Rocco Hunt: «Mare Fuori? A Sanremo portai un rap in napoletano ma le radio mi chiesero di tradurlo in italiano»

Il rapper è appena tornato con il nuovo singolo Non litighiamo più, in attesa dei due concerti-evento del 5 e 6 luglio a Napoli

Martedì 18 Aprile 2023 di Mattia Marzi
Rocco Hunt: «Mare Fuori? A Sanremo portai un rap in napoletano ma le radio mi chiesero di tradurlo in italiano»

«Quando mi presentai in gara tra i giovani a Sanremo con Nu juorno buono, nel 2014, rappare in napoletano non era cool come lo è oggi. Mare fuori ancora non c'era», sorride Rocco Hunt.

Quel Festival lo vinse (a soli 19 anni), ma quel trionfo nascondeva un malessere:«"Le radio mi chiesero di tradurre i versi in italiano. Scesi a compromessi. Oggi non lo rifarei», dice Rocco Pagliarulo, questo il vero nome del rapper salernitano. Se nel 2023 rapper di nuova generazione come Geolier e Capo Plaza vanno al primo posto in classifica rappando in partenopeo, il merito è anche un po' di Rocco Hunt. venticinque Dischi di platino collezionati solo negli ultimi due anni tra Italia, Spagna e Francia e un repertorio da 2,3 miliardi di stream totali, il rapper è appena tornato con il nuovo singolo Non litighiamo più, in attesa dei due concerti-evento del 5 e 6 luglio L'ammore overo - Una notte fantastica all'Arena Flegrea di Napoli (sold out la prima data), ideati da Alessandro Siani: «Festeggio i dieci anni di Poeta urbano, l'album che mi fece uscire dal ghetto del rap».


Già tempo di celebrazioni? Non si sente un po' un giovane vecchio?
«Un po' si (ride). Dieci anni sono tanti: sopravvivere così a lungo non è scontato. Significa che nei miei dischi c'è sostanza».


Però lei a un certo punto sembrò crollare: nel 2019 annunciò il ritiro, poi smentì. Cosa accadde?
«Non avevo le idee chiare su cosa volessi fare. Mi vedevo ancora come il rapper partito dalla periferia, nonostante avessi già una famiglia, un figlio (Giovanni, nato nel 2017, ndr) e facessi musica più pop. Ritrovai l'autostima con l'album Libertà: rivendicai la libertà di fare canzoni radiofoniche come Ti volevo dedicare o A un passo dalla luna, che fu una hit anche in Spagna».

 


Cosa cercava da quella svolta pop?
«Volevo elevarmi culturalmente e socialmente. E reinventarmi: se avessi fatto sempre la stessa cosa non sarei campato dieci anni. Con una famiglia e un figlio da crescere, un artista deve fare anche scelte di vita».


Che storia racconta in "Non litighiamo più"?
«La relazione tra due innamorati, che nonostante litigi e problemi riesce a rinascere sempre e a fortificarsi».


C'è dell'autobiografico?
«No. Racconto storie universali e popolari. Il video l'abbiamo girato a Corviale, nella periferia romana».


Che c'entra lei con Corviale?
«La periferia la conosco bene. Stavolta non volevo ritrarre ancora quella campana. Siamo entrati nelle case, in mezzo alla gente: io vengo dal popolo e mi piace portare la mia musica al popolo».


Il singolo ha un sapore da tormentone estivo: è già in pole position nella corsa?
«No: l'ho fatta uscire in primavera per spezzare la tradizione».


Quel genere comincia a starle stretto?
«Tutt'altro: ne vado fiero. E penso di essere un campione del genere: invito chiunque a farlo per tre anni di fila. Però stavolta volevo fare qualcosa di diverso. Se poi Non litighiamo più diventerà un tormentone, ben venga».


Con Siani avete già un'idea di quello che farete il 5 e 6 luglio?
«Non ancora. Gli ho chiesto di aiutarmi a contaminare la mia musica con il teatro. Dopo questi due concerti eviterò per un po' di farmi vedere sui palchi di Napoli e dintorni: in questi anni abbiamo battuto quell'area a sufficienza (il 20 luglio sarà all'Outlet di Valmontone, ndr)».


Magari per annunciare l'anno prossimo, nel decennale di Nu juorno buono, un concerto allo Stadio Maradona?
«No, no (ride): sarebbe una fanfaronata e non so se posso permettermela».

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