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Recovery Fund, è guerra tra partiti su chi deciderà. Ma l'ultima parola spetta alla Ragioneria

Economia > MoltoEconomia
Mercoledì 2 Dicembre 2020 di Luca Cifoni
Getty Images

Una cabina di regia politica a Palazzo Chigi, ma affiancata da una squadra tecnica di manager, con il comitato interministeriale per gli Affari europei a garantire i collegamenti con Bruxelles. E la Ragioneria generale dello Stato in prima linea nel monitoraggio dei fondi. Mentre a Bruxelles la nebbia sugli effettivi tempi di attuazione del Recovery Fund non si è ancora diradata, nel nostro Paese è già infuocata la discussione sulla governance della gigantesca operazione, che rappresenta un’occasione storica ma allo stesso tempo porta con sé un rilevante rischio di fallimento, non solo per noi ma per l’ambizione dell’Europa di uscire diversa e migliore dalla tragedia del Covid.

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Disastrosa frattura

L’Italia è infatti il principale beneficiario del Next Generation Eu, non solo in termini assoluti ma anche politici, visto che sarebbe l’unico contributore netto al bilancio dell’Unione ad avere alla fine un saldo positivo. In buona sostanza, il piano è stato concepito e faticosamente messo a punto per evitare che alcuni Paesi dell’Unione - a causa della propria debolezza strutturale e dell’alto debito - si ritrovassero non più in grado di fronteggiare le conseguenze della crisi senza precedenti indotta dalla pandemia, provocando così una disastrosa frattura nell’Unione stessa. L’Italia è il più grande e importante tra gli Stati che sono in questa posizione e dunque non è azzardato affermare che dal nostro successo, dalla capacità di trasformare il flusso di risorse in capacità di crescita duratura, dipenderà la riuscita dell’intero esperimento.

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Il meccanismo

 Purtroppo da questo punto di vista l’esperienza del passato appare quanto meno in chiaroscuro, se non del tutto negativa. Qualche miglioramento c’è stato, ma come segnala la Corte dei Conti il tasso di assorbimento dei fondi strutturali europei resta da noi a livelli molto bassi: a fine 2019 era stato speso solo il 30% delle risorse disponibili per il ciclo 2014-2020, contro una media europea intorno al 40%. È vero che c’è tempo fino a tre anni dopo il termine del periodo, ma si tratta comunque di un ritmo lento. Invece con il Ngeu l’imperativo è spendere presto e bene. Per farlo, in attesa della presentazione del vero e proprio Recovery Plan - che è strettamente vincolato nella sua forma alle griglie rigide individuate nelle linee guida di Bruxelles - è necessario progettare con attenzione i meccanismi di erogazione e verifica, per evitare che si inceppino nei passaggi tra ministeri e Regioni o nelle estenuanti mediazioni politiche. E qui entra il tema della governance, che sarà definita in dettaglio nei prossimi giorni, ma appare al momento quanto meno frastagliata e condizionata anche dall’esigenza dei vari partiti di presidiare l’operazione. Si parla di una cabina di regia politica a cui parteciperebbero il presidente del Consiglio Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e quello delle Sviluppo economico Patuanelli. Ma questo trio di vertice sarebbe affiancato da un comitato ristretto, definito da Conte «struttura operativa ad hoc con un profilo manageriale»: sei tecnici chiamati a vigilare anche con poteri sostitutivi (e una task force di ben 300 persone) sulle sei missioni in cui si articola il piano. Il nuovo assetto non farebbe uscire di scena il Ciae, il Comitato interministeriali per gli Affari europei, presieduto sempre da Conte ma coordinato dal ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola. È l’organismo che sta gestendo concretamente la complessa stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in raccordo con la Commissione Ue. Le linee in cui si articola il piano in base alle indicazioni di Bruxelles sono talmente dettagliate e stringenti da rendere necessaria una continuità tra fase progettuale e operativa. Amendola dunque sarà ancora l’interfaccia con l’esecutivo comunitario. Nella cosiddetta “legge europea” che è ancora all’esame del Parlamento, è previsto tra l’altro il rafforzamento del personale a disposizione del Ciae, che passerebbe da 20 a 28 unità.

La struttura

Il premier ha poi evocato anche un “comitato di garanzia” formato da dieci saggi. Intanto però altri pezzi dell’amministrazione pubblica si sono messi al lavoro, producendo norme che sono già nero su bianco. È il caso della Ragioneria dello Stato: proprio con la legge di Bilancio, oltre a definire le regole del Fondo di rotazione su cui transiteranno le risorse Ue e i criteri per la rendicontazione, si è dotata di una propria “unità di missione” incaricata di coordinare tutti gli uffici della Ragioneria che a vario titolo si occuperanno del Next Generation Eu. Sulla carta è un’attività tecnica, separata dalla governance del piano nazionale. Ma i paletti posti nel testo sono piuttosto significativi e forse tali da lasciare al dipartimento del Mef l’ultima parola sulla gestione concreta dei fondi. Si fa riferimento a un sistema di rilevazione che tenga conto di costi programmati, obiettivi perseguiti, ricadute sui territori, tempi di realizzazione e indicatori di risultato; viene specificato anche che il mancato rispetto dei target comporterà la revoca dei finanziamenti. Un sistema informatico sviluppato dalla Rgs validerà i dati e assegnerà i trasferimenti. L’unità di missione sarà guidata da un dirigente generale del ministero dell’Economia: nella stessa legge è autorizzata l’assunzione al Mef con procedura rapida di venti funzionari, che dovranno occuparsi di questi specifici compiti.

Le carte del governo

Insomma, il quadro si presenta al momento già piuttosto articolato, in attesa che il governo scopra definitivamente le proprie carte. Ma la complessità potrebbe risultare alla fine ancora maggiore. Perché ad esempio c’è da seguire il rapporto con il Parlamento, che chiede di essere coinvolto in modo non generico: è stata proposta anche la costituzione di un’apposita Commissione bicamerale in cui siano rappresentate maggioranza e opposizione. Senza contare che una quota rilevante di prestiti e sovvenzioni - che vengono erogati in stretto coordinamento con il bilancio europeo - dovrà essere canalizzata verso il Sud: e ciò suppone un qualche ruolo delle strutture governative che si occupano di coesione a partire dal ministero del Mezzogiorno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 21:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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