Gli elementi del prodigio glocal ricorrono.
Il garage di famiglia, il capostipite che getta le fondamenta di un impero, le Marche.
Sessantaquattro anni dopo, quella scintilla è un’industria da 51 milioni di ricavi, un debito netto di 34,6 milioni, 6 milioni di margine operativo lordo, cinque stabilimenti, due in Italia, altrettanti negli Stati Uniti e uno in Cina, per 370 addetti. Nelle caffetterie della Casa Bianca e della Apple è il trionfo della Clabo, così come nei corner della mitica Venchi, cioccolato&gelato dal 1878. «Il salto – indica lo spartiacque, Bocchini – avvenne negli anni Ottanta, quando s’intuì la forza della produzione ripetitiva, di scala». Il frutto dell’evoluzione è Orion. «Così si vendeva persino alla concorrenza». Da 40 dipendenti, nel 2000 si arriva a contarne 150. L’anno successivo è il bivio: i figli di Americo, Alberto e Claudio, si dividono le competenze. Il primo sceglie di fabbricare artigianale, il secondo predilige il ramo industriale, a marchio Clabo. «Nel 2007, la stagione che precedette l’effetto domino della crisi della Lehman Brothers, eravamo a 60 milioni di ricavi». Il terreno è fertile per l’entrata in Borsa, ma il baratro dei derivati ridimensiona le ambizioni. L’appuntamento con Piazza Affari, tuttavia, è solo rimandato. Al 2015. Cammin facendo si compie il terzo passaggio generazionale. Tocca ai figli di Claudio. «Con me e mio fratello Alessandro al comando si modificano gli assetti: se fino a quel momento il 35% del fatturato era export, in seguito fu il 65%. I mercati di sbocco erano l’Europa, tutta, poi gli Stati Uniti; infine aprimmo una filiale commerciale in Cina. Correva l’anno 2013». Il mix di design e alta tecnologia conquista bar e pasticcerie del pianeta. Da Jesi, indiscutibile headquarter, al mondo, la distanza è pari a zero. «Nel 2017 acquistammo un’azienda in Cina, nel 2018 negli States. Acquisizioni messe a segno con i ricavi ottenuti in Borsa». La metà dei 370 dipendenti sono qui. In Vallesina.