Ci sarà più Italia nell’Unicredit versione Andrea Orcel.
IL PRECEDENTE DI GHIZZONI
A Ubertalli il nuovo ceo ha dato l’incarico di ritagliare il perimetro italiano di Unicredit creando una sorta di divisione funzionalmente autonoma, con un pro-forma di rendiconto ma non come legal entity. Sarà dotata di tutte le leve per gestire il business pur non essendo indipendente dal punto di vista societario: era il vecchio progetto del 2014 studiato da Federico Ghizzoni, che voleva però societarizzare l’Italia con un costo fiscale di 10 miliardi che fece abortire tutto. Nella logica di Orcel potrebbe avere un senso se da un lato snellisce la holding, ne separa le funzioni ed elimina le duplicazioni. D’altro canto, appena insediato a metà aprile, ai dipendenti Orcel aveva scritto: «Questa banca è un’istituzione veramente paneuropea, le cui origini sono saldamente radicate in Italia, il Paese dove sono nato». Non c’era solo il desiderio di riconquista di una identità dopo l’esperienza francese, dietro quelle parole il banchiere romano lasciava intendere la sua virata strategica con un approccio che ricorda il modello organizzativo ring-fenced del Banco Santander e del Bbva, che accentrano solo strategie e indirizzi lasciando autonomia alla periferia, al contrario delle francesi Bnp e Credit Agricole che accentrano tutto. Quanto a Unicredit, oggi molte funzioni sono concentrate al servizio dei 13 Paesi nei quali è presente dove opera attraverso 16 banche. Unicredit Italy avrebbe 2.229 filiali su 3.480, un bacino di 37 mila dipendenti sugli 81 mila totali, 2,3 miliardi di ricavi su 4,7 miliardi e una quota di mercato del 10,4% quanto ai prestiti. «Per rilanciare l’Italia, dargli un’anima, per la sua indipendenza che non ha mai avuto, è necessaria questa separazione», ripete Orcel ai suoi uomini. Così, sotto Ubertalli ci sarà una prima linea di manager per i rischi, la finanza, i crediti, l’organizzazione, il personale, la compliance. Solo strategia e comunicazione resteranno centralizzate.
GLI SCENARI
Una sperimentazione di questo tipo si presta al sospetto che Orcel voglia creare le condizioni organizzative per una fusione in Italia (con Banco Bpm?) o convogliare gli asset di Mps che dovesse assorbire nell’ipotizzato spezzatino, resistendo al pressing del Mef. Ma non è detto che effettivamente ora il banchiere sia disposto ad annettere Bpm, visto che i valori del titolo sono cresciuti (+ 20% in tre mesi) e che nell’eventualità di un’Opas dovrebbe aggiungere un ulteriore premio. Piazza Meda, dal canto suo, dopo aver dribblato le recenti lusinghe del Mef su Mps, ormai giocoforza deve puntare a una crescita stand alone, aggiornando in tempi brevi il piano industriale fatto a marzo 2020, pochi giorni prima del lockdown. Una correzione strategica dovuta all’impossibilità immediata di una fusione con Bper visto che Unipol, socio forte a Modena, vuole orientarne la crescita aggregando Popolare Sondrio. Anzi, tra Bpm e Bper si potrebbe accendere una competizione in relazione al terzo polo: per ora favorito sembra essere l’istituto guidato da Giuseppe Castagna dopo l’ingresso nella data room di Carige, ma la banca modenese di cui è ad Piero Montani non starà a guardare, anche perché Unipol ha grandi ambizioni.