Un futuro circolare: fuori dalla trappola dell'usa-e-getta

Mercoledì 30 Ottobre 2019 di Osvaldo De Paolini
Un futuro circolare: fuori dalla trappola dell'usa-e-getta

Che cos’è l’economia circolare? Se ne parlerà per un'intera giornata nell'evento del Messaggero all'Auditorium di Roma con i ministri Costa e Gualtieri, aziende, scienziati ed esperti come Braungart e Giovannini, studenti e anche con una popstar come Marco Mengoni. Ognuno con una storia, un esempio da raccontare. Detta in breve, però, l'economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita di ciò che si produce, contribuendo a ridurre al minimo la quantità di rifiuti. Perché una volta che quel bene ha terminato la sua funzione originale, i materiali di cui è composto vengono reintrodotti nel ciclo economico grazie ad una progettazione che fin da subito si pone il problema della continuità. Così possono essere riutilizzati più volte all’interno del ciclo produttivo fino alla consunzione, generando ulteriore valore.

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Non solo ambiente e riciclo ma anche più occupazione
 


Dunque, un processo in evidente contrasto con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema estrarre-produrre-utilizzare-gettare, che nella sintesi “usa e getta” per un non breve periodo ha esaltato i valori e la filosofia del consumismo fine a se stesso. Ma in quegli anni ancora ci si crogiolava nella confortante idea che il pianeta disponesse di grandi quantità di materie prime e di energia facilmente reperibile a basso prezzo. L’illusione è durata poco, se è vero che in soli cinquant’anni secondo The Global Footprint Network - un’associazione che calcola il giorno in cui si esaurisce il patrimonio di risorse disponibili per l’anno in corso - ci siamo giocati metà dello sfruttamento potenziale del pianeta nei 12 mesi. Sicché per il 2019 il giorno d’inizio del sovrasfruttamento è stato fissato nel 29 luglio: ciò significa che abbiamo esaurito il nostro “budget” annuale in soli sette mesi. E, a quanto è dato capire, il processo sta accelerando con una progressione geometrica.

Naturalmente il passaggio da un modello lineare a uno circolare non è cosa che richiede poche settimane, soprattutto richiede una profonda discontinuità culturale. È perciò necessario imparare a conoscere i fondamentali della realtà che ci circonda, la relazione tra sistemi diversi. Per esempio, secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, in un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.

È quindi imprescindibile comprendere come le cose si influenzano reciprocamente entro un intero, partendo dal presupposto che gli elementi vanno considerati come “adatti a”, sia che si tratti di realizzare infrastrutture oppure tutelare l’ambiente o migliorare il contesto sociale.
La comprensione di un sistema - insieme all’interconnessione con altri sistemi - è perciò cruciale quando si cerca di definire e pianificare le correzioni del sistema stesso. Se mancano o sono male interpretate le tendenze, i flussi, le funzioni, le influenze umane, ciò potrebbe portare a risultati disastrosi. 
Per evitare errori di progettazione, lo studio approfondito del sistema deve perciò essere rivolto al tutto senza però trascurare il dettaglio: persino il design degli oggetti andrà dunque modellato in funzione del loro riciclo.

È un nuovo modo di vivere il pianeta e le sue ricchezze, consapevoli che non sono infinite.

Oggi si parla con sempre maggiore frequenza di guerra allo spreco, con l’obiettivo di preparare un futuro meno precario per i nostri figli. Eppure anche tra gli osservatori più attenti, pochi si curano del fatto che mentre si dibatte di economia circolare, gran parte della materia trasformata in oggetti giace inutilizzata per la maggior parte della sua vita. Magazzini colmi di macchinari in attesa di essere dismessi, scatoloni in cantina pieni di vestiti con scarso valore affettivo, oggetti comprati e usati una volta l’anno o ancor meno. Può sorprendere scoprire che un’automobile giace inutilizzata per circa il 90% del suo tempo contro il 60% di una car sharing (sono valori medi), è però confortante l’idea che finalmente ne stiamo prendendo atto.

Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 12:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA