Airbnb ha finalmente concluso un accordo con l'Agenzia delle Entrate riguardo la ritenuta sui redditi degli host non professionali derivanti da locazioni brevi («cedolare secca») in relazione agli anni fiscali dal 2017 al 2021, per un pagamento complessivo di 576 milioni di euro, 53 milioni per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titoli di sanzioni amministrative per le violazioni commesse e 49 milioni di interessi. Lo spiega l'Agenzia delle Entrate dopo la firma da parte di Airbnb dell'accertamento con adesione per chiudere i rilievi relativi alle indagini fiscali condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, riferite agli anni 2017-2021.
«Airbnb non cercherà di recuperare dagli host le ritenute fiscali per questo periodo. Stiamo anche proseguendo il confronto costruttivo con le autorità per quanto riguarda il periodo 2022-2023. - si legge nella nota - L'Italia è un mercato importante per Airbnb. L'accordo di oggi significa che possiamo concentrarci nella continuazione della nostra collaborazione con le autorità italiane in materia di tasse, regole per le locazioni brevi e turismo sostenibile, a vantaggio degli host e degli ospiti».
Ci sono migliaia di host in Italia: oltre tre quarti di loro - ricorda la piattaforma - hanno solamente un annuncio; l'host tipico ha guadagnato l'anno scorso poco più di 3.500 euro. Circa un due terzi (59%) ha dichiarato che i proventi realizzati ospitando gli consente di arrivare a fine mese. Il 15% afferma di lavorare nella sanità, l'educazione o la pubblica amministrazione. La gran parte degli host su Airbnb in Italia sono persone comuni che si affidano alla piattaforma per integrare il proprio reddito familiare. «Auspichiamo che l'accordo con l'Agenzia delle Entrate e le recenti novità normative possano fare chiarezza sulle regole riguardo gli affitti brevi per gli anni a venire» conclude la società.