Italia-Cina, infrastrutture, tlc e finanza: dentro il patto con Pechino

Mercoledì 13 Marzo 2019 di Andrea Bassi
Italia-Cina, infrastrutture, tlc e finanza: dentro il patto con Pechino

Il senso politico del documento, è probabilmente quello contenuto nel secondo paragrafo al terzo punto, sotto il titolo: «Rimuovere ogni ostacolo al commercio e agli investimenti». Si legge, testualmente, che le controparti si impegnano a «opporsi all'unilateralismo e al protezionismo». Cina e Italia, insomma, nel loro memorandum of understanding, l'accordo che la settimana prossima il presidente del Celeste impero, Xi Jinping, dovrebbe firmare con il primo ministro Giuseppe Conte, dichiareranno congiuntamente la loro opposizione alla dottrina Trump. Al netto della sfida per la supremazia tecnologica che il presidente americano sta combattendo a furia di veti imposti agli alleati perché non usino i prodotti dei due colossi cinesi Huawei e Zte, il vero rischio per gli Usa è spingere il mercato europeo nelle braccia di Pechino. Già a Davos, nel 2017, con Trump che annunciava la fine degli accordi di libero scambio, Xi si era eretto ad alfiere della globalizzazione con la sua Belt and Road, la via della Seta appunto. I quattro paragrafi del Memorandum sono ricchi di principi, ma anche di progetti concreti. Da subito, tuttavia, messo nero su bianco l'impegno ad appoggiare «le sinergie tra la via della Seta e le priorità identificate nel Piano di investimento per l'Europa e le reti trans-europee».

LE PRIORITÀ
Se la priorità è far arrivare le merci nel Vecchio continente, servono porti, strade e ferrovie veloci, come quelle inserite da Bruxelles nelle reti Ten-T (più volte citati). Compresa la Tav, la Torino-Lione, parte integrante del Corridoio Mediterraneo, il collegamento che passa dalla Spagna e della Francia per poi attraversare le Alpi nell'Italia settentrionale in direzione est, toccando la costa adriatica in Slovenia e Croazia, per proseguire verso l'Ungheria. Il Memorandum, insomma, è un sostegno alla costruzione dell'opera. Il paragrafo delle «aree di cooperazione» tra Italia e Cina è corposo. «Le controparti», c'è scritto, «collaboreranno allo sviluppo della connettività delle infrastrutture, tra cui investimenti, logistica e interoperatività nelle aree di interesse reciproco (come strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia - tra cui fonti rinnovabili e gas naturale - e telecomunicazioni)». L'unico riferimento alle reti di comunicazione elettronica, e dunque alla spinosa questione del 5G, è contenuto in questa parentesi. Per il resto, nel documento, non ci sono altre tracce di possibili collaborazioni. Che tuttavia sono nei fatti. Il governo italiano ha fatto sapere a Washington che non bloccherà Huawei, le cui apparecchiature sono già in uso dai grandi operatori delle telecom italiane e sono state scelte dallo stesso governo per la rete per il WiFi pubblico. Èpoi contenuto un impegno, centrale per i cinesi, a semplificare al massimo i controlli doganali delle merci. C'è invece un altro passaggio che, probabilmente, non è passato inosservato per gli americani. È il capitolo che parla dell'ambiente.

I PUNTI DELICATI
Le parti, spiega il Menorandum, «collaboreranno nel campo della protezione ambientale, dei cambiamenti climatici ed altre aree di reciproco interesse», impegnandosi tra le altre cose, «a promuovere attivamente le direttive dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici». Proprio quegli accordi dai quali Trump ha ritirato l'America.
Nel testo, poi, è prevista anche una collaborazione finanziaria. «Le controparti», si legge, «favoriranno il partenariato tra le rispettive istituzioni finanziarie per sostenere congiuntamente la cooperazione in materia di investimenti e finanziamenti, a livello bilaterale e multilaterale e verso paesi terzi, nell'ambito delle iniziative della via della Seta». Una clausola che potrebbe permettere ai cinesi di investire in infrastrutture in Italia. La connettività, secondo il Memorandum, riguarderà anche le persone. Saranno favoriti gli scambi tra università, in materia di salute e di turismo.
L'ultimo paragrafo, tuttavia, ricorda che quello che Cina e Italia si apprestano a firmare non è un trattato e non ricade sotto la legge internazionale. Dunque non c'è nessun impegno legale. Ma nemmeno lo si può considerare un accordo scritto sulla sabbia.
 

Ultimo aggiornamento: 12:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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