Il mondo del calcio è di fronte a un bivio e dovrà saper scegliere la strada giusta.
È fondamentale, per tutto il sistema calcio, che si vada verso una sostenibilità finanziaria e un’autonomia in grado di assicurare un futuro virtuoso ai club. Le riforme, di cui si parla tanto nelle ultime settimane, sono sempre più necessarie, a patto di arrivare a soluzioni condivise tra i protagonisti, a partire dalla Federcalcio e dalla Lega Serie A.
POCO SPAZIO PER I GIOVANI
Una fotografia di grande rilievo è stata scattata nell’ultimo rapporto del CIES Football Observatory: considerando le partite di Serie A dal primo gennaio 2021, la quota di minuti di gioco concessa a calciatori sotto i 21 anni, non importa se italiani o stranieri, è stata pari al 3,9%. C’è poco spazio per i giovani e questo dato è il terzo numero più basso della confederazione Uefa, tanto da posizionarci solo davanti a realtà “marginali” come Turchia (2,3%) e Grecia (3,2%). Il neo presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, ha già annunciato che verrà attivato un gruppo di lavoro «dedicato alla tematica dell’indice di liquidità per trovare una soluzione ragionevole e proporzionata, insieme con la Federazione». È fondamentale in questa fase che tutte le parti vadano nella stessa direzione, salvaguardando le proprietà dei singoli club e garantendo la continuità aziendale di chi vuole affrontare le competizioni nazionali e internazionali. Troppo a lungo il calcio italiano ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità e qualunque azienda in Italia, con simili bilanci, non sarebbe più potuta andare avanti. Ciò a cui mira l’indice di liquidità è proprio l’attestazione del grado di solvibilità di un’impresa, valutando il rischio di non riuscire a onorare i propri impegni di pagamento in tempi ristretti.
LA CRESCITA DEI TALENTI
È fondamentale ridurre o ripensare il monte ingaggi e non fare soltanto ricorso ad artifizi finanziari come l’inflazionato meccanismo delle plusvalenze. Un punto di partenza è trovare una soluzione al problema legato ai costi di calciatori e procuratori, che in epoca pre-pandemia avevano superato il 60 per cento del fatturato secondo il presidente del Real Madrid, Florentino Perez. Il domani appartiene ai nostri talenti, ma tante società italiane non seguono più una vecchia ricetta vincente: quella del vivaio. Una ricetta che prevede di crescere in casa i propri pupilli per poi rivenderli e metterli così a bilancio, in un sistema ideale in grado di autosostenersi e prosperare soltanto con le proprie forze. Il Covid-19 ha ampliato i problemi strutturali. Nell’industria del pallone (come altrove) la pandemia ha creato vere e proprie voragini nei singoli bilanci societari, impattando per oltre due anni fonti di ricavo fino a un tempo certe come il merchandising, i diritti televisivi, le sponsorizzazioni e gli incassi dalla biglietteria.
CONTROMISURE ADEGUATE
Altre realtà di prima fascia a livello europeo hanno preso contromisure adeguate già da tempo, a partire dalla Spagna, dove il tetto salariale imposto ai club sta sortendo gli effetti sperati mentre la Premier League, in Inghilterra, può permettersi di viaggiare su ben altri binari essendo il torneo più televisto del pianeta e il più ambito dagli sponsor a livello globale. Pensando al caso italiano è ormai assodato che l’ecosistema del calcio sia eccessivamente indebitato e che le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno aggravato a dismisura questa situazione. Tanti valori economici nel mondo del pallone in Italia oscillano nel corso delle varie stagioni sportive, perché tengono conto degli andamenti economici e di risultato registrati nell’anno, ma bisogna imporre una soglia da non oltrepassare per evitare di raggiungere un punto di non ritorno. L’indice di liquidità per i club italiani potrà anche essere un inderogabile criterio ammissivo, ma al momento servono anche riforme di sistema per rimediare a storture e criticità accumulate da almeno un decennio. Questa è la principale sfida da vincere per tornare ai successi sul campo.
Pietro Paganini, Presidente di Presidente di Competere.eu
Giuseppe Arleo, Fellow di Competere.eu