Dare forma alla fantasia: nella stagione del 4.0 Pongo compie 70 anni e diventa 100% vegetale

Mercoledì 2 Marzo 2022 di Alessandra Camilletti
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Modellare, appallottolare, arrotolare, avvitare, intagliare. Giocare, manipolare, insegnare, imparare. Creare. Pensare. Tutte le sfumature del Pongo, anche nell’era 4.0 dove smartphone, social, videogiochi e intelligenza artificiale segnano la nostra quotidianità.

Nata nel 1952 vicino a Firenze, la pasta da modellare che ha accompagnato generazioni di bambini compie 70 anni e non solo resiste al digital ma rilancia, rinnovandosi nel segno della sostenibilità (e con nuovi formati). «È stata rivista completamente la linea, non solo nella grafica di presentazione ma nella sostanza: non più cera ma una pasta vegetale da componenti naturali da fonti rinnovabili», spiega Orietta Casazza, marketing director di Fila, il gruppo – cui fa capo Pongo by Giotto– specializzato nella produzione e nella vendita di strumenti di espressione creativa. «Una pasta più al passo con i tempi, più malleabile, che non risente dei cambi di temperatura mantenendo una morbidezza costante.

Non macchia ed è lavabile da mani e tessuti. I colori sono più accesi». Torna anche la mascotte, senza più sigaro ma invece con un fiore all’occhiello. Concessione al mondo digital, il QR code sulla confezione con il link ai video tutorial dedicati.

IL PERCORSO

 Storia d’impresa italiana. Dallo stabilimento Sidol, dove la plastilina è nata, alla produzione targata Adica Pongo. Fabbrica Italiana Lapis ed Affini acquisisce la società nel 1994, con i suoi tre marchi. Oltre a Pongo, Das e Didò, «tutte paste per modellare ma con finalità e formule differenti». Storia anche di territorio. La produzione è interamente italiana e non ha mai lasciato la Toscana, pardon, la provincia di Firenze. Stabilimento a Rufina, Comune di poco più di 7mila anime. Sede dove sono impiegate 140 persone e che ospita «il reparto di produzione e confezionamento delle paste, come la produzione di pennarelli, evidenziatori e penne a sfera. La Fila era attiva dal 1920 in pieno centro a Firenze, in via del Gignoro, dove però era impossibile espandersi: la città era cresciuta tutta intorno. Nel 1998 l’inaugurazione della nuova sede a Rufina, centro dove operano diversi altri stabilimenti produttivi».

I NUMERI

 Fila, società quotata alla Borsa di Milano nel segmento Star dal novembre 2015, è gestita dal 1956 dalla famiglia Candela. Fatturato al 31 dicembre 2020 di 608,2 milioni di euro e 8mila dipendenti. Ha due stabilimenti produttivi in Italia (oltre a Rufina, la sede Maimeri fuori Milano con la produzione di articoli per le belle arti), ma ne conta 22 a livello mondiale. Perché l’azienda, partita proprio nel 1920 dal capoluogo toscano, è cresciuta grazie anche ad acquisizioni all’estero – pratica non così comune in Italia –, dall’Europa all’America. Il gruppo è presente in oltre 150 Paesi, con 35 filiali in cinque continenti. E 25 brand iconici. «Sembra quasi un percorso al contrario. La società ha saputo espandersi a livello internazionale inglobando marchi storici – spiega Orietta Casazza – Fila ha compiuto cento anni ma ha accumulato al suo interno secoli di storia e di know how. La francese Canson è stata fondata dalla famiglia Montgolfier nel 1557, la tedesca Lyra nasce nel 1806». Come fa Pongo a sconfinare nell’era digitale? «Riguarda tutti i nostri prodotti, molto analogici: dai colori alla pasta per modellare, dai materiali per dipingere a quelli per la scrittura. In un’era iper digitalizzata sembra un mondo anacronistico ma non è così – sottolinea la marketing director di Fila – Tutti noi abbiamo bisogno del contatto con la materia. Modellare e dipingere sono attività ancor più fondamentali ora perché contraltare dell’esposizione al digitale. Sono attività che stimolano la fantasia, rilassano la mente, spinte da parte di educatori e insegnanti perché aiutano nello sviluppo e nella crescita. Nel modellare c’è la costruzione della capacità di sviluppare un pensiero creativo e di logica. Lo sviluppo della manualità si lega alla psicomotricità. È difficile pensare che tutto questo possa essere digitalizzato». Anche sotto pandemia. «Negli ultimi due anni i prodotti per colorare e modellare hanno impegnato i bambini a casa in attività che li distoglievano dallo schermo della dad o di un videogioco. C’è stata una nuova voglia di usare questi prodotti, con una buona richiesta a dispetto di un periodo di grande sofferenza».

IL MODELLO

Nella scuola dell’infanzia e alle elementari il Pongo è ormai strumento didattico. Nella matematica, perché arrotolando palline i bimbi imparano a contare. Nella geometria, perché con gli stecchini si costruiscono i solidi e si impara la differenza, per esempio, tra vertice e spigolo. Usato pure nella scrittura, alla maniera dei sumeri che imprimevano simboli nell’argilla: si incidono le lettere e tra i primi a essere composti – racconta chi sta in cattedra – sono spesso i nomi delle maestre. Anche anti stress. «Ha valenze molteplici, ultimo ma non ultimo il fatto che la manipolazione rilassa la mente. È tranquillizzante e va a compensare attività molto più stressanti anche per i bambini». Pure negli adulti? Sorride Orietta Casazza: «Molto spesso noi ne abbiamo dei campioni sulla scrivania e capita di prenderli durante una telefonata. È un po’ come prendere una matita e iniziare a disegnare fiorellini sul quaderno. Abbiamo un’alternativa in più». 

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 19:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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