Raul Gardini, da contadino a re: una vita visionaria. L'ex braccio destro ne racconta l'epopea

Giovedì 16 Settembre 2021 di Vittorio Pierobon
Raul Gardini
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Sono passati 28 anni, ma l’eco di quel colpo di pistola risuona ancora. Il suicidio di Raul Gardini è stato uno dei momenti più tragici, e intensamemte mediatici, della stagione passata alla storia come “Mani pulite”.

Un terremoto giudiziario che pose fine alla Prima Repubblica. E costò la vita a 41 persone, coinvolte nel dedalo di inchieste, che si tolsero la vita. Un prezzo altissimo che forse, andrebbe riconsiderato. Anche se Piercamillo Davigo, uno dei magistrati del pool coordinato da Francesco Saverio Borrelli, spiegò che «le conseguenze dei delitti ricadono su coloro che li commettono, non su coloro che li scoprono». Ma un colpo di pistola non può cancellare una vita di successo, una grande carriera da manager, che aveva portato Raul Gardini ad essere considerato uno dei massimi imprenditori d’Europa. I detrattori, con sua grande irritazione, lo chiamavano il “Contadino” in contrapposizione all’Avvocato (Agnelli) e all’Ingegnere (De Benedetti), ma in realtà era esattamente il contrario, perché aveva ereditato dal suocero Serafino Ferruzzi, il timone di un impero agricolo e lo aveva traghettato nel futuro, entrando prepotentemente nel mondo della Finanza con grandi acquisizioni, Montedison in primis. Il soprannome più giusto sarebbe stato il Visionario. Questo al netto di sbagli e operazioni borderline, che lo portarono ad un passo dalle manette. Onta che evitò con un colpo di pistola. Lui voleva sempre l’ultima parola. I pregi e i successi sono di gran lunga superiori agli errori.

Lo testimonia Roberto Michetti, storico dirigente della Ferruzzi, sempre al fianco di Gardini, anche quando uscì dal gruppo in rottura con gli eredi di Serafino, autore de “Il libretto verde di Raul Gardini”, edito da “Italo Svevo. Accademia degli Incolti”. È un appassionato ricordo del “capo”, un puzzle che ricompone la mirabolante carriera dell’uomo che veniva invitato alle feste all’Eliseo da Francois Mitterand, che trattava direttamente con Mikhail Gorbachev, che invitava a cena a Ca’ Dario, il suo palazzo sul Canal Grande, Bill Clinton e Al Gore e i big della finanza. Solo Gianni Agnelli evitava di mettere piede a Ca’ Dario per motivi scaramantici, in quanto il palazzo veneziano ha fama di portare una certa sfortuna. E la fine di Raul ne ha rafforzato la convinzione popolare. Michetti propone un ritratto del vero Gardini, uomo pubblico di potere forte, capace di grandi intuizioni.
Un visionario, lo definisce il suo ex braccio destro. Era stato il primo, tra i grandi manager industriali, a parlare di ecosostenibilità, chimica verde, lanciando il Progetto Etanolo, che prevedeva l’utilizzo delle eccedenze cerealicole per la produzione di benzina verde. Un disegno fortemente ostacolato dalle grandi compagnie petrolifere, Eni compresa. «Trent’anni dopo - commenta Michetti - vedo che l’Eni ha lanciato una campagna green di comunicazione che sembra scritta da Raul Gardini. Forse il tempo è galantuomo davvero».
Di questa sua intuizione ecologista resta Novamont, l’azienda chimica, fondata nel 1990, che opera nel settore delle bioplastiche. La sua parabola fu relativamente breve, dal dicembre del 1979, quando la morte del patriarca Serafino Ferruzzi in un incidente aereo, lo proiettò al vertice di un Gruppo fino a quel momento gestito da un padre-padrone che accentrava tutto su di sé, al luglio del 1993 quando Raul decise che era il momento di chiudere con la vita. 

TUTTO IN 14 ANNI
Quattordici anni vissuti al galoppo. Dalle polvere agli altari e ritorno. Aveva il mondo in pugno, ha rischiato di trovarsi con un pugno di mosche. Un’ascesa rapidissima. In sette anni era arrivato all’apice. Nel 1987 il Gruppo Ferruzzi aveva acquisito il controllo della Béghin Say, colosso dello zucchero francese, e della British Sugar che con Eridania erano diventi il primo produttore europeo. A questo si era aggiunto l’acquisto della Corn Products Corporation Europe, leader dell’amido. Nel settore oleario aveva il controllo di Lesieur in Francia e Koipe in Spagna. In America era stato comprato Central Soya, gigante della trasformazione della soia. Nel trading dei cereali la Ferruzzi era leader mondiale. Ciliegina sulla torta, il controllo della Montedison. La successiva nascita di Enimont portò allo scontro con il governo. L’inizio della fine. Troppo, almeno per il vecchio gruppo dirigente della Ferruzzi e per gli stessi eredi che decisero di estrometterlo.

LA VELA
L’ultima sfida fu la Coppa America. La vela era sempre stata, assieme alla caccia, una grande passione. Voleva portare quel trofeo in Italia ed allestì uno scafo - Il Moro di Venezia - avveniristico, affidando il timone a Paul Cayard, uno dei grandi skipper dell’epoca. Un investimento dichiarato di 60 milioni di dollari. Un trionfo sfiorato, grazie al successo nella Vuitton Cup, che diede il diritto al Moro di sfidare i campioni in carica di America. La sconfitta fu netta. Un altro colpo per Gardini. L’ultimo prima che tutto franasse con l’arrivo di Di Pietro sulla sua strada e il tintinnare di manette, come si usava dire a quei tempi con scarsa considerazione per il principio di presunzione di innocenza a cui tutti gli indagati hanno diritto. «Raul Gardini non incontrò mai Antonio Di Pietro - racconta Michetti - I magistrati arrivarono, capitanati dal dottor Di Pietro, dopo il suicidio, accolti da una folla che applaudiva, secondo il pessimo gusto dell’epoca. Si misero in azione e fu una cosa impressionante, come se una furia di elementi si fosse scatenata in uno spazio chiuso. Sembrava quasi che Gardini, con il suo atto, avesse fatto offesa a non so chi». Gli ultimi giorni furono tristi, racconta Michetti. Vivere da selvaggina, per un cacciatore, non è facile. L’ultimo incontro tra i due avvenne a palazzo Belgioioso a Ravenna, il quartier generale dell’imprenditore. Si incontrarono nel passaggio di una porta. Gardini cedette il passo al collaboratore e mentre passava gli batté la mano sulla spalla dicendo «Vecchio amico». «In tanti anni, nonostante la costante frequentazione, non aveva mai fatto un gesto così confidenziale - ricorda Michetti - Forse è stato il suo modo per salutarmi». 

Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 10:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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