Autonomia, energia: rischio Babele. Veneto e Lombardia vogliono anche le competenze su gasdotti e rinnovabili

Con venti sistemi di regole differenti il pericolo del blocco degli investimenti

Sabato 28 Gennaio 2023 di Andrea Bassi
Autonomia, energia: rischio Babele. Veneto e Lombardia vogliono anche le competenze su gasdotti e rinnovabili

 L’elenco delle 23 materie su cui Veneto e Lombardia vogliono “autonomia”, inizia a traballare.

Vistosamente. Dopo la scuola, con gli stipendi più alti per gli insegnanti che si trasferiscono al Nord, a finire sotto la lente è l’energia. Materia strategica per le imprese. Che infatti sono in allarme.

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Energia, rischio Babele

Persino Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, si è detto preoccupato. «Sono un po’ scettico sulle 23 materie», ha detto, «alcune secondo me abbiamo avuto evidenza che vanno quantomeno trattate a livello nazionale, o sovranazionale come l’energia». Una posizione condivisa anche dal presidente degli industriali Carlo Bonomi. Opinione rafforzata anche dal fatto che la rotta del gas e quella dell’energia elettrica si stanno invertendo: non più da Nord verso Sud, ma da Sud verso Nord. Il principale fornitore di gas, dopo il quasi azzeramento dei flussi di metano che dalla Russia arrivavano dal passo del Tarvisio, è diventata l’Algeria, il cui gasdotto approda in Sicilia. Così come il “tubo” libico. Il gas azero arriva in Puglia, a Melendugno, attraverso il gasdotto Tap. Snam ha un progetto da 2,4 miliardi per rafforzare la linea adriatica per portare il metano che approda al Sud, verso i grandi stabilimenti produttivi del Nord. 


IL PASSAGGIO
Lo stesso vale per l’energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili del Mezzogiorno. Allora la domanda che si iniziano a porre gli imprenditori è: che cosa accadrebbe se ogni Regione chiedesse, come hanno fatto Veneto e Lombardia, tutte le competenze sulle grandi infrastrutture energetiche? Prendiamo il Tap, il gasdotto che arriva in Puglia. Se fosse stata la Regione da sola a decidere si sarebbe fatto? La risposta è probabilmente no. E il rigassificatore di Piombino camminerebbe? Non si tratta di questioni secondarie. E per capire quanto in profondità vadano le richieste di Veneto e Lombardia su questi aspetti, val la pena rileggere le bozze di intesa che erano state predisposte nel 2019 e che la legge sull’Autonomia riporta in vita. 


LE PREVISIONI
L’articolo 38 della bozza del Veneto trasferiva alla Regione tutte le competenze per l’autorizzazione di elettrodotti e gasdotti che passavano sul territorio. Non solo. In quel testo c’era (e c’è) anche la regionalizzazione del gettito dell’accisa sul metano “rigassificato” nel territorio. Sulla costa Veneta c’è il più grande rigassificatore italiano, l’Adriatic Lng, in grado di fornire alla rete nazionale 9 miliardi di metri cubi l’anno. Ma cosa accadrebbe, è la domanda, se le Regioni in cui approdano i gasdotti che arrivano dall’Algeria, dalla Libia, dall’Arzebaijan, chiedessero una “tassa sul tubo”? Senza contare la questione dell’estrazione di gas naturale. Il governo Meloni ha deciso di riprendere le trivellazioni in Adriatico, con l’obiettivo di raddoppiare la produzione da 3 a 6 miliardi di metri cubi. Anche con nuove concessioni. E anche entro le 12 miglia. Con gran parte degli idrocarburi estratti da destinare alle imprese italiane a un prezzo calmierato. 


Il governatore del Veneto Zaia, invece, è uno dei grandi oppositori delle nuove ricerche nell’Adriatico. L’autonomia darebbe competenze alla Regione anche in questa materia. Così come anche per tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e fotovoltaici. Quest’ultimo punto sembra in qualche modo stuzzicare anche l’appetito delle Regioni meridionali. «Se una parte della fiscalità prodotta dalle società che sfruttano le miniere delle rinnovabili in Calabria», aveva spiegato qualche tempo fa il presidente della Regione Roberto Occhiuto, «fosse trattenuta dal territorio ci sarebbero vantaggi evidenti per i miei concittadini». 
Il punto tuttavia, rimane sempre lo stesso. Permettere che ogni Regione vada per conto suo sui temi dell’energia è un rischio o un’opportunità? Per investire i soldi del Pnrr nei tempi previsti, il governo centrale ha dovuto mettere mano a profonde semplificazioni, molte delle quali bypassano proprio tutti i processi bizantini di autorizzazione che chiamano in campo le autorità locali. Arrivare a venti diversi sistemi di autorizzazioni e di gestione delle materie energetiche creerebbe il caos. Esattamente quello che temono le imprese che con fatica stanno uscendo dalla crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina. 

 

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