Quel silenzio irreale al capezzale di Sergio

Martedì 24 Luglio 2018 di Mario Ajello
Quel silenzio irreale al capezzale di Sergio
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ZURIGO - Era un addio. Sta diventando un lungo addio quello di Sergio Marchionne. L'ipotesi, o sarebbe meglio dire il mood, visto che notizie mediche certe non ce ne sono, è quella di un decorso più prolungato, magari anche di poco, rispetto a quanto si pensava negli giorni scorsi. Ma le condizioni dell'ex amministratore delegato di Fca, nel suo letto, tra le macchine sanitarie che lo tengono in vita, nell'ansia dei familiari e dei sanitari che circonda la sua battaglia, restano irreversibili. È una situazione, quella che si sta vivendo, di assoluta sospensione, al punto che Fca ha deciso di far tornare alla base chi si è occupato in questi giorni del contatto con i media. 
In pieno stile alla Marchionne, in totale spirito svizzero, si svolge tutto sotto traccia.
 
Interdetto l'ingresso ai giornalisti nell'Universitatsspital, si svolgono scene di questo tipo: chi riesce a intrufolarsi nei corridoi, e punta a raggiungere il reparto di terapia intensiva, viene raggiunto dagli addetti alla sicurezza e capita che gli vengano mostrate, sul telefonino degli inseguitori, le proprie foto. Corredate dal seguente discorso, cordiale ma ferreo: «Lei è un giornalista, si accomodi immediatamente fuori, sennò chiamiamo la polizia». Alla blindatura informativa fa da contraltare, fuori dall'ospedale, la circolazione di voci, di fake, di supposizioni che rimbalzano dal web all'ingresso dell'edificio in cui è ricoverato il manager. La possibile esistenza di un tumore, parola che nell'ufficialità resta tabù, ma per le altre è lo stesso, è stata lanciata nel circuito mediatico dall'avvocato storico degli Agnelli, Franzo Grande Stevens, secondo cui Marchionne sarebbe stato «tradito dalle sigarette», e non si fa che parlare di questo. Anche se vale quel che vale. Non c'è la nebbia, perché è estate anche qui in Svizzera, ma è come si ci fosse intorno al grande paziente. Quel che è certo è che in questa situazione pirandelliana - in cui una persona che non doveva esserci più invece continua ad esserci ma presto, anche se si spera mai, potrebbe non esserci più - un solo punto fermo esiste. Ed è la presenza fissa, al capezzale del suo amore, di Manuela, la compagna di Marchionne. C'è ma non si vede neanche lei, come non si vede il resto. 
PASSIONI COMUNI
È una donna timida e forte Manuela. Loro due si sono conosciuti in Fca, dove lei lavora alla comunicazione, e funge adesso - in maniera riservatissima - da terminale di tutto il mondo affettivo e lavorativo che, tra l'Italia, il Canada e gli States, cerca notizie sulle condizioni di Sergio. È una donna di rara delicatezza, ha condiviso dal 2012 con Marchionne la semplicità di una vita da coppia normale. E al Lingotto, sede dell'ufficio di entrambi, ricordano le volte che lui scendeva a trovarla nel suo ufficio, le dava un tocchetto sulla spalla per avvertirla del suo arrivo, e insieme si avviavano a mangiare alla mensa aziendale. Come tutti. E ancora, insieme - quando capitava - al mercato rionale a Torino, i libri come passione comune, gli adorati cantautori. Ieri sera poco dopo le otto, un piccolo corteo di tre auto nere ha transitato davanti all'ospedale e qualcuno ha creduto di vedere Manuela dentro una di quelle vetture, ma chissà. Manuela non lascia neppure per un istante Sergio nella sua stanza semi-buia, nel silenzio dell'ospedale più silenzioso del mondo, gli sta accanto, lo sostiene come può, per quel che può viste condizioni di un personaggio che aveva tutto, ma gli è mancata la salute. E ha trovato quella livella - la debolezza, la malattia, la sfortuna - che accomuna tutti. Senza distinguere tra potenti e no, tra ricchi e diseredati. E 
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