Affari in difesa, la scalata italiana nella guerra di Kiev

Il rapporto Sipri: in un mercato dominato dagli Usa, il nostro Paese in 10 anni registra il 44% di esportazioni in più. Il conflitto in Ucraina ha spostato gli equilibri europei

Mercoledì 5 Aprile 2023 di Pietro Romano
Eurofighter da Leonardo

L'Italia conferma il sesto posto al mondo tra gli esportatori di sistemi di difesa, ma la sua quota di mercato globale in un anno è cresciuta dal 3,1 al 3,8%, registrando nel quadriennio 2018/2022 un incremento sul precedente periodo 2013/2017 del 44 per cento, il più alto nella Top ten del settore dopo l’exploit della Corea del Sud (+74 per cento).

I migliori clienti del nostro Paese sono Qatar, Egitto e Turchia, che garantiscono all’Italia poco meno del 60% delle vendite.

Veicoli blindati, aerei da combattimento, navi da guerra e sistemi missilistici terra-aria i prodotti più tecnologicamente avanzati e più richiesti dell’industria tricolore che premiano aziende come Leonardo, Fincantieri, Iveco Defence Vehicles, Mbda, Elettronica. Sul fronte dell’import il nostro Paese, però, si è mosso in controtendenza dimostrando eccellenza nelle produzioni e lungimiranza negli investimenti. In un anno, nella classifica globale degli importatori Roma è calata dalla 22° alla 28° posizione e la sua quota sul mercato globale delle importazioni dall’1,2 allo 0,8 per cento.

LO SCENARIO

 A registrarlo è l’indagine annuale del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), il più autorevole think tank internazionale sull’industria e le politiche della difesa, dalla quale si rivela, e non poteva essere diversamente, che quest’anno la guerra in Ucraina ha modificato profondamente gli equilibri del comparto. Il primo dato emerso dallo studio è che gli Stati Uniti d’America hanno rafforzato sensibilmente il loro primato passando nel 2022 al 40% della quota sulle esportazioni mondiali di armamenti contro il 33% del 2017. Seguono, per restare nelle prime dieci posizioni, nell’ordine Russia (16%), Francia (11%), Cina (5,2%), Germania (4,2%), Italia (3,8%), Regno Unito (3,2%), Spagna (2,6%), Corea del Sud (2,4%) e Israele (2,3%). Particolarmente significativo il risultato francese: la quota di mercato globale di Parigi è salita dal 7,1 all’11% facendo dell’industria degli armamenti transalpina uno dei traini delle esportazioni nel sistema Paese, in termini anche di occupazione altamente specializzata.

GLI EFFETTI DELLE SANZIONI

 Inevitabile, e qui la cronaca fornisce ogni spiegazione, la crescita dell’Ucraina che in un solo anno ha importato più armamenti che dall’anno dell’indipendenza, il 1991, diventando il primo importatore a livello globale nel periodo 2018/2022. Russia e Cina, perdendo rispettivamente il 31 e il 23% delle loro esportazioni, hanno subito in maniera notevole gli effetti delle sanzioni. Anche i tradizionali alleati di Washington hanno pagato, però, uno scotto tutt’altro che indifferente alla crescente tensione. Germania e Regno Unito hanno perso più di un terzo (il 35%) della loro fetta di mercato mondiale. Anche Olanda (-39%), Israele (-15%) e Spagna (-4,4%) non se la sono cavata bene.

IL RIBALTAMENTO

 Non solo. Il ruolo commerciale europeo si è addirittura ribaltato. Il Vecchio Continente tra il 2017 e il 2022 ha visto crescere le proprie importazioni di armamenti, perlopiù dagli Usa, di un eclatante 47%. Rimarchevole il cambiamento di ruolo del Regno Unito, divenuto addirittura il 13° importatore di armamenti al mondo. Tutti i Paesi europei hanno comprato in stragrande maggioranza prodotti Usa. Un dato che impressiona e, secondo alcuni analisti contattati da MoltoEconomia, allontana l’avvio effettivo dell’auspicata politica industriale di difesa europea.

Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 09:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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