Aiuti di Stato Ue, si tratta. Ma Bonomi non li vuole: «Dai fondi 40 miliardi»

Per i leader europei i sostegni dovranno essere «mirati, temporanei e proporzionati». Contro la deregulation che avvantaggia la Germania, anche Danimarca e Paesi Bassi

Venerdì 10 Febbraio 2023 di Giusy Franzese e Gabriele Rosana
Aiuti di Stato Ue, si tratta. Ma Bonomi non li vuole: «Dai fondi 40 miliardi»

«Mirati, temporanei e proporzionati». All’Europa Building di Bruxelles, le trattative tra i leader dei Ventisette sulla politica industriale e sull’ampiezza degli aiuti di Stato sono cominciate, nella serata di ieri, da questi tre punti fermi. È la formulazione, che si è andata via via arricchendo di paletti, per gli aiuti di Stato “liberati” dai governi Ue per competere con i maxi-sussidi americani per le industrie “green” previsti dall’Inflation Reduction Act (Ira) e con la concorrenza globale cinese sulle tecnologie per l’energia pulita. Nei negoziati ogni parola ha un peso e, secondo fonti diplomatiche, «il campo va delimitato il più possibile» per scongiurare una corsa ad armi impari tra i Paesi con maggiori margini d’intervento fiscale, Germania in testa, e quelli ad alto debito e con le mani perlopiù legate, come l’Italia.

L’ASSE

Nella battaglia del summit, il nostro Paese può contare su un asse alquanto insolito nelle consuete dinamiche Ue: quello con i falchi liberisti del Nord Europa, dalla Danimarca ai Paesi Bassi. Proprio gli olandesi, che a Bruxelles spalleggiano tradizionalmente i tedeschi, avrebbero stavolta suonato la carica contro Berlino: «I danni rischiano di essere maggiori dei benefici»; gli aiuti di Stato possono causare «la frammentazione del mercato unico e una dannosa gara dei sussidi». E pure dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen sarebbe arrivato l’altolà per evitare un linguaggio troppo permissivo sulle sovvenzioni nelle conclusioni del Consiglio europeo.
Per l’Italia, il braccio di ferro sui sussidi non può prescindere dall’apertura di un altro fronte: quello della riforma del Patto di stabilità. L’obiettivo è ragionare in ottica di pacchetto, e inserire già in questa bozza di conclusioni un appiglio alla revisione delle regole sulla disciplina dei conti pubblici, che entrerà propriamente nel vivo dopo il prossimo Ecofin, in vista poi del dibattito tra i capi di Stato e di governo nel vertice già in calendario il 23-24 marzo.
Ricondotti gli aiuti di Stato entro un perimetro ragionevole, sul tavolo rimane la grande questione delle risorse comuni: flessibilità da subito sui fondi esistenti, come Pnrr e RePowerEU, da riorientare a sostegno delle imprese; nel medio termine, invece, andranno definiti i contorni del Fondo sovrano promesso da von der Leyen. La discussione si dovrà basare su due valutazioni d’impatto che l’esecutivo Ue dovrà fare nel giro di pochi mesi: non solo degli effetti dell’Ira sulle aziende europee, ma pure delle (eventuali) sproporzioni generate nel mercato unico dal rilassamento della disciplina sugli aiuti di Stato. Per ora, la Germania è salda al comando con il 53% dei sussidi “staccati” per le sue aziende dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, in deroga alle consuete regole Ue. Alle sua spalle la Francia con il 24% e solo in terza posizione l’Italia con il 7%.
A bocciare in modo netto la proposta europea sugli aiuti di Stato è il presidente della Confindustria italiana Carlo Bonomi: avvantaggerebbe in modo sproporzionato la Germania, «è un errore per l’Europa», «il nostro giudizio è negativo» ha detto.

LA RIPROGRAMMAZIONE

Per il leader degli industriali italiani, la strada da seguire è invece quella della «riprogrammazione dei fondi del settennato 2014-2020 non ancora spesi: per l‘Italia ammontano a circa il 40%, circa 40 miliardi». In questo modo - spiega Bonomi che ieri a Bruxelles ha incontrato la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager - si avrebbe «quell‘iniezione di stimolo agli investimenti necessaria per affrontare le transizioni digitale e ambientale». Tra l’altro sarebbe una soluzione veloce e «il fattore tempo è prioritario rispetto alla risposta sulla sfida della competitività, lanciata da Stati Uniti e Cina».
La proposta europea con la deroga agli aiuti di Stato, arrivata ieri sul tavolo del Consiglio, invece, «avvantaggia paesi che più hanno spazio fiscale», a partire dalla Germania. «Giusto per dare due numeri: lo scorso anno sono stati autorizzati 540 miliardi di aiuti di Stato, il 49,3% a favore della Germania, il 29,9% a favore della Francia e solo il 4,7% a favore dell’Italia. Noi riteniamo che serve una risposta comune ma che non sia asimmetrica» spiega Bonomi. E proprio gli stimoli agli investimenti, in particolare di Industria 5.0, sono stati al centro del colloquio avuto dal presidente di Confindustria con la Vestager. «Ho ribadito l’importanza della competitività manifattura europea» ha scritto poi su twitter lo stesso Bonomi. 

Ultimo aggiornamento: 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA