cose non cambiano. In Italia ci sono 530 grandi dighe che, tutte insieme, hanno una capienza di 13 miliardi di metri cubi di acqua. Da sola la Lombardia, con 77 invasi, “possiede” un terzo dell’acqua, 4 miliardi di metri cubi. Gli acquedotti italiani sono un colabrodo, con perdite medie del 42 per cento. Ma ce ne sono alcuni che stanno peggio degli altri. In Abruzzo, in Umbria, nel Lazio, le perdite sono superiori al 50 per cento. In Lombardia sono inferiori al 30 per cento. In Italia ci sono 18.140 depuratori, 4 mila dei quali sono in Piemonte, mentre ci sono 1,6 milioni di cittadini che risiedono soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania, che sono totalmente sprovvisti di acqua depurata. I divari tra le infrastrutture nel Paese sono, insomma, enormi. Questi divari sono ovviamente nati prima dell’autonomia che ancora non c’è. Ma la “perequazione” infrastrutturale, la chiusura dei divari tra il Nord ed il Sud, che dell’autonomia è stato sempre considerato un presupposto non eludibile, è rimasta fino ad oggi solo sulla carta. 

IL PARADOSSO

Paradossalmente, a porre come condizione preliminare la «perequazione» a qualsiasi devoluzione dallo Stato centrale alla periferia, era stato proprio Roberto Calderoli. L’attuale ministro padre della legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale, aveva indicato la necessità di finanziare un fondo per “restituire” al Sud i mancati investimenti in infrastrutture di decenni di mancate opere. Quel fondo è stato costituito solo nel 2020 e dotato di 4,6 miliardi in 10 anni. Una briciola nel mare. Ma nemmeno questi soldi sono mai arrivati a destinazione persi nei meandri dei decreti attuativi. Adesso il disegno di legge sull’autonomia vorrebbe “ripescarli”. Ma la vicenda assomiglia un po’ ai carrarmati di Mussolini. Sono sempre gli stessi.

Una volta che saranno “devolute” a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le tre regioni più ricche d’Italia, buona parte delle loro entrate fiscali, è quasi certo che lo Stato centrale avrà maggiori difficoltà a trovare risorse per colmare i divari infrastrutturali. Il gap insomma, rischia di allargarsi ulteriormente. Le uniche vere risorse oggi a disposizione del Mezzogiorno sono quelle del Pnrr e dei Fondi di coesione. Soldi che sono oggetto di una redistribuzione da parte del ministro Raffaele Fitto i cui confini però, non sono ancora noti. 
 

Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA