Nomine Rai, si alza lo scontro. La Vigilanza: no alle forzature

Martedì 2 Agosto 2016 di Mario Ajello
Nomine Rai, si alza lo scontro. La Vigilanza: no alle forzature
Mercoledì di fuoco, mercoledì da leoni e via così. Si tratte delle etichette (facili) da dare alla giornata di domani nel pianeta Rai. Quella in cui il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto presenterà al consiglio d'amministrazione presieduto da Monica Maggioni sia il Piano editoriale per l'informazione messo a punto da Carlo Verdelli sia - capitolo più succulento - le nomine per i telegiornali e per la radio. I due uscenti dal Tg2 e dal Tg3, Marcello Masi e Bianca Berlinguer, ieri tra i tanti incontri hanno visto Carlo Freccero, uno dei membri del Cda, che naturalmente li ha trovati non contenti per il trattamento ricevuto. «E hanno ragione», racconta Freccero: «Marcello Masi ormai lo chiamo Agnello Masi. E' stato l'agnello sacrificale in queste nomine. E neppure gli hanno detto che lo mandano via. Un brutto segno di maleducazione da parte dei vertici della nostra azienda».

CHI SALE, CHI SCENDE
Con Bianca Berlinguer, l'uscente numero uno, Campo dall'Orto ancora non ha trovato un accordo per il dopo. Farà una trasmissione? Che trasmissione? Tutto in alto mare. Il sostituto alla guida del Tg3 sarà con ogni probabilità Luca Mazza, il quale già stava in quel giornale - caporedattore dell'economia - per poi, causa contrasti proprio con la Berlinguer, passare a Rai Sport. Ha fatto anche il vice-direttore di Rai3, con Andrea Vianello direttore, e ora il vice a RaiParlamento. Dove è quasi certo che andrà come direttrice Nicoletta Manzione, attualmente al Tg1 da Berlino. Mario Orfeo resta al Tg1. Alla testata regionale resiste Moragante. Ida Colucci prende il posto di Masi al Tg2. Il centro-destra parla di «golpe d'agosto» per questo turnover. La sinistra Pd difende la Berlinguer. La commissione di Vigilanza Rai, presieduta dal grillino Roberto Fico che parla di «lottizzazione renziana», fa fuoco e fiamme perché vorrebbe esaminare domani il Piano editoriale ma giudica una forzatura unirvi anche le nomine. Il Pd, con Francesco Verducci, è sulla linea del «prima il progetto editoriale e poi i nomi» ma precisa il giovane e valente senatore: «Il merito delle nomine comunque spetta esclusivamente all'azienda e non alla commissione di Vigilanza».
 
Il braccio di ferro tra Palazzo San Macuto, sede della Vigilanza, e il settimo piano di Viale Mazzini è stato già vinto da quest'ultimo e si farà tutto insieme, il Piano Verdelli e le nomine che sono come sempre un caso più politico che editoriale e da mesi nel pianeta Rai non si parla che di queste. Ecco il programma del mercoledì da leoni: Cda convocato alle 9,30 e al punto numero 3 dell'ordine del giorno ci sono appunto nomine. Alle 20,30 convocata la Vigilanza. E intanto, alle 15, presidente e direttore generale vedono l'Anac - l'Autorità anti-corruzione - che vuole ascoltarli nell'ambito della sua indagine volta a verificare se il pacchetto di assunzioni esterne rispetti o meno i parametri fissati nel piano legalità della Rai. Le nuove nomine nei tiggì sono tutte di interni. «Dovrebbero essere interni e con grado», specifica Michele Anzaldi, del Pd. E osserva: «Si dice che Campo Dall'Orto non è un bravo comunicatore. E invece, stavolta, è stato abile. Facendo questo giro di nomine con un metodo inappuntabile, è riuscito a sviare l'attenzione dalla questione più grave e più seria che riguarda la Rai. Quella dei 90 stipendi altissimi, e alcuni totalmente ingiustificati, che l'azienda continua a pagare. E questo è un assurdo a cui bisogna porre rimedio». L'altro assurdo, su cui Anzaldi batte incessantemente è il non rispetto - a suo dire - della par condicio nei tiggì a discapito del Pd.

La protesta de consigliere d'opposizione Freccero riguarda invece i tempi: «E' poco elegante, da parte dei vertici dell'azienda, presentarsi in Vigilanza subito dopo aver esposto il Piano editoriale in Cda. Perché questa ampio e dettagliato progetto sul futuro ha bisogno di tempo per essere studiato in tutti i suoi aspetti». Si è scelta invece la velocità di esecuzione da parte di Campo Dall'Orto. Anche se ieri, nonostante la prevalenza della candidatura Mazzà, per il Tg3 ancora circolavano rose di papabili più o meno inventate o supposte. Mannoni? No. Di Bella? No. Botteri? Già più probabile. Andrea Montanari? Gerardo Greco? Come capo della testata regionale resta Morgante. E comunque: anche il sindacato Usigrai insiste sul fatto che non si possono varare le nomine dei direttori dei telegiornali prima di avere esaminato il nuovo piano per l'informazione.

LA FRETTA
Un fatto sembra certo, queste nomine si devono fare adesso sia perché gli attuali direttori sono sulla graticola da troppo tempo. Sia perché ormai la polemica è scoppiata e non avrebbe senso metterci sopra il tappo delle vacanze estive, rischiando di ritrovarla ancor più inasprita al ritorno. Sia perché a settembre il referendum costituzionale - che pure da ottobre sembra slittato a novembre e forse alla fine di quel mese - è ancora più vicino e il clima si preannuncia assai più esasperato.

Alcuni del Cda fanno muro: pronti a votare no se il dg portasse il pacchetto di nomine in consiglio prima dell'audizione in Vigilanza. «Questione di eleganza istituzionale!», dicono. E fervono i preparativi per il campo di battaglia.
Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 14:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA