Il governo ha deciso: stop alle automobili nuove con motore a combustione interna entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri l'uscita dai motori più inquinanti dovrà avvenire entro il 2040. È la determinazione a cui si è arrivati al termine della quarta riunione del Comitato interministeriale per la Transizione ecologica (Cite).
Lo switch della produzione
Tempi che sono importanti in un'ottica di switch della produzione, per consentire alle imprese dell'automotive di adeguarsi. «In tale percorso - spiega il Mite - occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di 'neutralità tecnologicà, valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici, ma anche le potenzialità dell'idrogeno, nonché riconoscendo, per la transizione ecologica, il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l'Italia sta costruendo una filiera domestica all'avanguardia». I tre ministri che hanno lavorato sul dossier mobilità hanno valutato che «per quanto riguarda i costruttori di nicchia, misure specifiche potranno essere eventualmente valutate con la Commissione europea all'interno delle regole comunitarie». Un riferimento che potrebbe essere letto come una salvaguardia per il distretto dell'auto attorno a Modena e Bologna che caratterizza le auto di grossa cilindrata come Ferrari e Lamborghini famose proprio per il rombo dei loro motori.
Spinta a veicoli a zero emissioni
La decisione è una spinta verso la produzione di veicoli a zero emissioni. Proprio oggi il ministro dello Sviluppo Giorgetti, parlando all'assemblea della Confederazione nazionale degli artigiani (Cna), ha detto che «la scelta di andare verso l'auto elettrica ha sicuramente una conseguenza, già stimata e precisata: oltre la metà della manodopera che attualmente lavora nella filiera dell' automotive, nel motore a combustione, non lavorerà più in quel settore. Questo è un discorso che è giusto porre, senza fare del terrorismo industriale, però c'è, perché la transizione ambientale non è soltanto rosa e fiori». Giorgetti ha quindi osservato che «bisogna cambiare anche il tipo di cultura con cui affrontiamo questi temi. Formazione continua vuol dire che, durante la propria vita, bisogna anche immaginare di cambiare lavoro. Non esiste più il posto a tempo indeterminato, fisso, esattamente in un luogo per fare quel tipo di lavoro. Esisteranno lavori che, in qualche modo, devono anche seguire le trasformazioni in corso».