Il governo ci riprova: al Sud il 34% degli investimenti totali

Lunedì 23 Dicembre 2019 di Luca Cifoni
Il governo ci riprova: al Sud il 34% degli investimenti totali

È un principio fissato per legge ma finora rimasto sulla carta: alle Regioni meridionali devono andare almeno il 34 per cento degli investimenti pubblici, ovvero sostanzialmente la quota che corrisponde alla popolazione che in quei territori risiede. Il decreto Milleproroghe, che si avvia a diventare sempre più una sorta di corposa appendice alla legge di Bilancio, dovrebbe contenere anche un articolo destinato a rendere operativa questa clausola. La norma è stata inserita in una bozza provvisoria del provvedimento, in attesa del Consiglio dei ministri in calendario per oggi pomeriggio e dedicato proprio ai nodi del Milleproroghe.

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IL PROVVEDIMENTO
Era stato un decreto legge di tre anni fa, il 243 del 2016 noto anche come decreto Mezzogiorno, a stabilire il principio del 34 per cento. Il tema è stato molto discusso da economisti e politici che si occupano di Sud e coesione territoriale: l’idea è che quella percentuale vada applicata sul complesso della spesa ordinaria in conto capitale, con il semplice obiettivo di far corrispondere la distribuzione delle risorse a quella della popolazione nel territorio italiano. Dunque il livello del 34 per cento dovrebbe essere rispettato prima che entrino in gioco i fondi europei, i quali per loro natura sono addizionali e destinati ad accorciare le distanze a beneficio delle aree meno sviluppate.

Ora il decreto legge che dovrà andare in Gazzetta ufficiale prima della fine dell’anno prevede un’aggiunta alla norma di fine 2016. Più precisamente viene messo nero su bianco che entro il 30 aprile 2020 sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (su proposta del ministro per il Sud) a stabilire «le modalità per verificare che il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati, sia effettuato in conformità alle disposizioni di cui al comma 2, nonché per monitorare l’andamento della spesa erogata». Il comma 2 citato è appunto quello che formulava il principio e per la verità rimandava (con formulazione simile) ugualmente ad un Dpcm; provvedimento attuativo che però finora non aveva permesso di avvicinarsi al traguardo.

Della materia si era occupato a lungo Giuseppe Provenzano, oggi ministro del Sud e in precedenza vice-direttore di Svimez; proprio un recente studio di Svimez su numeri ricavati dal sistema dei Conti pubblici territoriali calcola che nel 2018 le Regioni meridionali hanno avuto una quota di investimenti di 6,1 miliardi (a fronte dei 22,1 del Centro-Nord) corrispondente al 21,6 per cento: semplicemente arrivando al 34 il Sud e le Isole potrebbero contare su 3,5 miliardi in più di risorse ordinarie.

ALTRE NOVITÀ
Nel Milleproroghe, che probabilmente troverà la sua forma definitiva solo dopo Natale, sono state inserite anche altre novità rispetto alle bozze dei giorni scorsi. È prevista tra l’altro la nomina di un commissario per il Gse, la società partecipata dal Mef che si occupa tra l’altro di fonti energetiche rinnovabili. È invece saltata, almeno per il momento, buona parte del capitolo dedicato all’agenda digitale; altro punto di contrasto nel Consiglio dei ministri di sabato.

In particolare non ci sono più gli articoli dedicati al riassetto del sistema di identità Spid (che sarebbe stato centralizzato a Palazzo Chigi a scapito dei gestori privati) e alla piattaforma digitale per le notifiche al cittadini. È invece sopravvissuto l’articolo che destina alla Presidenza del Consiglio ulteriore personale per il coordinamento di questa materia. Il punto di equilibrio sarà con tutta probabilità trovato nel corso dell’iter parlamentare del decreto.

Ultimo aggiornamento: 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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