Medicina, le terapie anticancro di Allison e Honjo premiate con il Nobel

Lunedì 1 Ottobre 2018
Nobel per la Medicina 2018 a James P. Allison e a Tasuku Honjo
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Sono rivoluzionarie per le possibilità che hanno aperto e le grandi promesse che hanno acceso: le scoperte che si sono aggiudicate il Nobel per la Medicina sono la scommessa per poter combattere i tumori con una strategia del tutto nuova, che richiederà ancora tempo prima di essere tradotta in nuove terapie.

Il Nobel per la Medicina, come da tradizione, apre la settimana dei riconoscimenti dell'Accademia svedese delle Scienze, durante la quale, per la prima volta dal 1943 non verrà assegnato il premio alla Letteratura, a causa dello scandalo per molestie sessuali che ha coinvolto il marito di una giurata.
 


Gli immunologi James P. Allison, 70 anni, americano, del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, e Tasuku Honjo, 76 anni, dell'università di Kyoto, hanno individuato le proteine delle cellule immunitarie che i tumori usano come bersaglio per ingannarle e sfuggire a ogni attacco. Sono dei freni molecolari che, bloccando le difese dell'organismo, lasciano campo libero alle cellule tumorali. Eliminare questi freni significa poter combattere i tumori in modo mirato, inseguendoli ovunque nell'organismo, anche dove i farmaci non possono arrivare, e terapie più brevi di quelle attuali. Il Nobel all'immunoterapia arriva dopo una serie di riconoscimenti alle terapie anticancro, a partire dalle terapie ormonali contro il tumore della prostata premiate nel 1966, la chemioterapia (1988), il trapianto di midollo contro la leucemia (1990). Nonostante questi progressi, è ancora difficile riuscire a sconfiggere i tumori che si trovano in uno stadio avanzato.
 
 

Si cercano quindi nuove strade e strategie più efficienti e, fra queste, ai primi posti c'è quella che punta a rivolgere contro i tumori le armi del sistema immunitario. L'obiettivo è sconfiggere le cellule cancerose facendole riconoscere alle cellule immunitarie perché possano aggredirle proprio come fanno quando incontrano una cellula infettata da un virus. Il primo passo è stato capire perché le cellule tumorali sfuggono alle cellule-soldato del sistema immunitario, i linfociti T. Allison ha cominciato a studiarle negli anni '90, quando era nell'Università di Berkeley e, seguendo una strada nuova rispetto a quella di molti suoi colleghi, è riuscito a scoprire, sulla superficie dei linfociti T, la proteina chiamata CTLA-4. I risultati dei primi test sui topi, alla fine del 1994, erano stati così straordinari che Allison e il suo gruppo decisero di ripeterli nonostante le vacanze di Natale: nei topi trattati con un anticorpo che annullava l'effetto della proteina il tumore regrediva. Il freno che bloccava il sistema immunitario era stato tolto. Nel 2010 sono cominciati i primi test sull'uomo, contro una forma avanzata di melanoma. Risale all'inizio degli anni '90 anche la scoperta del secondo freno molecolare sulla superficie dei linfociti T, chiamato PD1. Il gruppo di Tasuku Honjo aveva isolato il gene che produce la proteina PD1 e aveva ottenuto topi che ne erano privi. Quando, per caso, in questi topi vennero iniettate cellule tumorali, i ricercatori notarono che resistevano al tumore in modo più efficace, mentre i topi nei quali il freno era attivo morivano in poco tempo. Era stata trovata così una seconda strada per disarmare i tumori, togliendo alle cellule immunitarie il freno che le bloccava.

Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 11:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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