Fiat, la doppia mossa dell'azienda
sugli investimenti allarme dei sindacati

Lunedì 2 Settembre 2013 di Diodato Pirone
Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat
ROMA - La Fiat apre l’autunno 2013, il sesto della Grande Crisi, con due importanti novit. La prima di natura “tattica”: dopo la sentenza della Consulta il Lingotto riapre le sua fabbriche ai delegati Fiom. La seconda sembra di natura “strategica”: dopo un lungo silenzio si annuncia ufficialmente il blocco degli investimenti in Italia in assenza di un legge che fissi regole chiare sulla vita sindacale negli stabilimenti.



A leggere le preoccupatissime dichiarazioni dei sindacati (Fim, Uilm, Fismic e Ugl) che in questi anni hanno appoggiato la linea Marchionne, l’ennesimo strappo della Fiat sul fronte degli investimenti stavolta potrebbe avere ripercussioni davvero pesanti. Perché? In gioco c’è soprattutto lo stabilimento di Mirafiori che da alcuni anni a questa parte è praticamente chiuso dato che vi lavorano per pochi giorni al mese soltanto gli addetti alla linea dell’Alfa Romeo Mito. Oltre 5 mila dipendenti diretti (e almeno altrettanto dell’indotto) rischiano grosso perché per loro sta per scadere la cassa integrazione autorizzata.



“Il problema è molto semplice – dice Roberto Di Maulo, segretario Fismic – Entro pochi giorni Fiat dovrebbe chiedere un nuovo periodo di cassaintegrazione per Mirafiori ma può ottenere l’allungamento della Cig solo nel quadro di un progetto di rilancio dello stabilimento. Se questo progetto non c’è, al momento non c’è alcuna certezza sul futuro della fabbrica, dei suoi lavoratori e per estensione di buona parte del made in Italy”. Anche Fernando Uliano della Fim non ha dubbi: “La Fiat a questo punto deve fare gli investimenti. E’ un errore legarli alle vicende sindacali”. Stessa musica sullo spartito di Rocco Palombella della Uilm: “Il Lingotto deve fare gli investimenti promessi. Punto e basta”.



Dai sindacati “trattativisti” non si ascoltavano commenti così duri sulla Fiat da almeno tre anni, ovvero da quando è nato il grande scontro fra l’amministratore delegato Sergio Marchionne e la Fiom. Il fatto è che stavolta Fim, Uilm e Fismic temono seriamente che Marchionne faccia sul serio e sia ad un passo dall’abbandonare gli investimenti in Italia e con essi soprattutto il progetto di ristrutturazione di Mirafiori per costruirvi i futuri modelli Alfa Romeo. Fra i quali – nei piani presentati a marzo 2013 - spiccano (o spiccavano) la berlina Giulia e un Suv simile al futuristico Nuovo Cherokee che la Jeep sta lanciando in questi giorni in America.



A far suonare l’allarme rosso nelle stanze dei sindacati “amici” è stata una novità arrivata da Shanghai nei giorni scorsi, ovvero la decisione di assemblare il Cherokee anche in Cina per aumentare la produzione della fabbrica inaugurata da Fiat poco più di un anno fa dalla quale oggi esce solo la Fiat Viaggio. “Non vorremmo che la decisione di fabbricare il Suv in Cina tolga spazio agli investimenti per Mirafiori, quel Suv poteva o doveva essere costruito in Italia”, spiega Di Maulo. Che non nasconde la difficoltà di “tenere la base” che da anni ormai attende dal Lingotto il segnale di riapertura di Mirafiori.



Finora Fiat è venuta incontro alle richieste dei sindacati inviando nella nuova fabbrica Maserati di Grugliasco – inaugurata a febbraio 2013 - alcune centinaia di tecnici e operai qualificati di Mirafiori, permettendo loro di salvaguardare almeno in parte i livelli salariali. “Una toppa che non potrà reggere ancora a lungo”, dicono i sindacalisti. Una cosa comunque a questo punto è chiara: a Mirafiori anche nell’autunno 2013 non si gioca solo una partita sindacale ma soprattutto il futuro dell’industria manifatturiera italiana. Uno scenario che non può lasciare indifferente il governo Letta.
Ultimo aggiornamento: 22:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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