Pace fiscale, così il Tesoro può incassare 20 miliardi

Sabato 9 Giugno 2018 di Luca Cifoni
Pace fiscale, così il Tesoro può incassare 20 miliardi
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Dalla “pace fiscale”, la generosa sanatoria delle cartelle inserita nell’accordo Lega-M5S, dovrebbero arrivare una parte consistente delle risorse finanziarie necessarie per avviare le costose misure del programma. Naturalmente si tratta di entrate una tantum (considerate “in conto capitale” nella contabilità italiana ed europea) destinate ad esaurirsi: quindi non possono essere considerate una copertura per provvedimenti che riducono in modo permanente il carico fiscale. Ma su quali cifre si può fare realisticamente affidamento? I fautori del progetto, a partire da Armando Siri della Lega, aspirano a un totale vicino a 35 miliardi, altri ritengono che l’ordine di grandezza sia molto più basso.

IL MAGAZZINO
Il bacino a cui attingere è all’apparenza enorme, sono i circa 850 miliardi di “magazzino” accumulatosi presso Equitalia (ora Agenzia Entrate Riscossione) negli ultimi 15-20 anni. Una larga parte sono somme che per un motivo o per un altro appaiono difficili se non impossibili da recuperare. Ma va anche considerato che l’operazione delineata, per le condizioni previste, potrebbe cambiare le carte in tavola non solo rispetto alla riscossione ordinaria ma anche rispetto alla definizione agevolata, la procedura più nota come “rottamazione” attualmente in corso.

Con la “pace fiscale” è previsto che gli interessati versino solo una piccola parte dell’importo originariamente dovuto, con tre percentuali possibili: 6,10 e 25 per cento. Con queste premesse, fonti tecniche di governo ritengono possibile arrivare a 20 miliardi e forse più, anche se non in tempi immediati. Naturalmente sul dossier si dovrà pronunciare innanzitutto il neoministro dell’Economia Giovanni Tria.

La ricognizione puntuale del “magazzino” l’aveva fatta due anni fa Ernesto Maria Ruffini, allora alla guida di Equitalia e oggi direttore dell’Agenzia delle Entrate nel suo insieme. Rispetto ai dati diffusi in quell’audizione parlamentare le entrate della definizione agevolata hanno cambiato solo marginalmente lo scenario. Ruffini partendo da 841 miliardi, ovvero il totale al netto degli importi annullati dagli stessi creditori, aveva fatto notare che 138 fossero relativi a soggetti falliti, 78 a persone decedute o imprese fallite, 92 a nullatenenti (solo nel senso che non hanno denaro sul conto corrente) altri 28 a contribuenti per cui la riscossione è sospesa.

Ci sono poi ben 314 miliardi per i quali sono già state tentate azioni esecutive, altri corrispondenti a rateazioni in corso; Ruffini concludeva che le posizioni «lavorabili» non andavano oltre i 51 miliardi. Questa valutazione, realistica in circostanze ordinarie, potrebbe però non rispecchiare il nuovo contesto creato da una proposta come la “pace fiscale”. Ad esempio tutti i soggetti in situazione di fallimento o con un contenzioso in corso potrebbero trovare abbordabile l’offerta, che prima non lo era. Restano certo da definire aspetti cruciali, come la valutazione dello stato di bisogno: una delle ipotesi è partire da una norma già esistente (anche se poco usata), la legge sul sovraindebitamento del 2012, da ricalibrare perché oggi è dedicata essenzialmente ai consumatori e non alle imprese.

LE SEMPLIFICAZIONI
Per la macchina della riscossione si tratterebbe di rimettersi in moto dopo la fase due della rottamazione. La struttura è certamente cambiata negli ultimi anni: tutte le energie sono state concentrate su digitalizzazione e semplificazioni a vantaggio del contribuente, che oggi dispone di una serie di canali, dagli sportelli tradizionali al portale alla app, per dialogare con l’amministrazione. Un approccio che poi lo stesso Ruffini ha voluto portare dal precedente incarico a quello attuale di numero uno delle Entrate.
Ultimo aggiornamento: 22:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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