Il caso-braccialetto/ Amazon, lo scontro si sposta sul Jobs act

Sabato 3 Febbraio 2018 di Oscar Giannino
Diciamolo. L’enorme polemica sui braccialetti elettronici di Amazon è figlia di un errore. Una polemica che si è gonfiata per via della campagna elettorale. L’errore lo ha compiuto il sistema dei media, che ha lanciato la notizia di uno strumento applicato a ogni addetto dei depositi logistici di Amazon, pronto per essere introdotto e con finalità anche di controllo dei dipendenti. 

E invece no, quel braccialetto semplicemente e fattualmente non esiste, la multinazionale americana delle consegne non lo sta introducendo in nessuno dei suoi impianti. La rivista internazionale di tecnologia da cui tutti hanno attinto la notizia parlava infatti solo del deposito di un brevetto da parte di Amazon. Un brevetto relativo a un apparato a ultrasuoni che dialoga coi sensori delle scaffalature e i server logistici, al fine di rendere più celere e meno soggetto a errori il procedimento di reperimento di buste e colli, per il loro instradamento alle fasi successive di inoltro. È un collo di bottiglia oggettivo dello smistamento di milioni di pacchi per un’azienda come Amazon, è ovvio che investano in ricerca per renderlo più scorrevole, ma a leggere la descrizione tecnica del brevetto in questione la finalità dichiarata è anche quella di rendere meno gravoso il lavoro umano degli addetti.

Ma in Italia la notizia è diventata subito “la multinazionale americana pensa a un dispositivo volto a controllare i lavoratori attraverso geolocalizzazione”. E di qui è esplosa la polemica, con destra sinistra e Cinque Stelle all’unisono pronti ad alzare barricate contro lo “schiavismo” di Amazon e delle multinazionali. E con politici subito pronti a dire di voler visitare e verificare i depositi di Amazon in Italia. Mentre altri hanno invocato il boicottaggio delle consegne. 

Che però siano state reazioni da campagna elettorale, lo dimostra il fatto che non uno dei politici che ha dichiarato ieri ha dato mostra di sapere e ricordare che in Italia la materia è compiutamente disciplinata dalla legge. Sia i dispositivi volti esplicitamente al controllo dei lavoratori, sia quelli anche solo implicitamente tali da poter esercitare simili funzioni, sono precisamente normati e risolti nel nostro ordinamento. Con il varo del Jobs Act e i suoi provvedimenti attuativi, la materia è stata infatti affrontata e adeguata ai tempi e allo sviluppo dei processi produttivi. 

La differenza è tra apparati miranti esclusivamente e specificamente alla rilevazione e al controllo della produttività e al rispetto contrattuale da parte dei lavoratori, e in questo caso tali dispositivi non possono essere introdotti se non dietro accordo con le rappresentanze sindacali aziendali. Ma se al contrario il controllo sui lavoratori è solo un’eventualità accidentale a cui può essere volto l’apparato, che nasce e viene introdotto invece per finalità economiche di ottimizzazione della produzione e dei suoi processi, per l’introduzione ne basta dare piena informazione al lavoratore, sempre però con piena tutela della sua privacy da assicurare. Esattamente come capita per strumenti ordinari nella vita di ogni azienda, tipo il badge elettronico per le entrate e le uscite. 

Questo spiega e dà ragione alle reazioni ieri di Amazon, che ha precisato che in nessun caso l’eventuale adozione di uno strumento che di fatto ancora non esiste avverrebbe mai in violazione delle leggi italiane. Mentre i politici si scatenavano parlando di Guantanamo italiana, respingevano scandalizzati l’idea di lavoratori-robot. Anche il ministro Calenda si è fatto in un certo modo prendere la mano, e vista l’aria che tirava tra politici e sindacati ha garantito di aver chiarito ad Amazon che in Italia un simile braccialetto non ci sarà mai. Francamente, bastava ricordare energicamente che la legge c’è e va rispettata, tutto qui.

Anche perché chi ha una vaga idea di come funzioni la logistica di massa, sino all’ultimo supermercato all’angolo della strada, dovrebbe sapere che da anni gli addetti alla movimentazione usano palmari elettronici per interrogare e movimentare i componenti del magazzino. E anche perché, in questo Paese che ieri si è strappato le vesti per un aggeggio che ancora non esiste, tutti sembrano dimenticare che ognuno di noi è davvero geolocalizzato e rilevato centinaia di volte al giorno dallo smartphone che ha in tasca, e che ogni volta che usiamo un pc in rete le nostre preferenze di interlocuzione e di consumo vengono monitorate e registrate dalle varie Facebook, Google, Samsung, Huawei e via continuando. Il cui vero reddito viene dalla profilazione dei clienti, prima ancora che da quanto spendono in abbonamenti e bolletta. E’ abbastanza paradossale, che un apparato di movimentazione scateni la paura del Grande Fratello, quando ci viviamo beatamente tutti dentro da anni e anni, e non insegniamo nemmeno bene ai nostri figli come guardarsi dai rischi per la propria dignità della persona. 

In conclusione, ieri abbiamo avuto una bella manifestazione dell’aria che tira nel dibattito pubblico a proposito di multinazionali e globalizzazione. Dimenticando però che Amazon si prepara a fare nuovi investimenti e a dare nuovo lavoro in Italia. E che a centinaia di milioni di consumatori al mondo, e milioni ormai anche in Italia, offre un servizio che il vecchio ex monopolista nazionale delle consegne si sogna.
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