Effetto Tim sulla ripresa. E sullo sfondo dell'Opa vacilla la “nuvola” di Stato dove migrerà la Pubblica amministrazione

Mercoledì 1 Dicembre 2021 di Andrea Bassi
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l terremoto, per ora, riguarda Tim.

Ma l’onda sismica potrebbe farsi sentire anche sui progetti per la digitalizzazione previsti dal Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. A incidere è soprattutto la discrasia dei tempi.

Quelli che serviranno per fare chiarezza sul destino del principale operatore di telecomunicazioni italiano rischiano di essere lunghi. Quelli necessari al governo per mandare avanti i progetti del Recovery plan sono drammaticamente brevi. Andiamo con ordine. Kkr, il fondo statunitense che ha lanciato un’Opa a 0,505 euro per azione su Tim, ha chiesto alla società di avere a disposizione quattro settimane per poter effettuare una due diligence per confermare la congruità del prezzo offerto. La due diligence non è ancora iniziata, e il consiglio di amministrazione di Tim non ha ancora nominato gli advisor che dovranno affiancarlo nella valutazione dell’offerta. Il governo, invece, ha bisogno di spingere sull’acceleratore di due dei più importanti progetti del Pnrr. Il primo è quello denominato “Italia a 1 Giga”. Il secondo è la gara per il “Cloud nazionale”. In entrambi Tim si candidava, e si candida, a giocare un ruolo di primo piano.

I CONTI

Partiamo dal progetto Italia a 1 Giga. L’obiettivo stabilito dal Pnrr è portare una connessione ad almeno un Gigabit al secondo in download e 200 Megabit al secondo in upload alle unità immobiliari che, a seguito della mappatura delle infrastrutture presenti o pianificate al 2026 dagli operatori di mercato, sono risultate non coperte da almeno una rete in grado di fornire in maniera affidabile velocità di connessione in download pari o superiori a 300 Megabit al secondo. Obiettivo ambizioso sul quale saranno impegnati quasi 3,9 miliardi di euro del Recovery. In quattro anni andranno cablati oltre 6 milioni di “numeri civici”, immobili non raggiunti in modo soddisfacente dalla banda ultra-larga. Entro agosto 2026 questa operazione dovrà essere conclusa e rendicontata. Ma, come avviene per tutte le risorse impiegate del Pnrr, sono previsti dei passaggi di controllo intermedi. Che avranno dei criteri molto rigidi di verifica: non solo dovrà essere stato effettuato l’investimento, ma anche il collaudo. La sanzione è pesante: la perdita e la restituzione dei fondi ricevuti. Una prima verifica dovrebbe esserci già nel 2023. Più che andare di fretta, insomma, il governo ha bisogno di mettere le ali ai piedi. I bandi di gara sono attesi per gennaio del 2022. Il sistema scelto per aggiudicarlo è «a incentivo». Verrà cioè dato un incentivo alle società per coprire con tecnologie che garantiscano una velocità adeguata alle aree incluse nel piano. Le reti, alla fine, rimarranno di proprietà delle società stesse. Un modello diverso, insomma, da quello usato per Open Fiber per coprire le aree bianche.

L’OPERAZIONE

Da questa prospettiva, insomma, si comprendono le indicazioni che il governo ha già reso note per giudicare l’offerta presentata da Kkr su Tim. Indicazioni che riguardano non soltanto le garanzie occupazionali, ma che a valle dell’operazione ci sia un assetto in grado di tutelare anche l’interesse pubblico. Non a caso la prima decisione presa da Palazzo Chigi è stata di affidare a una task force composta dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, quello dell’Innovazione, Vittorio Colao, quello dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, e al sottosegretario Franco Gabrielli che ha la delega sulla sicurezza. Anche perché all’interno del Pnrr, come detto, non c’è soltanto la questione cruciale del completamento della rete a banda ultra-larga. C’è un’altra partita considerata delicata e che da mesi si sta giocando in maniera più o meno sotterranea: quella del cloud nazionale. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è stanziato poco meno di un miliardo di euro per far migrare tutta la Pubblica amministrazione su una “nuvola” di Stato. Chi debba gestire i data center che conterranno i dati delle amministrazioni è un tema delicatissimo. Proprio attorno a Tim ha preso forma una cordata pubblico-privata che, a inizio anno, dovrebbe presentare un progetto di partenariato che poi farà da base per la gara in vista dell’assegnazione del servizio. Della cordata faranno parte la Cassa depositi e prestiti, il campione italiano della difesa Leonardo, la Sogei, la società informatica del Tesoro, oltre ovviamente alla stessa Tim che sarebbe il maggior azionista con il 45%, anche se la componente pubblica nel suo insieme avrebbe il 55%. Anche qui il tema della governance potrebbe diventare centrale. La cordata Cdp-Tim sarà nei fatti italo-americana nel caso in cui Kkr dovesse conquistare Tim. Il governo di fronte avrà un gruppetto agguerrito di soggetti italiani che stanno cercando di contendere la gara: da Engineering, fino al duo Aruba-Almaviva. Insomma, se i tempi della conclusione della vicenda societaria di Tim non sembrano brevissimi, il governo ha invece una gran fretta di chiarire gli assetti per non rischiare di rallentare i progetti del Pnrr. Soprattutto per non perdere i ricchi finanziamenti europei.

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Ultimo aggiornamento: 6 Dicembre, 17:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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