Tassi d’interesse sotto zero e risveglio di un’inflazione da tempo creduta morta. Sono finiti i tempi in cui un investitore agnostico poteva sperare di conservare un patrimonio almeno prossimo al valore reale con conti di deposito o libretti di risparmio non fruttiferi. Oggi in Germania, ricorda Walter Sperb, capital market strategist di Flossbach von Storch, sono quasi 400 le banche che applicano tassi negativi sui conti correnti talvolta già dal primo euro.
Nell’area del dollaro Usa, i rendimenti sono più alti, ma comportano un rischio valutario la cui copertura costa lo 0,8% all’anno. Le obbligazioni con rating elevato e scadenza a dieci anni rendono ancora il 2% circa, ma si riduce all’1,2% al netto della copertura valutaria. Chi vuole guadagnare di più deve optare per scadenze molto lunghe o scegliere emittenti con rating inferiore. A ogni modo, anche le obbligazioni in euro con rating inferiore e rischio di default maggiore generano rendimenti medi di appena il 2,7% – praticamente ai minimi storici. E allora, per ottenere un rendimento adeguato al rischio, bisogna analizzare a fondo i singoli emittenti. Ma nemmeno queste obbligazioni, sempre più spesso, offrono più una copertura sufficiente dall’inflazione. Di fronte a uno scenario di tassi permanentemente bassi, sostiene Flossbach von Storch, «i beni reali liquidi, come le azioni, offrono le opportunità più allettanti agli investitori lungimiranti che non ragionano in anni solari, ma in decenni». Eppure è noto che la diversificazione con le obbligazioni garantisce stabilità al portafoglio nel lungo termine.
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