Nelle case degli scrittori: da quella da
abbattere di Simenon al museo Goldoni

Sabato 24 Novembre 2012 di Paolo Di Paolo
Nelle case degli scrittori: da quella da abbattere di Simenon al museo Goldoni
VENEZIA - In un buffo romanzo dal titolo Case di scrittori del New England, lo scrittore americano Brock Clarke immagina un suo aspirante collega pieno di rabbia e di frustrazione che d fuoco alla casa di Emily Dickinson. Dieci anni di carcere per avere incendiato l’abitazione della leggendaria poetessa americana che visse praticamente reclusa fra quattro mura ad Amherst, Massachusetts. Le case degli scrittori ci attraggono anche se non siamo scrittori: da semplici turisti, ci troviamo in fila davanti a portoni che hanno visto passare le glorie della letteratura.



Nei giorni scorsi, la notizia dell’eventuale abbattimento della grande villa di Georges Simenon a Epalinges, in Svizzera, ha suscitato molte polemiche. La casa, persa nel verde, è tutt’altro che bella: qualcuno l’ha paragonata a un bunker. Ma lì l’inventore del commissario Maigret ha trascorso lunghi periodi della sua vita, creando a sua immagine uno spazio semplice, geometrico e fin troppo ordinato. «Simile a una clinica» dice lo scrittore Antonio Debenedetti, che alla fine del 1970 intervistò Simenon per "Il Mondo" proprio nella casa di Epalinges. «Tutto – aggiunge Debenedetti – faceva pensare a qualcosa di ospedaliero, un senso di pulizia assoluta forse determinato dalle sue ansie di ipocondriaco. Fuori dalla finestra, staccionate bianche, finti cani di ferro e un puledro vero, tutto preso a brucare un’erba verdissima».



Le 300 pipe. Simenon, con «l’aria di uno zio miliardario» e con tanto di cravattino al collo, parlò anche della sua mania ufficiale, quella delle pipe. Ne possedeva oltre trecento. «L’uomo dava la sensazione di appartenere alla civiltà luccicante, fredda, delle cliniche di lusso, dei treni veloci e degli aerei, benché avesse avuto una giovinezza un po’ bohémienne. Non a caso aveva per vicini di casa a Epalinges i Chaplin e James Mason. Ma ciò che mi fece più impressione – continua Debenedetti – fu vedere una stanza interamente foderata dalle traduzioni straniere dei suoi romanzi». Debenedetti è convinto che il fantasma di Simenon si ribellerebbe di fronte alla ventilata distruzione della sua villa: «Andrebbe preservata come un museo: era costruita come un’enorme macchina da scrivere, lo spazio perfetto per questo geniale inventore di trame gialle con una fede assoluta nella realtà».



Chiunque metta piede nella casa di uno scrittore o di un artista in genere si domanda se lo spazio domestico somigli o meno a chi lo ha abitato. Ci piace guardare l’accumulo di oggetti, osservare la disposizione dei libri negli scaffali, i quadri alle pareti, spiare un’intimità come se l’interessato potesse rientrare da un momento all’altro. A Praga quello tra le varie case di Kafka diventa un autentico itinerario turistico, che forse l’autore della Metamorfosi non vedrebbe di buon occhio. A Londra, casa Dickens sta per riaprire, in tempo per Natale e per la conclusione del bicentenario della nascita dello scrittore. A Vienna, nella casa di Freud fanno usare perfino la toilette.



Il polpettone. In Italia la cura per le abitazioni degli scrittori è piuttosto intermittente. Casa Goldoni a Venezia è uno straordinario museo, Casa Manzoni a Milano mette soggezione. A Roma, la piccola casa di Goethe su via del Corso, un po’ disadorna, e quella di Keats e Shelley raccolgono piccole folle di turisti. Paradossalmente più ci si avvicina alla contemporaneità, più diventa difficile visitare le stanze degli autori che amiamo.



Casa Moravia, alta sul Lungotevere della Vittoria a Roma, luminosa, con una bellissima vista, è conservata come l’autore degli Indifferenti l’ha lasciata: «Un autore tanto razionale – spiega Debenedetti – non poteva che abitare così. Lavorava in uno studio pulito, essenziale. Come il suo mangiare semplice, un menù che sembrava consigliato da un nutrizionista: spaghetti al sugo, il polpettone, le verdure cotte, i dolci di frutta».



Impossibile visitare la casa di Pasolini a Monteverde, dove abitò anche il poeta Attilio Bertolucci, padre dei registi Bernardo e Giuseppe. E così si è persa traccia della casa di Elsa Morante a Via dell’Oca o di quella di Aldo Palazzeschi, nella viuzza del Teatro Valle: «Un guscio antico e sovraccarico di oggetti, quattro quadri di De Pisis, mobili vecchio stampo che andavano d’accordo col Porto che il poeta offriva ai suoi ospiti. L’interno e l’esterno si compensavano. Spesso accade – conclude Debenedetti – che nelle case degli scrittori si apra un duello tra i libri e lo scrittore: i libri lievitano misteriosamente, e ci si sente assediati come da insetti che ci respingono in uno spazio sempre più stretto. Di notte sembrano estendersi, pretendere sempre più spazio, a volte mi svegliano col loro peso».
Ultimo aggiornamento: 19:01

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